Alluvione in Val di Cornia, gli impianti rinnovabili non sono danni al paesaggio ma strumenti contro la crisi climatica
Un altro evento meteorico estremo, altri danni e, non lontano da qui, nuovi morti. Innanzitutto un ringraziamento a tutti i volontari ed ai cittadini che hanno espresso fattivamente la loro solidarietà a quanti sono stati colpiti dall’esondazione e agli addetti ai servizi essenziali: Vigili del fuoco, Forze dell’ordine, dipendenti pubblici e quanti altri hanno lavorato senza sosta per garantire assistenza.
Come ha detto il presidente della Repubblica negare l’emergenza climatica è folle, anzi dobbiamo aver chiara la coscienza che questi fenomeni saranno sempre più frequenti e violenti e che l’azione di contrasto sarà difficile e lenta.
Già ora gli argini e i letti dei fiumi e dei torrenti sono insufficienti perché modellati su un andamento climatico più moderato, le spiagge saranno devastate dall’aumento del livello del mare, la siccità colpirà aree sempre più a nord.
Non è allarmismo ambientale, è semplicemente la previsione pressoché unanime del mondo scientifico. Attuare le politiche di contenimento dei danni è quindi un obbligo se non vogliamo danni maggiori. Per la gestione delle acque nella Val di Cornia salutiamo come positivo l’esempio della vasca di esondazione del Corniaccia, che ha dato un forte contributo al contenimento dei danni in destra del Cornia.
Più in generale le misure contenute nel “Contratto di fiume” derivante dal progetto Rewat devono essere attuate, senza stravolgimenti non contenuti in quel documento, e cogliamo l’occasione per sollecitare l’uso delle acque potabili e leggere in sub-alveo del Cornia come acque potabili, per ridurre gli emungimenti dalla falda profonda.
Gli strumenti per contenere il cambiamento climatico li conosciamo bene e sono quelli della riduzione della produzione di CO2 attraverso il risparmio, l’efficienza energetica, la produzione di energia elettrica sempre più da fonti rinnovabili e un contenimento sensibile dei mezzi a motore tradizionali a favore dei veicoli elettrici, e della mobilità dolce per gli spostamenti brevi (nell’ambito dei 4 km).
Quindi l’agrivoltaico e gli impianti eolici non sono “danni” da evitare ma strumenti indispensabili e tutti dobbiamo dare un contributo, consapevoli che come la rivoluzione industriale del ‘900, anche quella energetica del Duemila cambierà il nostro paesaggio.
Occorre anche consentire agli agricoltori di installare agrivoltaico per proteggere le coltivazioni dal forte e prolungato irraggiamento di queste estati sempre più torride e dare loro anche un reddito aggiuntivo. Questo per impedire l’abbandono dei campi e fermare la lusinga di offerte di vendita a multinazionali.
Il paesaggio va ridisegnato regolamentando l’istallazione di pannelli o pale eoliche con criteri da discutere e definire, evitando slogan semplicistici come “No ai pannelli nei campi” o “Il paesaggio non si tocca”.
Il cambiamento verso la transizione ecologica va governato con equilibrio e lungimiranza: solo così potremo contenere i danni delle alluvioni e della desertificazione che invece stravolgerebbero il paesaggio e ucciderebbero l’agricoltura.
di Legambiente Val di Cornia