Oltre un terzo dei rifiuti speciali generati in Toscana sono scarti dell’economia circolare
Come nel resto del Paese, secondo i dati messi in fila da Ispra nel 23esimo Rapporto di settore, anche in Toscana nel 2022 diminuiscono i rifiuti speciali generati, attestandosi a quota 9,7 milioni di tonnellate a fronte delle 10 registrate nel 2021, un anno di robusta crescita economica dovuta alla ripresa post-pandemica.
Il 95,5% (circa 9,3 milioni di tonnellate) è costituito da rifiuti non pericolosi e il restante 4,5% (poco più di 434 mila tonnellate) da rifiuti pericolosi.
Anche nel caso toscano la prima frazione di rifiuti speciali è di gran lunga quella derivante dalle attività di costruzione e demolizione (41,7%), seguita dagli inevitabili scarti che anche l’economia circolare produce – ovvero i rifiuti speciali derivanti dal trattamento dei rifiuti e delle acque reflue, nei capitoli 17 e 19 del relativo elenco europeo – a quota 34,2%.
Come viene gestito quest’enorme quantitativo di rifiuti? Sono 10 mln le tonnellate gestite in Toscana nel 2022, snocciola l’Ispra: il recupero di materia (da R2 a R12) è la forma prevalente cui sono sottoposti oltre 6 milioni di tonnellate e rappresenta il 62% del totale gestito, ma è utile evidenziare che in tutta Italia di fatto non sappiamo a quanto ammonti il riciclo effettivo neanche per la più importante frazione di rifiuti generata, quella da costruzione e demolizione.
Dai dati Ispra risulta residuale l’utilizzo dei rifiuti speciali come fonte di energia (R1), pari a 30 mila tonnellate (0,3% del totale gestito). Complessivamente sono invece avviati ad operazioni di smaltimento 2,9 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (28% del totale gestito): oltre 850 mila tonnellate (8% del totale gestito) sono smaltite in discarica (D1), circa 1,91 milioni di tonnellate (19% del totale gestito) sono sottoposte ad altre operazioni di smaltimento (D8, D9, D13, D14) quali trattamento chimico-fisico, trattamento biologico, ricondizionamento preliminare, circa 22 mila tonnellate (0,2% del totale gestito) sono avviate a incenerimento.
La messa in riserva (R13) a fine anno ammonta a quasi 900 mila tonnellate (9% del totale gestito), il deposito preliminare (D15) prima dello smaltimento interessa meno di 34 mila tonnellate (0,3%).
Infine, l’Ispra sottolinea che «che i rifiuti speciali esportati sono circa 232 mila tonnellate, di cui 150 mila tonnellate di rifiuti non pericolosi e 81 mila tonnellate di pericolosi; i rifiuti speciali importati, invece, circa 30 mila tonnellate, costituiti quasi nella totalità da rifiuti non pericolosi, infatti, i pericolosi sono meno di 3 mila tonnellate».
Duole dunque osservare che nel 2022 i rifiuti speciali esportati dalla Toscana sono cresciuti del 38% – ben oltre il già robusto +24% registrato dall’Italia nel suo complesso –, sottolineando in modo drammatico la carenza d’impianti di prossimità sul territorio.
Una sfida che anche il nuovo Piano regionale dell’economia circolare (Prec), in fase d’approvazione definitiva, è chiamato a cogliere appieno. Nonostante la gestione dei rifiuti speciali sia infatti per legge affidata al mercato e non alla mano pubblica, giocoforza le autorizzazioni agli impianti passano (o meno) dagli uffici regionali.
Le proposte raccolte con avviso pubblico sul fronte del riciclo chimico o dell’ossicombustione – mentre è esclusa la realizzazione di nuovi termovalorizzatori, invisi alla cittadinanza – puntano non a caso a dare risposte non solo alla gestione degli urbani, ma anche agli speciali, per migliorare la sostenibilità complessiva del ciclo rifiuti.
Non a caso il Prec punta a perseguire il criterio di «tendenziale autosufficienza a livello di Ato per la gestione dei rifiuti urbani» ma anche a «la “teorica” autosufficienza regionale di trattamento dei rifiuti, ovverosia il conseguimento di condizioni che consentano il rispetto del “principio di prossimità”, annullando pertanto le quote di rifiuto esportato» per quanto riguarda gli speciali. A ora significa creare nuova capacità di gestione per almeno 232mila ton/anno solo per annullare l’export oltreconfine, senza considerare gli enormi quantitativi di “turismo dei rifiuti” verso le altre regioni italiane.