Siccità, in Toscana coste e grossetano a rischio desertificazione
La Toscana è la nona regione italiana nella classifica dello stress idrico, con l’avanzata della crisi climatica che continua a peggiorare la situazione.
«Dal punto di vista della desertificazione il sud dell'Italia è l'area con le problematiche maggiori. In Toscana il fenomeno interessa in particolare le zone del grossetano e della costa: non solo perché è la zona dal punto di vista climatico più arida rispetto alle altre della Toscana, ma perché c'è una pressione dal punto di vista dell'agricoltura, della pressione dell'acqua».
È l'allarme lanciato da Ramona Magno, ricercatrice responsabile dell’Osservatorio siccità del Cnr-Ibe, che sarà ospite del quinto convegno annuale Aissa#under40, l’associazione il cui scopo è promuovere lo scambio di saperi con un approccio interdisciplinare e rafforzare i rapporti con le istituzioni nazionali e internazionali nelle aree agraria, forestale, agroindustriale ed ambientale.
Il convegno Aissa#under40 è in programma a Firenze, il 26 e 27 giugno, negli spazi del Campus di Novoli dell'Università di Firenze e rientra nel calendario delle celebrazioni per i 110 anni della Scuola di Agraria e per il centenario dell’Ateneo fiorentino.
In particolare, secondo Magno sotto il profilo agricolo ci sono «colture a rischio in Toscana e sono quelle irrigue, come il mais, tutte quelle colture che richiedono molta acqua. Nel grossetano può esserci anche il problema del riso». Tra i temi affrontati dalla ricercatrice anche la connessione tra risorsa idrica e turismo: «Il fattore del turismo non viene mai preso in considerazione. Tuttavia l'aumento improvviso di popolazione, in un limitato periodo, comporta un aggravamento dei prelievi idrici. Questo va ad aumentare la pressione sul territorio e sulla risorsa idrica».
Che fare? I pilastri d’azione sono l’adattamento dei territori alla crisi climatica, per difenderci dalla quota parte del riscaldamento globale ormai inevitabile, e la mitigazione del problema attraverso un taglio rapido quanto deciso delle emissioni di gas serra legate al consumo dei combustibili fossili.
«Bisognerebbe agire, ad esempio, anche sulla parte urbanistica seguendo l’esempio dei Paesi del nord dove si cerca di accumulare l’acqua quando ce n’è tanta, in modo da averla a disposizione anche in periodi di siccità – argomenta Magno – In Italia siamo un po' indietro. Dobbiamo poi cominciare a pensare al riuso delle acque, intensificare il riutilizzo delle acque reflue depurate per l’agricoltura e per l'industria, e cercare di ridurre le perdite nelle reti idriche. E se queste azioni sono auspicabili per l’adattamento ai cambiamenti climatici dobbiamo agire anche sulla mitigazione».