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In Sicilia acqua già razionata per 1 milione di persone, Bonelli (Avs): «Il cambiamento climatico è una realtà che non possiamo più ignorare»

Siccità, Anbi lancia l’allarme: entro ferragosto niente più acqua per l’agricoltura al centro sud

Gargano: «Va assunta consapevolezza, ad ogni livello, che il clima è cambiato e che necessita un nuovo modello per il territorio»
 |  Acqua

Mentre c’è ancora chi pensa che il pericolo per il paesaggio italiano stia nell’inevitabile avanzata degli impianti per le energia rinnovabile, siccità e rischio desertificazione continuano ad avanzare lungo lo Stivale mettendo al rischio – oltre al paesaggio – agricoltura, turismo, vivibilità delle nostre città.

L’ultimo allarme arriva oggi dall’Associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica (Anbi), con un Osservatorio sulle risorse idriche da brivido: «Tre settimane ancora e non ci sarà più acqua per l’agricoltura del centrosud. Si moltiplicano razionamenti e sospensioni idriche anche per il potabile».

La situazione più critica continua ad essere in Sicilia – dove il Governo Meloni ha riconosciuto lo stato d’emergenza nazionale a maggio, ma stanziando appena 20 mln di euro invece dei 590 richiesti dalla Regione – dove si stima che 1 milione di persone viva già oggi con l’acqua razionata.

Tutti i comuni della provincia di Caltanissetta stanno subendo riduzioni nella distribuzione idrica, mentre ad Enna l'acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no. L’acqua è ormai razionata anche nel capoluogo, Palermo, come sottolinea l’Anbi.

Su larga parte della Sicilia orientale il deficit pluviometrico supera il 60% su base annua, mentre gli invasi regionali trattengono circa 267 milioni di metri cubi d'acqua (38,21% del volume di riempimento autorizzato), di cui solamente 122 sono però realmente utilizzabili (al netto dei volumi utili alla fauna ittica, dell'interrimento e del cosiddetto "volume morto"). Sull'isola, 6 bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile, altri 6 hanno disponibile meno di un milione di metri cubi e 4 meno di due milioni.

Ma l'immagine più eclatante della settimana è quella dell'invaso di Occhito, un bacino da 250 milioni di metri cubi d' acqua, posto tra le regioni Molise e Puglia, a servizio dell'agricoltura del Tavoliere (noto come "il granaio d'Italia") e, al contempo, fonte preziosa di risorsa destinata all'uso potabile, immessa nell'Acquedotto Pugliese: in soli 8 giorni ha visto ridursi i propri volumi di oltre 15 milioni di metri cubi; la diga sul fiume Fortore ne trattiene adesso solo 77 milioni circa e, d'ora in poi, l'acqua dell'invaso servirà quasi esclusivamente per l'uso potabile, facendo prevedere che, per la metà di Agosto, la Capitanata non avrà più risorsa per irrigare i campi. In totale negli invasi foggiani restano meno di 94 milioni di metri cubi d'acqua (in una settimana si sono svuotati di ulteriori 16 milioni), e a preoccupare grandemente è la possibilità che, come avvenuto negli scorsi anni, il periodo secco si prolunghi fino agli inizi di Novembre per poi essere interrotto dall'irrompere di eventi meteorologici estremi. 

«È reale il rischio di vedere inaridita la pianura foggiana, così come ampie porzioni di territorio salentino», sottolinea il presidente Anbi, Francesco Vincenzi.

In Abruzzo, dopo il prosciugamento del bacino di Penne (mln.mc. 8,80 per l'irrigazione delle valli del Tavo e del Saline) anche l'acqua dell'invaso di Chiauci si esaurirà entro metà agosto; stessa sorte per i territori della valle Peligna. Che l'attuale crisi idrica in Abruzzo sia senza precedenti è dimostrato anche dalle esigue portate delle sorgenti in territori, come quelli ai piedi della Maiella, che mai hanno sofferto per mancanza d'acqua.

Anche in Sardegna le dighe trattengono 1048 milioni di metri cubi d'acqua, cioè il 57% del volume autorizzato. Gli invasi dell'Alto Cixerri sono al 13,59% dei volumi invasabili (stato d'emergenza), mentre tutti gli altri bacini, fatta eccezione per quello della diga del Liscia in Gallura, sono a livello di pericolo e quindi applicano riduzioni nell'erogazione idrica. L'irrigazione è già stata interrotta nel distretto di Posada, dove il bacino di Maccheronis è al 26,8% della capacità e nelle campagne di Torpè, Siniscola, Budoni e San Teodoro. 

Va poco meglio in Toscana, dove c'è una drastica riduzione di portata nel fiume Serchio, sceso sotto la media storica; in calo è anche l'Ombrone, il cui flusso è ora inferiore a quello minimo vitale. 

Al nord, invece, i grandi laghi trattengono volumi idrici superiori anche a quelli invernali o primaverili di annate idrologiche umide. In Piemonte si registra un surplus idrico, dall'inizio dell'anno idrologico, di ben il 44% e pure in Lombardia le riserve idriche sono ai massimi (+45%). Una situazione esattamente ribaltata rispetto alla grande siccità che ha colpito l’Italia nel 2022-2023, quando in sofferenza sono andate soprattutto le regioni del nord.

«Il cambiamento climatico è una realtà che non possiamo più ignorare. Questo reportage vuole sensibilizzare l’opinione pubblica sulle emergenze ambientali che stiamo vivendo e che richiedono azioni immediate e concrete», dichiara nel merito il deputato Avs Angelo Bonelli, che in queste settimane ha intrapreso un tour dei luoghi simbolo della crisi climatica in Italia, a partire dalla Sicilia.

«L'odierna fotografia dell'Italia idrica – conclude Massimo Gargano, dg Anbi – è quella di un nord sovrabbondante d'acqua e di un centrosud arso dalla siccità, dove sono a rischio asset economici importanti quali l'agricoltura ed il turismo. Va assunta consapevolezza, ad ogni livello, che il clima è cambiato e che necessita un nuovo modello per il territorio, dove resilienza non può che accompagnarsi con manutenzione, infrastrutture ed innovazione».

Cosa significa? Significa – oltre ad accelerare l’installazione d’impianti rinnovabili e investire sull’efficienza energetica, per eliminare al più presto l’uso di combustibili fossili che accelera la crisi climatica – mettere in campo un Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica, per affrontare la doppia minaccia di siccità e alluvioni, con la Fondazione Earth and water agenda a stimare la necessità di investimenti da 17,7 mld di euro l’anno per un decennio.

Basti osservare, ad esempio, che il fabbisogno annuo di acqua indicato dalla Regione per l’intera Sicilia ammonta a 1,75 mld di mc l’anno, e sull’isola sono piovuti nel 2023 circa 15,2 mld di mc d’acqua; oltre la metà è indisponibile in partenza perché soggetta a evapotraspirazione, e molta altra ne occorre per soddisfare i fabbisogni ecosistemici, ma ne resterebbe in abbondanza per soddisfare anche quelli antropici, se la Sicilia si dotasse delle infrastrutture idriche necessarie (da quelle basate sulla natura, come le città spugna, agli invasi) e rattoppasse gli acquedotti colabrodo. Invece su 26 grandi dighe controllate dalla regione, a oggi 3 risultano fuori esercizio, 5 con limitazioni per ragioni di sicurezza e 10 in attesa di collaudo.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.