In crisi climatica nessuno si salva da solo eppure «la qualità dell’informazione, non solo ambientale, è davvero modesta»
Il XVI Forum internazionale di Greenaccord si è svolto nei giorni scorsi tra Roma e Frascati, segnando il grande ritorno di quest’appuntamento dopo la pausa imposta dalla pandemia. Nel mentre il mondo è cambiato, tra crisi energetiche e conflitti armati: abbiamo chiesto un approfondimento a Giuseppe Milano, segretario dell’associazione ambientalista d’ispirazione cattolica.
Intervista
Quali sono le principali novità emerse dal consesso?
«Il noto economista Robert Costanza, uno dei tanti prestigiosi ospiti internazionali del nostro Forum, ha sottolineato quanto siamo vicini ad alcuni cosiddetti “tipping points”, ossia “punti di svolta” irreversibili per la salute del pianeta a causa dell’inedita concentrazione di anidride carbonica in atmosfera e dell’inarrestabile perdita di biodiversità che determinano un potenziale collasso climatico entro la fine del secolo. È più che urgente, dunque, intervenire efficacemente, mediante le soluzioni basate sulla natura e le tecnologie digitali abilitanti di ultima generazione, sul complesso sistema meteo-climatico, evitando che la temperatura media globale superi i 2°C e gli eventi estremi sempre più frequenti esasperino le condizioni di vulnerabilità o di ingiustizia socio-ambientale.
Senza catastrofismo, ma con pragmatismo, occorre comprendere che la desertificazione e la tropicalizzazione della regione euro-mediterranea sono collegate allo scioglimento sempre più rapido dell’Antartide: bisogna uscire dal recinto dell’autoreferenzialità e dell’egoismo per cui ci disinteressiamo di cosa accade lontano da noi, riconoscendo il valore della cross-territorialità e della prossimità. Tutto questo ha un impatto economico e sociale devastante che impone un radicale cambio di paradigma etico-finanziario che metta al centro l’architrave della decarbonizzazione. È la finanza che oggi deve condizionare la politica, perché viceversa continueremmo a registrare disastri. Solo se questo accadrà, perciò, avremo un avvenire positivo e propositivo, inclusivo e generativo».
A chi è stato conferito il “Greenaccord international media award”, e quali sono le motivazioni a sostegno della premiazione?
«Ogni Forum internazionale apre una finestra su un continente. Quest’anno abbiamo orientato lo sguardo sull’Asia. Il premio, nelle edizioni precedenti, è stato assegnato ad una testata, ma questa volta, tra crisi geopolitiche e sconvolgimenti tanto demografici quanto climatici, si è voluto dare attenzione alle due nazioni asiatiche più estese, e attualmente più inquinanti, con all’interno contraddizioni evidenti plurime: l’India e la Cina. Ne deriva, dunque, che il forum dei giornalisti ambientali dell’India ha indicato come maggiormente significativa l’esperienza editoriale di Mungabay India che coniuga una varietà di temi, inchieste sul territorio e qualità nella narrazione. Il premio è stato ritirato dal giornalista e direttore editoriale Gopikrishna Warrier. Il secondo premio, invece, è stato assegnato alla sezione media della Fondazione per la conservazione della biodiversità e lo sviluppo green della Cina (China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation), consegnato al Segretario Generale della Fondazione Jinfeng Zhou che è intervenuto per illustrare l’azione incisiva della Fondazione affinché la Cina risponda sempre più alle sollecitazioni verso una transizione verde che tutto il mondo attende con fiducia, oltre l’egemonia del carbone ancora dominante nonostante i crescenti investimenti in tecnologie rinnovabili ed eco-compatibili».
La crisi climatica continua a correre e l’informazione italiana non sembra in grado di reggere il passo. L’indagine svolta da Greenpeace e Osservatorio di Pavia documenta ad esempio che ¼ delle notizie sui Tg nazionali fa opposizione alla transizione ecologica. Come migliorare?
