Il destino della Guang Rong naufragata a Massa passerà dalle mani dell’assicurazione
Come più volte documentato su queste colonne, lungo le coste del Paese abbondano le navi abbandonate dai proprietari, dagli armatori o dagli equipaggi nei porti, nelle rade o lungo le coste – alcune anche di grandi dimensioni, spesso affondate, semi-affondate.
Sarebbero circa 750 i relitti rilevati presenti nelle aree portuali o lungo le coste italiane; infatti, questo dato venne alla luce nel corso della XVII Legislatura (2013-2018) nel corso dell’audizione del Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera dinanzi alla 8^ Commissione (Lavori pubblici, comunicazioni) e alla 13^ Commissione (Territorio, ambiente, beni ambientali), sul disegno di legge S 2215, d’iniziativa dei senatori Marinello e altri, presentato al Senato della Repubblica il 25 gennaio 2016 e intitolato: «Disposizioni in materia di rimozione e riciclaggio dei relitti navali e delle navi abbandonate nei porti nazionali».
Naturalmente, di questo disegno di legge si sono perse le tracce. I relitti, specialmente quelli di maggiori dimensioni, oltre a pregiudicare la sicurezza del traffico portuale e a limitare spesso sensibilmente l’operatività di scali e banchine, assumono concreti aspetti di problemi ambientali, legati alla dispersione di idrocarburi e di altre sostanze nocive, che si disperdono in mare a causa della corrosione causata dalle correnti statiche che si sviluppano sugli scafi a contatto con l’acqua di mare.
Dopo questa premessa che ci è sembrata assai pertinente, entriamo nel merito della vicenda verificatasi nel porto di Marina di Massa: il naufragio della draga Guang Rong. Tralasciamo gli aspetti tecnici legati alla causa del sinistro marittimo vero e proprio, e cechiamo di capire il destino che seguirà questa unità dopo l’incaglio avvenuto nella notte del 28 gennaio scorso per cause che saranno chiarite dalle competenti Autorità (giudiziaria e marittima) che all’attualità stanno effettuando tutte le indagini del caso.
Da fonti attendibili, apprendiamo che il proprietario dell’unità, stimando che il costo di recupero superi il valore effettivo della nave, si è avvalso dell’istituto della dichiarazione di abbandono nave, previsto dagli articoli 543 e seguenti del vigente Codice della Navigazione. Naturalmente, questo comporta che la proprietà della nave (meglio sarebbe dire relitto) passa, se non sopraggiungeranno contestazioni, interamente all’assicurazione, che assumerà su di sé, quindi, tutti gli oneri derivanti dalla rimozione e/o demolizione, secondo le indicazioni che le verranno impartite.
E qui si aprirebbe una riflessione, assai lunga e complessa, che riguarda l’istituto del recupero di relitti che è bene rinviare ad un’analisi successiva. A noi, per ora, basta segnalare che occorre subito capire le intenzioni dell’assicurazione, che per gli effetti del richiamato istituto della dichiarazione di abbandono, è diventata proprietaria della Guang Rong e chiediamo alle competenti istituzioni che ne hanno l’onere di far conoscere come intendono agire.
Come è stato ricordato, di relitti abbandonati nei porti italiani ce ne sono già troppi, e ci dispiacerebbe aggiungerne un altro nella già lunga lista.