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Censis, sui temi divisivi le persone tendono a preferire il web e i social network

Crisi climatica? In Italia 1/4 delle notizie sui Tg fa opposizione alla transizione ecologica

Sturloni (Greenpeace): «L’influenza del governo e delle aziende inquinanti sui principali media nazionali impedisce di cogliere la gravità della minaccia»
 |  Crisi climatica e adattamento

Le disastrose alluvioni dello scorso autunno sembrano già un ricordo, mentre adesso la siccità avanza in tutto il centro sud; eppure sui media italiani cala l’attenzione verso la crisi climatica, mentre si fanno sempre più spazio le notizie che frenano sulla transizione ecologica – ad esempio attraverso polemiche pelose che contrappongono lo sviluppo delle fonti rinnovabili alla tutela del paesaggio.

Si tratta di un problema enorme per governare il cambiamento nella società civile, sul quale torna  ad accendere un faro l’associazione ambientalista Greenpeace, che ha appena pubblicato il nuovo aggiornamento del monitoraggio periodico sui media italiani commissionato all’Osservatorio di Pavia.

I dati, incentrati sul primo quadrimestre 2024, guardano a come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa) e dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7.

I risultati mostrano che sui telegiornali si parla del clima e della transizione energetica nel 2% delle notizie trasmesse, ma le notizie realmente dedicate alla crisi climatica sono in media lo appena lo 0,1% (circa una ogni dieci giorni per ciascun Tg). Inoltre, un quarto delle notizie in cui si parla del clima veicola narrative di resistenza alle azioni necessarie per mitigare il riscaldamento globale, senza che peraltro siano mai messe in discussione. Gli argomenti principali sono i costi considerati eccessivi della transizione e il suo presunto carattere “ideologico”, nonostante la comunità scientifica sia invece unanime nel sostenere la necessità di agire con urgenza.

Forse anche per questo – come documenta il report Tante verità - Orientarsi tra il vero e il falso nell'informazione, pubblicato ieri dal Censis – quando i temi sono divisivi (come nel caso del cambiamento climatico), le «persone tendono a preferire il web e i social network, percepiti come meno condizionabili».

C’è da dire che anche il mondo online tende a replicare i bias cognitivi che caratterizzano la fruizione dell’informazione, come pure le cosiddette “camere dell’eco” che finiscono per racchiudere il perimetro del dibattito tra gruppi d’opinione omogenei, alimentando così la polarizzazione in un contesto generale che vede più di sette italiani su dieci nella categoria degli analfabeti funzionali o comunque con capacità cognitive e di elaborazione insufficienti ad affrontare una società sempre più complessa. L’urgenza resta quella di tornare a fare spazio alla fiducia, puntando sulla qualità dell’informazione anche seguendo le linee guida già messe a disposizione dai ricercatori italiani. È comunque un dato di fatto che nel periodo 2019-2023, come certifica sempre il Censis, gli utenti dei Tg siano calati del 10,8%, quelli dei quotidiani a pagamento del 9,4%, mentre i siti web d’informazione abbiano guadagnato il +1,7%.

Tornando al monitoraggio Greenpeace, nel primo quadrimestre di quest’anno i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media 4,4 articoli al giorno in cui si fa almeno un accenno al clima e alla transizione energetica, ma gli articoli realmente dedicati alla crisi climatica sono in media appena uno ogni due giorni. Si conferma inoltre la dipendenza della stampa italiana dalle pubblicità delle aziende più inquinanti (compagnie del gas e del petrolio, dell’automotive, aeree e crocieristiche): con l’eccezione di Avvenire, sugli altri quotidiani nel periodo in esame si arriva a una media quattro inserzioni pubblicitarie a settimana, più degli articoli dedicati alla crisi climatica. Un’ulteriore conferma arriva dal fatto che aziende e rappresentanti del mondo economico e finanziario costituiscono il 41% dei soggetti che trovano più spazio nel racconto giornalistico del riscaldamento globale, staccando di gran lunga politici, esperti e scienziati, e ambientalisti.

In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha dunque aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani: ancora una volta si avvicina alla sufficienza solo Avvenire (con 5,6 punti su 10), guadagna posizioni Il Sole 24 Ore grazie a una maggiore copertura della crisi climatica (3,8 punti), seguono con punteggi gravemente insufficienti Corriere della Sera (3,4), La Stampa (3,2) e la Repubblica (2,6).

Infine, lo studio esamina anche le dichiarazioni sul clima e sulla transizione energetica rilasciate dai principali leader politici italiani su Facebook, sui quotidiani e sui telegiornali. I risultati del primo quadrimestre confermano che la crisi climatica resta marginale nel dibattito politico nazionale. Paradossalmente, sono i leader di destra a parlare di più di clima su quotidiani e telegiornali, ma spesso per esprimere posizioni ambigue o apertamente critiche verso la transizione. Salvini si conferma il campione di resistenza alle azioni per il clima, seguito dalla premier Meloni e da Giorgetti. L’elenco completo delle figure politiche analizzate comprende: Bonelli, Calenda, Conte, Fratoianni, Giorgetti, Lollobrigida, Magi, Meloni, Pichetto Fratin, Renzi, Salvini, Schlein e Tajani.

«La Terra si surriscalda sempre più in fretta, ma l’influenza del governo e delle aziende inquinanti sui principali media nazionali impedisce di cogliere la gravità della minaccia, nonostante l’intensificarsi di alluvioni catastrofiche e di ondate di calore estreme che non risparmiano il nostro Paese – commenta Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia – Questo spiega anche perché su giornali e tv non si parla quasi mai dei combustibili fossili come causa della crisi climatica, e ancora meno delle aziende del gas e del petrolio come responsabili: in quattro mesi è accaduto appena due volte sui quotidiani e una sola volta nei telegiornali, senza mai citare il colosso italiano Eni, campione di pubblicità infarcite di greenwashing».

Anche per questo è particolarmente preziosa la coalizione “Stampa libera per il clima” promossa da Greenpeace e della quale sin dall’inizio fa parte anche greenreport, per dare ossigeno alla libertà di buona informazione sulla crisi climatica.

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.