«La premessa deve essere chiara: nessuno si salva e si salverà da solo, come generosamente e tenacemente dice anche Papa Francesco da tempo. Ancor più, e duole dirlo, non ci salveremo con le attuali classi dirigenti e con la generazione attuale di adulti che emerge semmai, con poche virtuose eccezioni, per mediocrità e meschinità. La qualità dell’informazione, non solo ambientale, è davvero modesta: chi insinua il dubbio, chi sostiene l’arte del ragionamento e chi eleva la complessità ad opportunità è spesso marginalizzato perché è nella banalizzazione che il potere trova la sua ragione sociale. Bisogna ritrovare, invece, la bellezza e la potenza della “paideia” perché solo moderni, interdisciplinari e inclusivi processi di apprendimento e di educazione incardinati sui valori dell’ecologia integrale possono portare le nuove generazioni, con una rinnovata corresponsabilità e sinodalità, a curare le ferite inflitte da una società ingiusta ed egoista portandoci in una diversa era del progresso e del benessere alla portata di tutti. Servono nuove consapevolezze e nuove visioni».
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha chiesto a ogni Paese del mondo di vietare le pubblicità sui combustibili fossili, e ai media di non ospitarle più. Un tema che richiama anche alla necessità di trovare nuovi modelli di business sostenibili per l’informazione: cosa ne pensa?
«Il presidente Guterres, le cui tesi ambientali e sociali sono sempre assolutamente condivisibili, è poco ascoltato perché è in generale l’Onu che ha perso credibilità agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, non agendo con indipendenza e forza per esempio per porre fine alle tante vergognose guerre che insanguinano il mondo. Nel merito, gli imprenditori e investitori più lungimiranti e visionari hanno compreso che oggi la pubblicità tradizionale è un dis-valore sociale ed economico e che il miglior biglietto da visita è nel passaparola e nella personalizzazione del messaggio che si offre. Ne consegue che serve una cura della persona più sincera e che ciascuno va raggiunto con passione e autenticità per dare le risposte che ricerca in termini di consumi e di servizi. Oggi non è il prodotto che precipita sulla persona, ma è la persona che ricerca il prodotto o servizio – sempre più in condivisione – di cui ha bisogno, venendo in questo modo messo irreversibilmente in crisi l’istituto della proprietà. I giovani sono open source per definizione e prediligono modelli cooperativi e neomutualistici. Da qui occorre ripartire per un marketing etico ed ecologico».
Alimentata dalla continua crescita delle disuguaglianze, la nostra società attraversa una fase di progressiva polarizzazione, mentre il motto del Forum Greenaccord è stato Building the future together. Come passare dalla proposta alla pratica?
«Abbiamo due orecchie e una sola bocca: significa che dobbiamo ascoltare di più e parlare di meno. Oggi, invece, quasi accade il contrario perché ci si parla addosso, senza ascoltare, e ritenendo che la nostra visione sia per definizione quella corretta. Sui social, come spesso si ripete, non siamo “amici” di chi la vede diversamente da noi, ma di chi la vede come noi, rifiutando la convivialità delle differenze. Il cambiamento nasce dal discernimento e non solo dal risentimento. Per passare dalla teoria alla pratica, e penso nel merito anche alla progettualità delle comunità energetiche rinnovabili che trovano una loro dignità nel policentrismo locale, occorre saldare la dimensione pragmatica con quella olistica, ritrovare una capacità di aspirazione individuale che si rinsalda nella cooperazione. Le nostre città sono ideali e permanenti hub di innovazione ecosistemica, capaci di assicurarci la prosperità agognata, ma la traiettoria della sostenibilità sociale, ambientale ed economica si compirà quando ci spoglieremo del nostro egoismo indifferente. Essere cittadini consapevoli e razionali è la sola via per una democrazia, anche energetica, matura e robusta».