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Bollette alte? Contro il caro gas Elettricità futura punta sulle rinnovabili
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Come già spiegato dall’Arera, e ancor prima dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), la strada maestra per far scendere le bollette è accelerare la transizione ecologica per far spazio alle installazioni d’impianti rinnovabili: una posizione ribadita ieri dall’associazione confindustriale Elettricità futura – che rappresenta il 70% della filiera elettrica nazionale – spiegando che «i recenti picchi dei prezzi del gas, grandemente influenzati da movimenti di operatori finanziari che speculano sulle tensioni internazionali sulle materie prime ed energia, stanno incidendo significativamente anche sul mercato elettrico».
Speculazione a parte, i motivi sono noti e dipendono dal meccanismo stesso di formazione dei prezzi sul mercato elettrico. Nell’ultimo anno il prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità in Italia, ovvero il Prezzo unico nazionale (Pun) calcolato sul Mercato del giorno prima (Mgp) della Borsa elettrica, è arrivato a quota a 108,52 €/MWh e continua a crescere. A trainare la risalita è ancora una volta il prezzo del gas. Non che sia una sorpresa: «Nel 2022, all'apice della crisi energetica, il gas naturale ha fissato il prezzo per il 63% del tempo, pur rappresentando solo il 20% del mix elettrico dell'Ue», spiega nel merito il rapporto Draghi sulla competitività. E in Italia il legame è ancora più marcato, dato che quei dati sono rispettivamente attorno a 90% e 40%.
Il Pun si forma infatti secondo il criterio del prezzo marginale. Ovvero, individuate le necessità della domanda elettrica per un determinato orario del giorno, ogni produttore indica quanta elettricità può offrire, ed entrano nel pacchetto le offerte più economiche necessarie per arrivare a coprire tutta la domanda. Il nodo del problema sta nel fatto che tutti gli impianti vengono però remunerati al prezzo dell’impianto più costoso tra quello selezionati nel Mgp. E nel caso italiano, l’impianto più costoso è quasi sempre alimentato a gas (il cui prezzo, a sua volta, in Europa trova riferimento nel punto di scambio virtuale olandese Ttf). Un meccanismo che aggrava di molto le bollette nazionali.
«Questo fenomeno – argomenta Elettricità futura – interessa l'intera Europa, in primis i Paesi come l'Italia e la Germania che ancora dipendono in misura rilevante dal gas naturale per la produzione di energia (40% del mix). I consumatori domestici in questi paesi sostengono prezzi dell’energia molto elevati rispetto a quelli meno legati al gas (0.293 €/kWh in Germania, 0.274 in Italia vs. 0.212 in Francia e 0.203 in Spagna - fonte Eurostat 2024). Il settore dei produttori di energia elettrica – rinnovabili ed a gas naturale – è pienamente consapevole delle difficoltà che famiglie ed imprese stanno attraversando e sta elaborando proposte d'intervento per mitigare questi fenomeni e le loro ricadute sui consumatori».
Che fare? Le opzioni sul tavolo sono molte. Il Pd ha elaborato un ddl per ampliare il ruolo dell’Acquirente unico, per renderlo una sorta di gruppo di acquisto pubblico di elettricità anche sul mercato libero per i clienti vulnerabili lì presenti; nel Governo si ventila invece di sospendere in qualche modo il mercato europeo della CO2 (Eu Ets), ma al contempo il responsabile Energia di Fratelli d’Italia (FdI) alla Camera, Riccardo Zucconi, ripropone sostanzialmente il meccanismo Maver delineato da Confindustria tre anni fa, per incoraggiare il disaccoppiamento tra prezzo dell’elettricità e gas, impiegando fino al 50% dell’elettricità dagli impianti rinnovabili che saranno incentivati col prossimo decreto Fer X per assegnarla tramite aste alle industrie.
