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Dall'assessora Monni il punto sulla transizione ecologica

La Toscana si adatta al clima che cambia dando più spazio alla natura e alle persone

«Per le rinnovabili i tetti non basteranno, il Governo indichi le quote da realizzare ma sulle aree lasci decidere gli enti locali insieme alle regioni»
 |  Toscana

Ad Arezzo si è appena concluso il III Forum acqua del Cigno verde regionale, dove Legambiente ha messo sul tavolo l’urgenza di difendere il territorio da una crisi climatica che avanza sempre più veloce, alimentata dal consumo dei combustibili fossili.

La Toscana ne è investita in pieno: nell’ultimo anno è stata la terza regione italiana più colpita dagli eventi meteo estremi, e ne è bastato uno – l’alluvione del novembre scorso – per provocare 8 morti e danni da 2,7 mld di euro. La transizione ecologica è l’unica arma efficace per potersi difendere: a che punto è?

«Stiamo lavorando al Piano della transizione ecologica – spiega a greenreport l’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni –, che è la casa di tutte le pianificazioni che dovranno concorrere a portare la Toscana verso una conversione non solo sostenibile ma anche giusta, che non lasci indietro nessuno. È in questa casa che troveranno spazio tutti gli altri piani di settore, dagli adattamenti agli interventi di contrasto cambiamenti climatici».

Intervista

Adattare un territorio però significa cambiarlo. Non sempre chi lo abita sembra essere d’accordo, nonostante i rischi dell’immobilismo.

«Pensiamo alle opere idrauliche: devono essere pensate non solo come strumenti di difesa, ma anche per valorizzare la biodiversità quanto le possibilità di fruizione da parte delle persone. Devono essere sicuri e vivibili. Gli interventi come i grandi invasi sono necessari, ma dobbiamo dare priorità a strumenti come i contratti di fiume o alla ricarica delle falde, tramite aree naturali che diventano delle oasi da vivere».

Qualche esempio?

«A Suvereto abbiamo realizzato invasi d’infiltrazione per la ricarica della falda, che insieme ad altre operazione svolte quel territorio hanno permesso alla Val di Cornia di diventare sito Unesco per l’ecoidrologia. Un altro esempio cui rifarsi è il lago di Bilancino: un’opera fondamentale per stoccare acqua durante le fasi di siccità, come nel caso del 2022 quando ha salvato una parte importante del territorio; lo stesso è accaduto durante l’alluvione del novembre scorso, quando in pochissimo tempo ha raccolto e tenuto a freno 18 mln di mc d’acqua; il lago riveste inoltre un ruolo fondamentale per il deflusso minimo vitale del fiume Sieve, è un luogo prezioso per la biodiversità e un’importante leva di turismo».

Un anno fa la Toscana per prima ha avviato la stesura del Piano di tutela delle acque, come sta procedendo?

«Siamo nella fase di partecipazione, lo stiamo definendo attraverso assemblee territoriali coi portatori di interessi, con le cittadine e i cittadini. A caratterizzarlo sarà la multifunzionalità, attraverso opere come quelle appena descritte, che non solo vadano a migliorare la gestione dell’acqua ma che permettano di riconsegnare spazi alle comunità e agli ecosistemi».

Oltre ad adattare i territori, cosa sta facendo la Toscana per lottare contro la crisi climatica?

«Un ruolo fondamentale ce l’ha lo sviluppo dell’economia circolare, approveremo il relativo Piano regionale in Giunta nelle prossime settimane. Poi c’è la conversione energetica: stiamo lavorando per contrastare l’atteggiamento predatorio di alcune grandi imprese cui ci ha lasciato in balia il Governo, a causa dell’assenza di regole sul tema delle aree idonee. Non servono le grandi distese di fotovoltaico che non lasciano niente alla comunità locale, ma interventi ragionati che sappiano inserirsi nel modo migliore all’interno del contesto paesaggistico e sociale. Per questo sosteniamo con forza lo sviluppo delle Comunità energetiche locali».

Le Cer sono fondamentali ma la Toscana dovrebbe installare almeno 600 MW l’anno entro il 2030, i piccoli impianti da soli non bastano.

«È vero, dobbiamo installare grandi impianti. Penso alle pale eoliche a Monte Giogo di Villore, in Mugello, che abbiamo difeso e continueremo farlo, perché si parla di un progetto che è stato levigato in un processo di partecipazione che abbiamo fortemente voluto. Alle distese di fotovoltaico calate dall’alto sulla Maremma potrei direi però che non sono d’accordo, come ho fatto a Manciano. Io sono una sostenitrice feroce delle rinnovabili e so bene che installare le rinnovabili sui tetti non basterà, vorrei semplicemente che i territori avessero la possibilità di scegliere: al Governo chiediamo che indichi alla Toscana qual è la quota di rinnovabili da installare per contribuire a raggiungere gli obbiettivi nazionali, e che lasci agli enti locali insieme alle regioni decidere il dove e il come. La qualità progettuale, la partecipazione e i benefici diretti alle comunità locali fanno la differenza».

Questo presume però che la cittadinanza sia correttamente informata sull’urgenza della crisi climatica, sui costi dell’immobilismo e sui benefici della transizione ecologica.

«In democrazia è fondamentale la partecipazione, e per poter partecipare è necessario essere consapevoli. Dunque a essere fondamentale è anche la buona informazione ambientale: trasparente, accessibile e attendibile. Fare giornalismo così è tanto difficile quanto importante».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.