In Toscana la crisi climatica segna +1,3°C ogni 50 anni. Gozzini: «È la gestione dell’acqua la sfida più importante»
Quello europeo è il continente che si sta riscaldando più velocemente di ogni altro, a causa della crisi climatica in corso. Si tratta di una tendenza alimentata dall’emissione di gas serra legata all’utilizzo di combustibili fossili – come gas, petrolio, carbone –, che sta portando con sé un drammatico incremento nell’intensità e nella frequenza degli eventi meteo estremi.
Un contesto dove l’Italia è già diventata suo malgrado un hotspot della crisi climatica, col continuo alternarsi di siccità e alluvioni. E la Toscana non è certo da meno.
Ne abbiamo parlato con Bernardo Gozzini, amministratore unico del Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile (Lamma), consorzio pubblico nato dall’impegno congiunto di Regione Toscana e Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).
Intervista
Qual è l’aumento della temperatura atmosferica registrato a livello globale, nazionale e toscano a partire dall’era pre-industriale?
«A livello globale, il 2023 è stato l'anno più caldo mai registrato, con 0,60°C in più rispetto alla media 1991-2020 e circa 1,48°C in più rispetto alla media preindustriale 1850-1900 (calcolato sulla base dei dati Copernicus relativi alle rianalisi C3S Era5). Questo ha battuto il record dei precedenti anni più caldi, il 2016 con 1,29 °C e il 2020 con 1,27 °C sopra la media 1850-1900.
Per la prima volta nella storia, ogni giorno del 2023 ha superato di 1°C il livello preindustriale del 1850-1900 per quel periodo dell'anno, quasi il 50% dei giorni è stato più caldo di 1,5°C e due giorni di novembre sono stati, per la prima volta, più caldi di 2°C.
In Europa l’aumento della temperatura dell’aria dal 1911 ad oggi è stato di circa 1,7 °C, sebbene gran parte di questo incremento sia ascrivibile agli ultimi 60 anni; il 2023 è stato il secondo anno più caldo mai registrato, con 1,12°C sopra la media, mentre i tre anni più caldi si sono verificati tutti dal 2020 e i dieci più caldi dal 2007.
L’Italia registra un aumento del tutto simile a quello europeo (+1,8 °C, Ispra) con un 2023 che è il secondo anno più caldo dopo il 2022: il riscaldamento globale sembra mostrare un’accelerazione considerando il divario più ampio fra la seconda e terza posizione rispetto alle posizioni successive questo sia a livello europeo che italiano.
Anche in Toscana le temperature stanno aumentando con un trend molto simile a quello italiano ed europeo, e questo aumento è più evidente in estate. Per esempio, considerando i dati di quattro capoluoghi (Firenze, Arezzo, Pisa e Grosseto) e i dati registrati dal 1955 ad oggi, l’incremento della temperatura media annuale è dell’ordine di +1,3 °C ogni 50 anni che diventa in estate +2,2 °C ogni 50 anni. L’incremento della temperatura riguarda tutti i mesi dell’anno e determina un aumento consistente dell’evapotraspirazione, con conseguente perdita di acqua dalle superfici quali laghi, invasi, fiumi e mare».
Oltre all’atmosfera si sta surriscaldando anche il Mediterraneo: in che modo questo favorisce l’incremento delle alluvioni?
«L’oceano gioca un ruolo fondamentale come regolatore e stabilizzatore del clima; infatti, assorbe quasi il 90% del calore in eccesso nel sistema e anche un terzo della CO2 emessa ogni anno dalle attività umane. La quantità di calore assorbita ormai è tale da far aumentare la temperatura del mare non solo in superficie ma anche in profondità e questo maggior contenuto di calore riduce anche la capacità di assorbire l’anidride carbonica.
Anche il Mediterraneo si sta riscaldando ad un ritmo maggiore rispetto agli oceani, infatti si è scaldato di circa 1.5 °C dal 1982 (dati Ceam sulla temperatura superficiale, mostrati nel grafico) su tutto il bacino, con un incremento maggiore nella parte centro-occidentale.
Il 2023 e il 2024 hanno registrato temperature superficiali da record in tutto il bacino, con aree che hanno registrato a luglio anomalie anche di 4-5 °C superiori alla norma del periodo. Localmente, le temperature del mare sono state fino a 5,5 °C più alte della media lungo le coste di Italia, Grecia e Nord Africa nel luglio 2024. Infine, la temperatura superficiale del Mediterraneo ha appena stabilito un nuovo record di temperatura nei primi giorni di agosto, raggiungendo l'incredibile valore di +28,15 °C di temperatura media della superficie del mare considerando tutto il bacino.
Mari più caldi si traducono in maggior evaporazione e quindi eccesso di vapore acqueo: nel passaggio di stato c’è anche uno scambio energetico, quindi in atmosfera si accumula più umidità e più energia. Una massa d’aria più calda può contenere più vapor d’acqua, dato che per un grado di aumento della temperatura dell’aria l’atmosfera può contenere circa un 7% in più di vapore acqueo, di conseguenza le piogge che ne deriveranno potranno risultare più intense e abbondanti».
Ritiene che la tecnologia e i modelli a disposizione per le previsioni meteorologiche siano sufficientemente avanzati per seguire con sufficiente previsione l’evolversi di eventi meteo sempre più estremi?
