Auto elettriche, in Italia l’infrastruttura di ricarica è ancora indietro rispetto a Francia e Germania
Per consentire una transizione a livello europeo omogenea e rispettando tempistiche e target prefissati, le infrastrutture di ricarica pubblica giocano un ruolo importante nel contesto della decarbonizzazione dei trasporti.
Da un punto di vista regolatorio, il Green Deal, approvato nel 2019, e il regolamento AFIR (Alternative Fuels Infrastructure Regulation) approvato nell’aprile 2023 mirano a promuovere la transizione verso una mobilità a basse emissioni: a partire da gennaio 2025 si applicheranno disposizioni riguardanti una serie di requisiti minimi da rispettare per garantire un pieno sviluppo dell’infrastruttura di ricarica. Secondo il regolamento, gli Stati membri devono garantire una copertura minima di punti di ricarica accessibili al pubblico per i veicoli elettrici leggeri sulla rete stradale del loro territorio. Il regolatore specifica che la copertura nazionale sia fissata in relazione al numero totale di veicoli elettrici immatricolati nello Stato membro in questione e che si tenga conto degli sviluppi tecnologici, quali l’aumento dell’autonomia dei veicoli elettrici e la tipologia di punti di ricarica che saranno installati.
In sinergia con il regolamento AFIR opera la direttiva RED III, che ha come obiettivi nel settore dei trasporti di sostenerne l’elettrificazione, stabilendo un obiettivo di riduzione dell’intensità di gas serra del 14,5% entro il 2030 e di aumento della quota di energia rinnovabile.
L’implementazione congiunta dei due regolamenti è volta a garantire sviluppo e accessibilità delle infrastrutture di ricarica alimentate con energia rinnovabile rispettando le tempistiche previste.
Tramite bandi PNRR, l’Italia ha destinato dei fondi per incentivare le infrastrutture di ricarica pubbliche nei centri urbani e lungo le strade extraurbane, ma ad oggi gli esiti non sembrano rispecchiare i risultati sperati.
La situazione in Europa
Da un’analisi effettuata a livello europeo si denota come il tasso di crescita di BEV e la presenza di infrastrutture di ricarica pubblica non sia omogeneo tra le diverse nazioni: i paesi che possiedono oltre la metà del parco circolante elettrico europeo sono Germania e Francia; a loro si aggiungono i Paesi Bassi, se si considera il lato delle infrastrutture.
La relazione tra il numero di veicoli elettrici in circolazione per abitante e il numero di colonnine di ricarica pubbliche presenti sul territorio rapportate alla popolazione sembra mostrare un rapporto di crescita lineare solo in una fase iniziale; superata una determinata soglia di diffusione, il numero di punti di ricarica pubblici installati non cresce di pari passo con le auto elettriche.
In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili, è possibile notare come il settore automotive sia in sofferenza ed è ormai evidente, oltre che necessario ed urgente, intervenire per rilanciare il settore, accelerando la diffusione dei veicoli con zero emissioni.
I dati sulla presenza delle infrastrutture di ricarica pubblica registrano invece un trend positivo: a settembre 2024 si registra un aumento del 28% dei punti di ricarica installati rispetto allo stesso periodo 2023. In totale, le infrastrutture di ricarica presenti sul nostro territorio ammontano a 60.339, con forte diffusione delle colonnine di tipo Medium-Speed AC, ossia quelle con potenza compresa tra i 7,4 kW e oltre i 22kW. Cresce anche la quota delle colonnine di tipo Fast DC con potenza fino a 150 kW.
Seppur i dati dal lato infrastrutture appaiono incoraggianti, l’Italia risulta comunque esser indietro rispetto ad altri paesi europei come Francia e Germania: sono necessari investimenti mirati per consentire il definitivo passaggio alla mobilità elettrica.
Il servizio di ricarica è remunerativo?
Il Position Paper si pone come obiettivo quello di investigare lo stato attuale del settore e la redditività per gli operatori che scelgono di investire in infrastrutture di ricarica pubbliche. Per farlo, è necessario delineare il quadro attuale: quali sono i prezzi applicati dai principali operatori, di quali fattori si compone il prezzo offerto e, infine, l’analisi di redditività.
Prezzi applicati dai principali operatori
Le tariffe offerte dagli operatori sul mercato nazionale sono essenzialmente di due tipi:
- a consumo, o anche dette pay-per-use (in €/kWh);
- attraverso la stipula di un abbonamento con uno specifico operatore, o anche dette flat.
I prezzi per il servizio si formano sul mercato in regime di libera concorrenza. Ciò implica che il rischio relativo al rendimento generato da questa attività (o addirittura l’impossibilità di recuperare pienamente i costi di investimento) è interamente in capo agli operatori di mercato. I provider coinvolti nella fornitura del servizio di ricarica pubblica sono:
- Charge Point Operator (CPO): ossia il proprietario dell’infrastruttura di ricarica e si occupa di installare e gestire i punti di ricarica.
- Mobility Service Provider (MSP): non possiede una propria infrastruttura di ricarica ma offre il servizio usufruendo dell’infrastruttura del CPO.
Il rapporto che intercorre tra queste due diverse figure genera ulteriori costi di intermediazione.
