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Immatricolati 1,5 mln di veicoli nel 2024, un crollo del 18,7% rispetto al 2019

Cala ancora il mercato auto in Italia, i costruttori: «Non vi è dubbio che il Green deal non sia la causa della crisi»

L’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri (Unrae) denuncia l’inadeguatezza della politica
 |  Trasporti e infrastrutture

Nell’ultimo anno in Italia sono state immatricolate poco più di 1,5 milioni auto, con un calo dello 0,5% sul 2023 e un crollo del 18,7% – una differenza pari a ben 358mila veicoli – rispetto all’epoca pre-Covid (2019). E se il mercato delle auto elettriche resta stabile, è quello dei motori a combustione interna a segnare il passo.

Secondo i dati messi in fila dall’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri (Unrae), il 2024 chiude con una quota auto elettriche a batteria (Bev) al 4,2%, identica al 2023; le ibride plug-in (Phev) scendono al 3,3% (-1,1%), mentre le altre (mild e full hybrid) guadagnano il 4% arrivando al 40,2% di share; le auto a benzina crescono dello 0,8% al 29%, mentre le diesel retrocedono del 3,9% fermandosi al 13,9%, col Gpl infine che segna +0,3% arrivando al 9,4%.

Risultato? Mercato dell’auto in continua discesa, mentre i vantaggi dal punto di vista ambientale sono pressoché nulli, dato che le emissioni medie di CO2 delle nuove immatricolazioni nel 2024 sono in calo di appena lo 0,3%, a 119,1 g/Km. Una disfatta sotto il profilo industriale prima ancora che ambientale, che il Governo Meloni – assieme a buona parte delle destre europee – continua a voler imputare al Green deal, quando le stesse case automobilistiche dichiarano il contrario.

«Come abbiamo chiarito molto bene nel corso della nostra conferenza stampa di fine anno – rimarca oggi il presidente Unrae, Michele Crisci – non vi è dubbio che il Green deal non sia la causa della crisi dell’automotive in Europa, tuttavia a tal proposito non possiamo non sottolineare con forza come la carenza e la disomogeneità degli strumenti incentivanti, della fiscalità sull’auto e della disponibilità di infrastrutture adeguate abbiano evidentemente frenato il mercato in relazione allo sviluppo atteso delle nuove tecnologie a zero e bassissime emissioni. Riguardo al nostro Paese, non possiamo non rilevare l’inadeguatezza di una politica solo di supporto alla produzione senza una congrua, coerente e continuativa attenzione di sostegno al mercato delle nuove tecnologie».

In assenza di politica industriale, col Governo Meloni che ha addirittura definanziato il Fondo automotive per 4,6 mld di euro l’anno – a guidare il crollo del mercato auto resta il contesto economico: ovunque in Europa i costi dei veicoli sono cresciuti seguendo quelli della logistica, delle materie prime e dell’energia (oltre che per scelte commerciali, puntando su veicoli premium come i Suv per aumentare i margini di profitto sul singolo veicolo), ma nel caso particolare dell’Italia aiuta il fatto che il prezzo medio di un’auto sia aumentato del 58% dal 2011 a 2023, mentre il potere d’acquisto delle famiglie è calato del 3%. Anche il calo del potere d’acquisto del resto è una scelta politica, perché l’alternativa sarebbe redistribuire la crescente concentrazione di ricchezza in poche mani.

«La transizione verso una mobilità a zero emissioni non mostra segni di accelerazione: anche il 2024 risulta un anno sprecato», evidenziano dall’Unrae, mentre all’orizzonte si profilano possibili multe Ue per il mancato rispetto dei target di riduzione emissioni. L’associazione di filiera sottolinea l’insostenibilità dei target in vigore dal 2025, che potrebbero comportare per i costruttori sanzioni stimate dall’Acea in circa 16 miliardi di euro (una stima che l’associazione ambientalista Transport&Environment abbassa però a 1 mld di euro) solo nel primo anno: «Non possiamo accettare che una politica frammentaria e scoordinata, a livello sia europeo che italiano, si trasformi in un peso economico così penalizzante per i costruttori», sottolinea nel merito Crisci.

E l’assenza di politica industriale, dagli incentivi per sostenere la transizione ecologica (e dunque l’innovazione) all’inadeguatezza dell’infrastruttura di ricarica, emerge anche dall’associazione di rappresentanza della filiera elettrica (Motus-E).

«Il generalizzato affanno del mercato auto italiano, lontanissimo ormai dai livelli pre-Covid, testimonia l’urgenza di un’azione corale per proteggere e rilanciare tutti insieme il settore automotive nazionale – osserva il presidente di Motus-E, Fabio Pressi – La costruzione anche in Italia, terzo mercato auto europeo, di un ambiente più consapevole e aperto all’elettrico contribuirebbe sensibilmente a contenere l’impatto sull’industria delle discusse multe europee sulle emissioni di CO2, accelerando la diffusione dei veicoli con zero emissioni allo scarico. L’Italia può e deve continuare a recitare un ruolo da protagonista del panorama automotive, ma per competere ai massimi livelli in un mondo sempre più rivolto all’elettrificazione serve una politica industriale chiara e pragmatica, che aiuti la filiera a evolversi e a innovare».

In questo contesto di forte difficoltà, c’è grande attesa per l’avvio di un “Dialogo strategico sul futuro dell’industria automotive europea”, che la Commissione Europea ha annunciato per il mese in corso. Nel frattempo, la Norvegia ha già raggiunto quota 88,9% di nuove immatricolazioni solo elettriche: mentre il Governo Meloni vorrebbe allungare oltre il 2035 lo stop Ue alla vendita di auto e furgoni non a emissioni zero, la rivoluzione dell’auto elettrica in Europa è già una realtà.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.