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La denuncia di Legambiente, Arci e Cai

Concessioni per le cave del marmo di Carrara, dalla disciplina dei bandi di gara terreno fertile per nuovi ricorsi

«Se l’Amministrazione ritiene che 25 anni di concessione siano congrui li assegni subito, e si faccia pagare bene dai baroni del marmo fissando regole e parametri chiari»
 |  Toscana

Mentre gli imprenditori del marmo affastellano ricorsi su ricorsi contro la normativa vigente (L.R. 35, tracciabilità, filiera, valori medi di mercato…), il Consiglio comunale approva una Disciplina per i bandi di gara per la concessione delle cave che, nonostante alcune precisazioni e lievi modifiche apportate durante l’iter di approvazione, per le numerose criticità, l’aleatorietà/genericità dei criteri di valutazione e l’ampia discrezionalità riservata al dirigente pro tempore offrirà, in futuro, terreno fertile per nuovi ricorsi da parte delle imprese.

Durante l’audizione in Commissione marmo, insieme ad Arci e CAI, avevamo avanzato una serie di osservazioni sul testo in discussione e sulla genericità degli elementi di valutazione in esso proposti: per brevità, citiamo un solo esempio, il punto «2 Ricadute socio-economiche del piano industriale anche in una logica di filiera: punti 30»: come verrà fatta la valutazione? Quale sarà la formula di attribuzione del punteggio? Non viene, infatti, fornita alcuna indicazione chiara dei parametri né dei singoli pesi dei subcriteri per valutare questo elemento.

L’aspetto su cui si sono appuntate maggiormente le nostre critiche, però, riguarda la scelta di stabilire la durata della concessione posta a gara in anni 13 (più 2 per certificazioni ambientali), con un incremento ulteriore di 10 anni, concesso sulla base di parametri assai discutibili, il primo dei quali riecheggia il famigerato, e da noi duramente avversato, articolo 21 del Regolamento Agri Marmiferi.

Come abbiamo ribadito in Commissione marmo, l’Amministrazione non era affatto obbligata a tale scelta in quanto la Legge Regionale 35 stabilisce per la durata delle concessioni un tempo “fino a 25 anni”, ma non parla di un “periodo base” e di una ulteriore proroga.

Su questo punto, l’Amministrazione ha invece seguito pedissequamente quanto predisposto, nel Regolamento Agri marmiferi, dalla precedente Giunta 5 Stelle, senza dimostrare alcuna autonomia e visione generale e senza neppure prendere in considerazione le limitazioni e le difficoltà di applicazione riscontrate per l’articolo 21.

A questo riguardo, infatti, nonostante fosse prevista una valutazione dei progetti presentati, tutti quelli proposti sono stati accettati e tutti hanno garantito la proroga delle autorizzazioni per le cave fino al 2042. I progetti, inoltre, risultano scollegati tra loro, non incidono più di tanto nella realtà cittadina, come sarebbe potuto accadere se, perlomeno, l’Amministrazione avesse scelto di essere lei a proporre due/tre progetti veramente utili alla città da far finanziare alle imprese.

Tutte le scelte in merito ai progetti ex art. 21 sono avvenute senza dibattito pubblico (e neppure senza che il Consiglio comunale potesse incidere sulle valutazioni) e tuttora la città ne conosce il contenuto solo attraverso le notizie di stampa. Dalla firma delle convenzioni (31 ottobre 2023), nulla si è ancora concretizzato, anzi numerose imprese hanno fatto ricorso contro le modalità di esecuzione delle opere promesse.

Inoltre, come abbiamo già fatto rilevare in passato, anche l’investimento degli imprenditori a favore della città (i 25,6 milioni previsti per i progetti dell’art. 21) non risulta poi così vantaggioso per i cittadini, se si considera che i costi dei 19 progetti approvati vanno suddivisi tra le 69 aziende che li hanno presentati: 371.000 euro circa a testa (facendo la media del pollo di Trilussa), che spalmati sui 25 anni della proroga fanno poco meno di 15.000 euro ad anno.

Un po’ poco a fronte degli utili stratosferici di molte imprese del lapideo e a quello che si sarebbe potuto ottenere se, invece della proroga, si fosse andati a mettere in gara le concessioni, così come noi avevamo richiesto.

Voler riproporre qualcosa di molto simile all’art.21 anche per i bandi di gara delle concessioni, nonostante tutte le pecche su evidenziate, sembra quindi decisamente autolesionista!

Se, tuttavia, l’Amministrazione ritiene che 25 anni di concessione per la cave siano congrui, li assegni subito, senza infingimenti, e si faccia pagare bene dai baroni del marmo (o magari da nuovi imprenditori più rispettosi dell’ambiente e più collaborativi), fissando regole e parametri chiari che non possano poi essere oggetto di ricorsi da parte delle imprese.

Se invece si ostina a voler suddividere i 25 anni in due fasi, almeno scelga dei parametri meno vaghi e opinabili degli attuali.

Nell’audizione in Commissione marmo ne avevamo proposti alcuni, basati sulle modalità di gestione della cava da parte dei concessionari, durante i primi 15 anni di concessione. A titolo d’esempio: quanta riduzione degli scarti di lavorazione si è ottenuta? Quanta attenzione reale è stata posta alla tutela dell’acquifero? Quanta alla prevenzione del rischio alluvionale? Quanto incremento degli occupati si è registrato? Quali misure sono state assunte in materia di sicurezza sul lavoro?

In questo modo almeno si sarebbe mitigato il danno provocato dall’escavazione, consentendo di proseguire l’attività solo alle cave che garantissero maggior rispetto per l’ambiente e più occupazione.

Manteniamo quindi il nostro giudizio fortemente negativo sulla Disciplina per i bandi di gara approvata in questi giorni e ci auguriamo che, dati i tempi biblici della messa in gara delle concessioni, sia possibile una inversione di rotta che modifichi sia la Disciplina che i collegati articoli 5 e 6 del Regolamento degli Agri marmiferi che della Disciplina sono il fondamento.

di Comitato Provinciale Arci Massa Carrara, Club Alpino Italiano - sezione Carrara e Commissione TAM CAI  Carrara,  Legambiente Carrara

 

Redazione Greenreport

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