Cosa comprende il costo di fornitura di energia elettrica
Il costo di fornitura di energia elettrica pagato da qualunque cliente finale si compone da quattro macro-componenti o voci di spesa:
- Materia energia;
- Trasporto e gestione del contatore;
- Oneri generali di sistema;
- Tasse e imposte.
La seconda e la terza voce sono componenti regolate da ARERA e si differenziano a seconda della tipologia tariffaria di utenza alla quale vengono applicate. Nel caso di infrastrutture di ricarica pubbliche, è prevista la tariffa dedicata agli operatori di punti di ricarica dei veicoli elettrici in luoghi aperti al pubblico (BTVE). Questa tipologia offre la possibilità di richiedere opzionalmente l’applicazione di una tariffa monomia in energia relativamente sia ai servizi di trasporto e gestione del contatore sia agli oneri generali di sistema, limitatamente ai punti di prelievo connessi in bassa tensione dedicati in via esclusiva alla ricarica di veicoli elettrici. Con l’uso della tariffa BTVE le principali voci che contribuiscono a formare il costo complessivo del servizio sono il costo della fornitura di energia elettrica e il costo dell’infrastruttura necessaria ad effettuare il prelievo di energia.
Nonostante la presenza di questa tariffa dedicata volta a stimolare lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica pubblica tramite una struttura più agevolata dei costi di rete, l’attività delle infrastrutture di ricarica è in sofferenza a causa dell’elevato costo degli investimenti, domanda irregolare e tempi lunghi e incerti per il recupero del capitale.
Analisi di redditività
Una componente che attualmente impatta sul costo di investimento del servizio è il costo dell’infrastruttura di ricarica, che varia a seconda della tipologia di colonnina considerata. Attualmente, i costi di investimento hanno un peso rilevante sul prezzo offerto in quanto la stragrande maggioranza delle colonnine sono state installate nel corso dell’ultimo triennio e, anche data la limitata domanda per il servizio, sono infrastrutture i cui costi di investimento non sono stati ammortizzati dal punto di vista finanziario. Al fine di valutare il rischio attualmente in capo agli operatori e il rischio per l’intero settore di interruzione degli investimenti in infrastrutture di ricarica, nel Position Paper sono simulati degli scenari per valutare i tempi di recupero/redditività che l’installazione della colonnina è in grado di generare per il CPO. Al fine di identificare il livello di redditività (internal rate of return o IRR) dell’investimento, è stato sviluppato un modello per isolare i flussi di cassa in capo a tale attività, ossia i costi di investimento iniziali e la parte di remunerazione dell’infrastruttura inclusa nel prezzo del servizio di ricarica.
I risultati, allo stato attuale, non appaiono incoraggianti: l’esito migliore lo si ottiene con un IRR pari a 0 qualora si investisse in un’infrastruttura “Quick”. Ciò significa che il progetto genera un flusso di cassa totale che è esattamente uguale all’investimento iniziale, senza però alcun rendimento del capitale investito. Affinché gli investimenti possano generare un flusso di cassa totale maggiore rispetto all’investimento iniziale è necessario modificare la percentuale del fattore di utilizzo annuo, ipotizzando una crescita media annua maggiore rispetto a quella attuale.
Come garantire il pieno sviluppo della mobilità elettrica?
Infine, è utile capire quali sono i possibili canali su cui intervenire per garantire un pieno sviluppo della mobilità elettrica. All’interno del contributo si considera necessario agire su:
- Lato offerta, attraverso una piena implementazione delle disposizioni contenute nella direttiva RED III a proposito dello scambio di crediti per la fornitura di energia rinnovabile al settore dei trasporti. Questo meccanismo di crediti creerebbe un ulteriore flusso di entrate per gli operatori dei punti di ricarica (CPO), che possono reinvestire nell’implementazione dell’infrastruttura di ricarica e ottenere tempi di rientro dell’investimento più brevi.
- Lato domanda: oltre alla normativa europea, un ulteriore strumento su cui puntare è la defiscalizzazione delle flotte aziendali; l’incremento della domanda aziendale potrebbe generare sia un effetto diretto legato all’immediato incremento di veicoli circolanti e dall’altro un canale indiretto legato allo sviluppo di un mercato dell’usato di veicoli elettrici per i consumatori finali.
- Lato cittadini e consumatori, attraverso campagne di educazione del consumatore sulle modalità per sfruttare a pieno le possibilità della mobilità elettrica, sopperire alla “range anxiety” ed enfatizzare i vantaggi generati a livello ambientale.
- Lato regolatorio, tramite l’attuazione del regolamento AFIR che propone un obbligo di trasparenza su prezzi e servizi di ricarica e l’introduzione di un servizio accessibile per tutti gli utenti a qualsiasi infrastruttura, indipendentemente dall’operatore. Tra le iniziative proposte, sul lato regolatorio, spicca quella di ARERA con il DCO 540/2023, che propone possibili agevolazioni per la ricarica pubblica volte o alle imprese, che dovrebbero poi trasferirla agli utilizzatori, oppure direttamente agli automobilisti. Inoltre, data la sua efficacia all’interno del settore, si prevede di mantenere la tariffa agevolata BTVE oltre ad una ipotetica introduzione di una tariffa MTVE.