Il biodigestore in progetto a Cermec si presenta alla cittadinanza
Dopo le oltre 700 cittadini richiamati sabato a Cermec per la mostra-convegno Rifiutati, che ha portato ad esibire opere frutto di riuso da 31 artisti provenienti da tutta Italia, la partecipata interamente pubblica – dai Comuni di Massa e Carrara – ieri ha concesso il bis con un dibattito moderato da greenreport cui hanno preso parte l’ingegnere Paolo Ghezzi (temporary manager di Retiambiente, il gestore dei servizi d’igiene urbana nell’Ato Costa dove presto confluirà Cermec) e Stefano Donati, ambientalista e coordinatore di direzione in Cermec, dove è in progetto un biodigestore chiamato a cambiare il volto del polo di gestione rifiuti.
Oggi l’assetto impiantistico di Cermec è infatti incentrato su un ormai obsoleto impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) dei rifiuti indifferenziati, mentre il biodigestore anaerobico di prossima realizzazione – la tecnologia più sostenibile sul mercato per ricavare compost e biometano da rifiuti organici – è pensato per trattare 60mila t/a di Forsu oltre a 37.500 t/a di scarti verdi.
«In tutta Europa i nuovi impianti di biodigestione anaerobica stanno andando a sostituire quelli di semplice compostaggio», ha sottolineato Ghezzi, aggiungendo che «Retiambiente è chiamata a gestire 235mila t/a di rifiuti organici» contando (dato 2022) Forsu, sfalci e potature, legno. Un dato che crescerà ancora con l’avanzare della raccolta differenziata, già oggi oltre il 70% sul territorio della Toscana costiera.
Il biodigestore in progetto a Cermec rientra tra le proposte impiantistiche avanzate da Retiambiente in risposta all’avviso pubblico bandito nel 2021 dalla Regione Toscana per elaborare il Piano regionale dell’economia circolare (Prec) che si avvicina adesso all’approvazione definitiva.
In questi anni, in Toscana la situazione è già cambiata, in meglio. Soprattutto sul fronte della biodigestione anaerobica: inaugurato l’impianto di Alia di Montespertoli, chiusi i lavori dell’impianto di Albe a Peccioli, a breve si avvia l’impianto di Geofor, operativi i nuovi impianti di Arezzo e Siena del gruppo Iren. Sommati agli impianti esistenti e rimasti attivi, questa capacità impiantistica dovrebbe eliminare l’esportazione (per altro a prezzi molto convenienti) verso gli impianti del nord Italia (Lombardia e Veneto) e garantire l’assorbimento della futura crescita di raccolta differenziata da qui al 2030.
Sul comparto però si addensa anche qualche ombra. La Regione Toscana infatti ha deciso di non includere digestori anaerobici e compostaggi nell’elenco degli “impianti minimi”, considerato l’assetto di mercato di questo settore, ormai del resto confermato da molte sentenze. Se gli impianti integrati (Montespertoli e prossimamente Cermec, di fatto di proprietà del gestore locale dei servizi d’igiene urbana) o “quasi” integrati (convenzioni nell’Ato sud) rimarranno nell’area della regolazione, gli altri si trovano in regime di libero mercato, coi rischi conseguenti.
Sarebbe paradossale non trovare un assetto normativo che permetta di saturare gli impianti toscani esistenti, in quei territori che hanno deciso di aprire le porte all’economia circolare, lasciando fare tutto al mercato continuando a portare i rifiuti organici toscani nel nord Italia, dato che lì gli impianti sono già ammortizzati e permettono di applicare tariffe al cancello inferiori.
Chi oggi accetta la Forsu a 45 euro a tonnellata, finita la fase di fioritura di nuovi biodigestori oggi in corso in larga parte dell’Italia centrale, se non saranno stati realizzati sufficienti impianti di prossimità tornerà a moltiplicare per due, tre volte la tariffa al cancello potendo godere di fatto dei vantaggi di un oligopolio. La dipendenza dai combustibili fossili d’importazione, sul parallelo fronte energetico, sia da memento ai decisori: tuteliamo l’economia circolare di casa nostra oggi, prima di pentircene domani.