Il Pnrr è l’ultima occasione per liberare i porti italiani dai relitti
A otto decenni dal suo arrivo in Italia, il relitto di una “Liberty” fa ancora mostra di sé in mezzo alla rada del porto di Augusta.
Le “Liberty” erano le navi da trasporto – oggi diremmo general cargo – costruite in serie durante la II Guerra mondiale e successivamente donate per il cosiddetto “Piano Unnra - United nations relief and rehabilitation administration”.
Ovvero, l’organizzazione internazionale costituita nel 1943 a Washington da 44 Stati delle Nazioni unite per prestare assistenza alle popolazioni anche in quei Paesi sconfitti che nel corso della guerra, come nel caso italiano, avevano perduto oltre l’80% delle proprie navi mercantili.
Quando feci visita ad Augusta nel 2019 insieme all’allora Ministro dell’Ambiente e Generale Sergio Costa, da Capo Reparto Ambientale Marino tentai di a sistema i vari attori: Arsenale della Marina Militare, Capitaneria di Porto, Autorità di sistema portuale, Regione, Comune, etc. I risultati sono ancora lì in tutta la loro sconfortante evidenza.
Come sbloccare l’impasse? Occorre istituire un’Autorità nazionale dotata dei necessari fondi per iniziare a bonificare i porti nazionali dalle oltre 700 relitti censiti nel 2016 dalle Capitanerei di Porto, e rimaste saldamente al loro posto con tutto il danno ambientale e paesaggistico che ne consegue.
Se non si riesce a farlo ora, sfruttando la disponibilità di fondi che ci deriva dal Pnrr, il concreto rischio è che non si riesca mai a rimuovere quei relitti, che segnano inesorabilmente il paesaggio oltre che le rade e le banchine dei porti italiani.