Come conciliare lo sviluppo dell’eolico offshore coi flussi del traffico marittimo
La questione dei flussi di traffico marittimo, nella sua accezione più ampia e legata alla realizzazione di parchi eolici offshore, deve essere attentamente valutata e fatta entrare nella pianificazione delle procedure di valutazione di carattere sia ambientale che di garanzia per la sicurezza dei traffici marittimi. A scanso di fomentare fobie immotivate e creare confusione in un settore tanto delicato quanto complesso, è utile evidenziare che l’attività istruttoria in atto, legata al rilascio della cosiddetta Via (Valutazione d’impatto ambientale), ha messo in luce il fatto che la maggior parte delle procedure legate alla realizzazione di impianti eolici offshore ricade nelle aree marittime in cui si concentra un enorme flussi di transiti navali e, segnatamente, lo Stretto (o Canale) di Sicilia e il Canale d’Otranto.
Le motivazioni sono dovute al fatto che le rotte mercantili che collegano lo Stretto di Gibilterra al Canale di Suez o le rotte di collegamento coi porti ionici-adriatici (Taranto, Ravenna, Porto Marghera e Trieste, solo per citarne alcuni) convergono in quelle superfici marine che, per le loro peculiari caratteristiche anemometriche (forza ed intensità dei venti) vengono scelte dai proponenti per la realizzazione dei parchi eolici offshore.
Quindi, a ben vedere, si tratta di coniugare transito in sicurezza dei flussi di traffico mercantile e la realizzazione prima e la gestione dopo dei parchi eolici offshore.
Ricordo che l’istituzione degli schemi di separazione del traffico marittimo è ben sviluppata e disciplinata da risoluzioni emanate in ambito Imo (International maritime organization) già a far data dai primi anni Ottanta del secolo scorso. Infatti, la gran parte delle aree del Mar del Nord e del Mar Baltico sono disciplinate dagli schemi di separazione di traffico (Mandatory shipping routing) che assicurano una disciplina che regolamenta le rotte delle navi in transito – in entrata e in uscita – già a partire dal “British Channel” o per i filo francofoni “La Manche”.
Dunque, in considerazione che i parchi eolici offshore, nel breve periodo, diventeranno una presenza ineludibile nel Mar Mediterraneo, sarebbe proprio il caso di richiedere all’Imo, tramite i pertinenti canali diplomatici, l’istituzione di questi schemi che, naturalmente, in una prima fase preliminare, andrebbero discussi e concertati coi Paesi trans-frontalieri, sia in Adriatico che nello Stretto di Sicilia.