Rifiuti tessili, la filiera del recupero si prepara all’arrivo del sistema Epr
A quasi tre anni dall’introduzione dell’obbligo nazionale di raccolta differenziata per i rifiuti tessili urbani, le imprese dell’economia circolare attive aspettano ancora il via libera definitivo al sistema di responsabilità estesa dei produttori (Epr) – proposto dalla Commissione Ue ormai nel luglio 2023 – pensato per sostenere economicamente la filiera, mentre il fast fashion detta ancora le regole del gioco.
In base ai dati messi in fila dal Wwf, l’Italia è infatti tra i Paesi europei che immettono sul mercato il maggior numero di prodotti tessili, con 23 kg per abitante ogni anno a fronte di una raccolta di soli 2,7 kg procapite, che corrispondono a circa 160 mila tonnellate (di cui 80mila raccolte al Nord, 33,5mila raccolte nel Centro Italia e 46,7mila al Sud).
Un tema che è stato al centro della settima tappa della campagna Impianti aperti di Assoambiente – l’associazione nazionale che riunisce le imprese di gestione rifiuti –, che in occasione del World circular texiteles day si è svolta oggi presso il polo impiantistico di Humana People to People Italia, organizzazione leader nella raccolta, selezione e valorizzazione di indumenti, scarpe e accessori, a Pregnana Milanese (MI).
«Iniziative come ‘Impianti Aperti’ hanno l’obiettivo di far conoscere ai cittadini le aziende che rendono reale il concetto di economia circolare e giustificano il loro impegno nel fare correttamente le raccolte differenziate. In questo caso c’è un secondo obiettivo – commenta Andrea Fluttero, presidente Unirau – quello di farci conoscere ai Consorzi dei produttori che entreranno nella nostra filiera con l’istituzione del regime di Epr. Le aziende e le cooperative che rappresentiamo hanno una lunga esperienza nella raccolta e nella selezione e valorizzazione dei rifiuti da abbigliamento e vorremmo evitare che le risorse che proverranno dagli ecocontributi finiscano a duplicare attività che già svolgiamo da decenni anziché essere utilizzati nella gestione sostenibile degli scarti della selezione che, a causa della sempre più massiccia presenza di “fast fashion”, sono sempre più numerosi».
Impianti come quello di Pregnana Milanese contribuiscono a ridurre la pressione sull’ambiente e sulla società di questi rifiuti: con una capacità di trattamento fino a 12.000 tonnellate annue, il 65,5% dei materiali ingresso è destinato al riutilizzo, il 27,1% circa è avviato a riciclo e una piccola parte (7,4%) è destinata al recupero energetico o utilizzata come combustibile solido secondario.
«Alla luce della nuova normativa sulla Responsabilità estesa del produttore è fondamentale un dialogo continuo tra operatori del settore, istituzioni e brand per costruire una filiera sostenibile, adottando un approccio globale – aggiunge Karina Bolin, presidente e ad di Humana People to People Italia – Il settore del second hand, infatti, impiega centinaia di migliaia di persone in Europa e milioni di persone in Africa, generando non solo un impatto sociale importante ma anche ambientale: il riutilizzo di un capo, infatti, ha un impatto ambientale fino a 70 volte minore rispetto ad un capo nuovo. Per questo auspichiamo che le nuove direttive tengano conto di questi aspetti e coinvolgano in prima persona gli operatori del settore nel definire una strategia trasparente, globale e sostenibile».