A Los Angeles incendi ancora non domati. E tornano a soffiare venti forti
È salito a 24 il bilancio delle persone che hanno perso la vita negli incendi divampati in California ma, come già avevano preannunciato le autorità locali nei giorni scorsi, quando la triste contabilità segnava numeri inferiori, non si potrà dire nulla di definitivo finché le fiamme non saranno completamente domate e si tornerà ad avere il controllo della situazione. Cosa che, purtroppo, dopo sette giorni di devastazione, ancora non si sta verificando.
Lo stato di allerta rimarrà in vigore per almeno altre 48 ore. I forti venti che, insieme al micidiale mix di vegetazione arida e aria calda, fin dal primo giorno hanno reso impossibile il contenimento dei roghi, avevano concesso una breve tregua nel week end ma poi sono tornati a soffiare con violenza. E le previsioni dicono che sarà così per appunto altri due giorni. Le autorità di Los Angeles hanno avvertito che la «minaccia è ancora alta» e non si può abbassare la guardia. «Le condizioni del vento peggioreranno nei prossimi giorni e condizioni meteorologiche critiche continueranno fino a mercoledì», ha dichiarato il capo dei vigili del fuoco, Anthony Marrone, in una delle tante conferenze stampa di queste giornate convulse.
Mentre i venti forti rischiano di far rimanere a terra i canadair e gli elicotteri, mentre gli idranti si dimostrano inefficienti e i serbatoi metropolitani sono agli sgoccioli, mentre i bacini idrici del territorio mostrano la poco previdente gestione dell’acqua in quest’area cara alle celebrità e ricca di ville con piscine faraoniche, sono quasi 200 mila i cittadini di Los Angeles che adesso hanno ricevuto l’ordine di evacuazione. Quanto all’origine delle fiamme, se in generale è ancora presto per arrivare a conclusione, in alcuni casi iniziano ad arrivare prime, parziali risposte: la Edison International ha dichiarato che l’incendio di Hurst - contenuto ormai all’89% - potrebbe essere stato causato da un guasto alle apparecchiature elettriche della società fornitrice di energia Southern California Edison.
La zona che desta più preoccupazione quella di Palisades, «un mostro a più teste con possibilità di crescita in diverse direzioni» vista la folta e arida vegetazione dell’area, ha spiegato il portavoce dei pompieri David Ortiz. Questo rogo al momento è contenuto soltanto all’11%. Poi c'è il secondo più grande, l’Eaton fire nel nord della città intorno a Pasadena, contenuto al 15%.
Se la California non è estranea agli incendi, quello di questi giorni è senz’altro un evento straordinario, per dimensioni e durata. E il ruolo giocato dal cambiamento climatico viene evidenziato da diversi enti scientifici. La World meteorological organization ricostruisce quanto avvenuto nell’arco in quest’area. «La stagione delle piogge dell’anno scorso per l’area di Los Angeles era al di sopra del normale, e questo ha permesso alla vegetazione di crescere grande e forte. A ciò ha fatto seguito un periodo molto secco dalla fine della stagione delle piogge fino al presente, il che ha portato la vegetazione a seccarsi, fornendo abbondante combustibile per i fuochi». E a ciò si è aggiunto un altro elemento, il vento. «I venti di Santa Ana sono forti venti dalle montagne che causano un aumento delle temperature e un’umidità molto bassa, prosciugando il terreno e la vegetazione». E non a caso la Wmo ricorda quanto evidenziato dalla National oceanic and atmospheric administration (Noaa) degli Stati Uniti: «Il cambiamento climatico, con l’aumento del calore, la siccità prolungata e un’atmosfera secca, è stato un fattore chiave per aumentare il rischio e l’entità degli incendi negli Stati Uniti occidentali negli ultimi due decenni. Gli altri dati e studi messi in fila dalla Wmo sono uno studio del 2016 che ha rilevato che il cambiamento climatico ha aumentato l’essiccazione della materia organica e raddoppiato il numero di grandi incendi tra il 1984 e il 2015 negli Stati Uniti occidentali. E uno studio del 2021 sostenuto dalla Noaa che ha concluso che il cambiamento climatico è stato il principale fattore trainante dell’aumento del tempo necessario per spegnere gli incendi negli Stati Uniti occidentali. Un ultimo dato è quello su cui tanto la statunitense Noaa quanto l’europeo Copernicus concordano, in base alle analisi effettuate in questi ultimi dodici mesi: il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, il che ha accentuato tutti quei fattori che favoriscono gli incendi.