Il nocciolo del concetto è quello riassunto pochi giorni fa dal presidente Arera, Stefano Besseghini: «Disaccoppiare i prezzi delle rinnovabili da quello del gas richiede che l’energia prodotta da queste fonti venga “catturata” da contratti a termine (Cfd o Ppa) prima di esser collocata nel mercato giornaliero». Ed è su questa linea che si muove adesso anche la proposta di Elettricità futura.
Riconoscendo che i grandi gruppi industriali possono già contare su vari sussidi per contenere i prezzi energetici (interconnector, interrompibilità, rimborso CO2, a cui si è aggiunto ora il meccanismo dell'energy release), l’associazione confindustriale si concentra sul segmento sui consumatori domestici e sulle Pmi.
Per proteggere questi segmenti di consumatori non agevolati, si propone la contrattualizzazione a medio-lungo termine, tramite il Gestore dei servizi energetici (Gse), della capacità rinnovabile (eolica e fotovoltaica) su cui il Paese sta investendo da un paio d’anni in accordo agli obiettivi del Pniec approvato dal Governo e non ancora assegnata. Questa iniziativa potrebbe aiutare a stabilizzare i prezzi finali dei consumatori su circa 20 miliardi di kWh di energia elettrica per il corrente anno (comunque una goccia nel mare, considerando che i consumi annuali italiani valgono 312,3 miliardi di kWh). Inoltre, con il rinnovamento degli impianti eolici e fotovoltaici nei siti esistenti si potrebbero aggiungere ulteriori 20 miliardi di kWh di produzione, con il duplice vantaggio di evitare impatti ambientali aggiuntivi e aumentare la disponibilità di energia rinnovabile. Questo favorirebbe la minor dipendenza energetica del Paese dalle importazioni di gas.
«Complessivamente, stimiamo un beneficio per il sistema di circa 2 miliardi di euro, sbloccando investimenti aggiuntivi per oltre 10 miliardi di euro destinati al potenziamento degli impianti – sintetizzano da Elettricità futura – Peraltro il prezzo dell’elettricità potrebbe ulteriormente scendere se le Regioni autorizzassero gli impianti rinnovabili che hanno le autorizzazioni bloccate da tempo».
Vantaggi che saranno presto più visibili in bolletta, dato che dall’inizio di quest’anno il Pun è stato sostituito da sette prezzi zonali, delimitate dalle capacità d’interconnessione – nord, centro-nord, centro-sud, sud, Calabria, Sicilia, Sardegna – con la media nazionale rappresentata dal Pun Index Gme.
Il problema di fondo, però, è che mancano gli impianti autorizzati. Nel 2024 l’Italia si è fermata a +7,48 GW contro i circa +12 GW/anno necessari a traguardare gli obiettivi 2030, e nei giorni scorsi la Commissione Ue ha aperto un nuovo avanzamento della procedura d’infrazione contro il nostro Paese per il mancato rispetto della direttiva Red III sulle aree di accelerazione per le rinnovabili.
Lacune sulle quali Elettricità futura è stata molto critica nei confronti del Governo, prima di arrivare alle dimissioni dell’ex presidente Agostino Re Rebaudengo. Da allora il sostegno alle rinnovabili dall’associazione confindustriale sembra rimasto immutato, ma il presidente del Coordinamento Free Attilio Piattelli ha subito avanzato timori che il nuovo corso potesse portare fratture lungo la filiera. Fratture che stanno iniziando a palesarsi.
Oggi dal Coordinamento Free – ovvero il Coordinamento fonti rinnovabili ed efficienza energetica, la più grande rete di associazioni del settore in Italia – è infatti uscita proprio Elettricità futura. «La scelta risulta di difficile comprensione – commentano dal Coordinamento – Nell’auspicio che, anche se con strade diverse, si prosegua senza alcun rallentamento nel percorso di promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energica, il Coordinamento Free conferma, con immutata determinazione, il proprio impegno nel fornire voce e soprattutto coordinamento alle tante associazioni che ne fanno parte e a quelle che decideranno di aderire».
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