Skip to main content

Pubblicato il XIII annuario ambientale dell’Agenzia

Arpat, i cambiamenti climatici mettono in crisi l’acqua toscana. L’inquinamento atmosferico migliora, ma non abbastanza

Rubellini: «Per quanto riguarda la qualità dell’aria si registra una tendenza di lieve miglioramento, ma la nuova direttiva europea ci pone davanti a nuove sfide»
 |  Toscana

Gli effetti della crisi climatica si stanno diffondendo su tutta la Toscana attraversando (o meno) le vene idriche del territorio, e incidendo in profondità sulla qualità e quantità delle acque disponibili, come documentato oggi con chiarezza in Regione durante la presentazione del XIII Annuario dei dati ambientali, pubblicato come sempre dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat).

«L’Annuario offre un quadro esaustivo dello stato dell’arte delle matrici ambientali, indispensabile per orientare la capacità di risposta dei decisori, ma anche per accrescere la consapevolezza della popolazione – commenta il presidente Eugenio Giani – Il monitoraggio offerto dall’Agenzia è centrale in rapporto alle sfide imposte dai cambiamenti climatici. Pensiamo per esempio all’acqua e all’approccio culturale diverso che dobbiamo assumere rispetto al tema delle precipitazioni atmosferiche. Vere e proprie “bombe d’acqua” sono fenomeni che hanno perso il carattere della straordinarietà, come vediamo anche in questi giorni, per rientrare invece nell’ordinario. Qui si deve concentrare la priorità di tutti gli enti pubblici in rapporto alle azioni a difesa del territorio. La gestione dell’assetto idrogeologico è un aspetto sul quale come Regione Toscana stiamo concentrando il massimo degli sforzi».

Nel merito è il dg dell’Arpat, Pietro Rubellini, a introdurre l’Annuario spiegando che «le piogge autunnali e primaverili, costanti nel tempo, di intensità paragonabile alla capacità di infiltrazione, e quindi massimizzanti la ricarica delle falde, hanno lasciato il posto a precipitazioni talmente rapide ed intense che non danno alcun contributo agli acquiferi e generano frane e piene disastrose, finendo direttamente nei fiumi e nel mare. Questi sono fenomeni quantitativi ma hanno anche profonde conseguenze sulla qualità dell’acqua, come evidenziato dal monitoraggio costante dell’Agenzia. La risalita del cuneo salino verso le pianure costiere coltivate, il riaffiorare di inquinamenti fossili dalle falde profonde, le ondate di acqua inquinata “spinte” in mare dalle piene improvvise dei fiumi, l’erosione di sedimenti inquinati di epoche passate - ormai “stabilizzati”- che fanno riemergere inquinanti subdoli come mercurio o microplastiche, sono tutti aspetti legati sia all’alterato regime dei fiumi sia all’impoverimento delle falde ed all’alterazione dell’equilibrio tra utilizzo e ricarica.

Una nuova sfida può trovare soluzione nel risparmio e nel riuso ma anche nell’adattamento territoriale con la riduzione del consumo di suolo, del deflusso superficiale e dell’impermeabilizzazione dei suoli. E in termini di resilienza attiva, anche con la creazione di invasi per il trattenimento delle acque e di zone di ricarica della falda».

«L'Annuario di Arpat – evidenzia nel merito l’assessora all’Ambiente, Monia Monni – è ormai un appuntamento ricorrente per conoscere lo stato dell'arte dell'ambiente toscano, ma anche per comprenderne mutamenti, la capacità di risposta e di resilienza, per capire se le politiche adottate producono gli effetti previsti, se emergono criticità inattese, se l'azione regionale va ripensata o è coerente. È un termometro importante per misurare lo stato di salute della nostra Regione, tanto più in un momento come quello che stiamo vivendo, tristemente caratterizzato dagli effetti dei cambiamenti climatici».

Al proposito, qualche timida buona notizia emerge dall’Annuario, a evidenziare il buon operato sul territorio per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, che a livello nazionale miete ogni anno oltre 50mila vittime in tutta Italia.

«Per quanto riguarda la qualità dell’aria – spiega Rubellini – si registra una tendenza di lieve miglioramento ma l'approvazione il 14 ottobre della nuova direttiva europea che stabilisce il rispetto di limiti significativamente più severi di quelli attuali, entro il 2030, sia pure ancora leggermente più alti dei valori di riferimento dell’Oms, ci pone davanti a nuove sfide».

Mal comune non fa mezzo gaudio, ma Legambiente nella sua ultima edizione di Mal’aria documenta che oltre alla Toscana è l’Italia intera – a partire dalle regioni padane – che deve accelerare molto per rispettare i target della nuova direttiva Ue: ad infatti oggi il 50% delle città italiane risulterebbe fuorilegge per l’NO2, il 69% per il Pm10 e l’84% per il Pm2.5.

Il direttore tecnico dell’Arpat, Marcello Mossa Verre, conferma in proposito che in Toscana sulla qualità dell’aria «negli ultimi anni è stato possibile verificare un miglioramento dei relativi indicatori», anche se «permangono, seppure in miglioramento, situazioni puntuali di non completo rispetto dei limiti normativi attuali. Si conferma come il “miglioramento continuo” della qualità dell’aria risulti sempre più impegnativo man mano che le concentrazioni dei parametri di riferimento si riducono, dall’altro – e a maggior ragione – il rispetto dei limiti stabiliti dalla nuova direttiva europea COM/2022/542, richiederà azioni, strutturali, ancora più importanti».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.