«I modelli meteorologici attuali possono arrivare fino a risoluzioni molto alte dell’ordine del chilometro (con tempi di calcolo maggiori) dandoci informazioni più dettagliate sull’evoluzione del sistema. L’emergenza climatica sta però generando eventi sempre più estremi molto localizzati e con quantitativi di precipitazione notevoli, facendo così saltare tutta la logica dei tempi di ritorno.
I modelli meteo hanno difficoltà a rappresentare questi eventi così localizzati; possono dare informazioni sulle condizioni presenti in atmosfera che creano condizioni favorevoli allo sviluppo di fenomeni forti e persistenti, ma presentano ancora degli elementi di forte incertezza sulla localizzazione di questi fenomeni, sulla loro temporizzazione, e non riescono a simulare questi quantitativi così elevati di pioggia. Ad oggi una possibile soluzione è la previsione probabilistica basata sulla base di un ensemble di previsioni costruite per esempio da 50 run del modello atmosferico modificando le cosiddette condizioni iniziali, vale a dire la “fotografia” dalla quale parte la simulazione della sua evoluzione. In questo modo alla previsione posso associare un ulteriore elemento relativo alla probabilità di accadimento di quell’evento.
Inoltre l’intelligenza artificiale sembra aprire nuove prospettive anche nella meteorologia mostrando degli ottimi skill, con tempi di calcolo decisamente inferiori dell’ordine dei secondi/minuto, rappresentando una potenziale rivoluzione nell’ambito delle previsioni meteo. Per seguire questi eventi così estremi la fase del cosiddetto nowcasting (o previsione a brevissimo termine, 3-6 ore) sta diventando sempre più importante. Satelliti, radar, stazioni a terra, rilevatori di fulmini: grazie a queste tecnologie possiamo osservare il fenomeno, seguirlo, prevederne meglio l’evoluzione, potendo così fornire al sistema di Protezione civile informazioni più dettagliate sulla localizzazione e sulla tempistica di evoluzione del fenomeno al momento della sua generazione».
In Toscana la crisi climatica sta mutando anche il regime pluviometrico, con un’alternanza di siccità e nubifragi. In media annua quante precipitazioni abbiamo perso negli ultimi decenni, e quali sono le tendenze al 2050?
«In realtà periodi siccitosi e piovosi, in Toscana, sembrano compensarsi; infatti, il cumulato medio annuo non è mutato significativamente negli ultimi 70 anni (-8% in 50 anni). Tuttavia sta cambiando la distribuzione delle piogge con lunghi periodi di carenza idrica, alternati a brevi ma intensi periodi piovosi. In altre parole il ciclo dell’acqua è accelerato rispetto al passato. In futuro questa alternanza sembra aumentare. Quindi dobbiamo attrezzarci per ridurre il rischio durante i periodi molto piovosi e avere serbatoi di acqua durante le fasi siccitose.
È proprio la gestione della risorsa idrica la sfida più importante che ci pone l’emergenza climatica, perché sta cambiando il regime pluviometrico. A livello di precipitazione cumulata annuale e stagionale si hanno variazioni contenute, una leggera diminuzione sull’anno e un calo più consistente in primavera e estate, ma soprattutto è aumentata l’intensità con grandi quantitativi di pioggia in poco tempo. Dobbiamo lavorare per ridurre l’impatto e i danni conseguenti agli eventi estremi, imparare a trattenere quest’acqua realizzando invasi, casse di espansione, valutare la possibilità di ricaricare artificialmente le falde così da poter gestire al meglio i periodi siccitosi, che stanno diventando sempre più ricorrenti e sempre più persistenti».
Quali ritiene dunque possano essere gli investimenti in infrastrutture idriche più importanti per poter gestire al meglio l’acqua nella Toscana del futuro?
«Più invasi, invasi comunicanti tra loro, una gestione delle reti fluviali per esempio con interventi di rinaturalizzazione dei bacini e delle aree umide che significa stoccare acqua, riduzione degli sprechi attraverso l’ammodernamento della rete degli acquedotti, l’utilizzo di nuove tecnologie agricole – ad esempio agricoltura idroponica o di precisione –, il recupero delle acque industriali e reflue, e infine la ricarica artificiale delle falde».
Per mitigare la crisi climatica occorre abbandonare i combustibili fossili, e l’Ipcc indica nelle rinnovabili le fonti energetiche più efficienti per decarbonizzare, tant’è che le principali associazioni ambientaliste hanno chiesto alla Regione coraggio e visione per il decreto Aree idonee: cosa ne pensa?
«Le energie rinnovabili stanno diventando sempre più importanti nella produzione di energia elettrica contribuendo a mantenere se non ridurre le tariffe: già ora le differenze fra la tariffa monoraria e quelle bioraria o trioraria si sono notevolmente ridotte. Pannelli solari e pale eoliche hanno un impatto sul territorio che va considerato, quindi reputo importante e corretto come metodo quello di costituire un gruppo di lavoro interdisciplinare che arrivi, attraverso un approccio olistico e integrato, a identificare fin da subito le aree idonee fornendo informazioni chiare agli investitori, e avendo un quadro delle potenzialità in termini di producibilità che il territorio toscano può avere. In questo senso sembra banale ma utile ricordare l’enorme potenzialità degli impianti eolici offshore e l’utilizzo delle coperture dei capannoni e dei tetti delle case per i pannelli fotovoltaici».