
Gli ambientalisti italiani hanno in corso tre azioni legali contro il ponte sullo Stretto di Messina

Il Governo Meloni ha riesumato il cadavere del progetto per il ponte sullo Stretto di Messina – cassato da ultimo dal governo Monti per motivazioni tecniche, finanziarie ed economiche –, ma ancora la prima pietra è molto lontana dal posarsi a terra: i lavori non sono iniziati né l’estate scorsa né a fine anno, come promesso dal ministro Salvini, ma in compenso avanza la battaglia degli ambientalisti.
Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf hanno tenuto oggi una conferenza stampa alla Camera dei deputati, sottolineando che – nonostante i gravi impatti sull’ambiente del progetto siano evidenti – non siano state contemplate soluzioni alternative, né risolte le molteplici questioni tecniche, compresi i costi in costante lievitazione (attualmente le previsioni superano i 14 miliardi di euro di spesa).
È stata l’occasione per fare il punto sulle tre azioni legali avviate dalle associazioni ambientaliste contro il progetto: nell’ordine, un ricorso al Tar Lazio, una diffida al Cipess (il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) e un reclamo alla Commissione europea.
Ricorso al Tar
Il 19 dicembre 2024, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e Wwf Italia hanno presentato ricorso al Tar Lazio per l’annullamento del parere n. 19/2024 della Commissione tecnica Via-Vas, favorevole con prescrizioni sulla Via al progetto del Ponte.
Il ricorso, firmato dagli avvocati Daniela Ciancimino, Elio Guarnaccia, Enrico Mantovani e Aurora Notarianni, evidenzia l’illogicità del parere rilasciato dalla Commissione, che presenta importanti carenze di analisi. La valutazione d’incidenza negativa su alcune delle aree vincolate a livello comunitario pregiudica il parere positivo rilasciato, mentre le analisi e gli approfondimenti richiesti - in particolare su mitigazioni e compensazione - si sarebbero dovuti presentare già con il progetto definitivo. Le prescrizioni della Commissione evidenziano le gravi lacune di analisi, come la necessità dell’aggiornamento del piano di monitoraggio ambientale per almeno un anno da eseguirsi ante operam per diversi habitat, per la fauna e per le specie migratorie. Per gli impatti a mare si chiedono aggiornamenti di monitoraggi e analisi da effettuarsi per un anno intero sempre ante operam riguardo le comunità planctoniche e sul movimento di pesci e cetacei. La Commissione ha fissato ben 62 prescrizioni, riconoscendo che per alcuni siti della Rete Natura 2000 coinvolti non sia possibile escludere che il progetto non determinerà incidenze significative con effetti negativi su detti siti.
Diffida al Cipess
Il 28 febbraio 2025, Greenpeace Italia, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e Wwf Italia hanno inviato una nota al Cipess, chiedendo di rilevare i gravi vizi intervenuti e il mancato perfezionamento delle fasi dell’iter procedimentale per l’approvazione del Ponte, diffidando il Cipess dal procedere all’esame della documentazione pervenuta e dal compimento di ogni ulteriore atto finalizzato all’approvazione del progetto.
Reclamo alla Commissione europea
Il 27 marzo 2025, Greenpeace Italia, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e Wwf Italia hanno inviato alla Commissione europea un doppio reclamo contestando all’Italia la disapplicazione delle normative europee in materia ambientale. Hanno chiesto la riapertura della procedura di infrazione che a suo tempo era stata archiviata per l’accantonamento del progetto, evidenziando le irregolarità contestate.
Il reclamo si articola in due punti principali: il mancato esperimento della procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas), in violazione della Direttiva “Vas”, e la violazione delle Direttive “Habitat” e “Uccelli” per i vizi procedurali e le lacune riguardanti la Valutazione di incidenza ambientale (Vinca). Le associazioni hanno evidenziato la mancanza della procedura Vas, che si applica a piani e programmi quale nella sostanza è il Ponte sullo Stretto di Messina che prevede una serie di opere complesse e non un singolo intervento, e le carenze dell’analisi delle incidenze, che compromettono la corretta quantificazione degli impatti sui siti Natura 2000 e l’individuazione di misure di mitigazione e compensazione.
«Il Governo ha disatteso la normativa comunitaria oltre che i principi di prevenzione e precauzione che sono alla base delle valutazioni ambientali – dichiarano gli ambientalisti in conferenza stampa – Il progetto del ponte sullo Stretto di Messina deve essere fermato per il bene dell’ambiente e delle casse dello Stato».
I danni ambientali causati da questa infrastruttura sono innegabili e documentati. Il progetto comporta incidenze negative significative sui siti della rete Natura 2000 ai due lati dello Stretto di Messina, una delle più importanti rotte migratorie degli uccelli tra Eurasia e Africa. Milioni di uccelli attraversano ogni anno le acque che separano la Sicilia e la Calabria e il Ponte causerebbe la strage di migliaia di individui per collisione e la distruzione degli habitat prioritari.
Inoltre, non è mai stata dimostrata la necessità dell’opera rispetto agli obiettivi socioeconomici che si vorrebbero perseguire, né documentato se i benefici attesi siano tali da bilanciare il sacrificio imposto all’ambiente, alla vivibilità dei luoghi interessati e alla finanza pubblica.
Nonostante ciò, con il decreto-legge 35/2023 il governo italiano ha imposto il riavvio delle attività necessarie all’approvazione e alla realizzazione del Ponte, dettando un procedimento autorizzativo speciale e derogatorio contro il quale le Associazioni hanno deciso di intraprendere una serie di azioni legali per cercare di sopperire con il diritto al buon senso che sembra mancare su questa vicenda nelle decisioni dell’esecutivo.
