Il quadro legislativo per il "nuovo nucleare" italiano sarà pronto a fine 2027, dopo le elezioni
Il Governo Meloni continua a tenere i piedi in più staffe per quanto riguarda le ambizioni del rilancio dell’energia nucleare nel nostro Paese, con la presidente Giorgia Meloni che continua a parlare del solo nucleare a fusione – tecnologia che sarà forse disponibile tra una trentina d’anni –, mentre il ministro Gilberto Pichetto ha appena inviato al Consiglio lo schema di un disegno di legge delega per preparare un quadro legislativo che abbracci anche altre tecnologie (sempre futuribili) come i piccoli reattori modulari (Smr) e i reattori modulari avanzati (Amr). Anche in questo caso, con una certa calma.
«Lo schema di ddl arriverà sul tavolo di uno dei prossimi Consigli dei ministri – dichiara oggi Pichetto in un’intervista al Sole 24 Ore – I tempi dipenderanno dall’esame del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, ma confido che ciò avvenga nel giro di quindici giorni». Se questo è l’avvio previsto dell’iter legislativo, la fine si sposta però al di là del prossimo appuntamento con le elezioni politiche: «È un percorso a tappe che credo arriverà a traguardo per la fine del 2027, bisognerà informare bene e avere il consenso nel Parlamento e nel Paese. E sono fiducioso», aggiunge Pichetto.
Nonostante il quadro poco incoraggiante, e i ritardi nello sviluppo delle fonti rinnovabili – che rappresentano già dal breve termine la risposta a sicurezza energetica e costi delle bollette – lo schema di ddl è pronto e si presenta in 4 articoli, come emerge dalla relazione illustrativa che greenreport è in grado di anticipare (in allegato a fondo pagina).
Il testo richiama quanto già inserito dal Governo nel Pniec, ovvero prevede di «raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, in particolare con una quota ottimale di produzione da fonte nucleare che copre tra l’11% e il 22% della richiesta di energia elettrica (ovvero tra gli 8 e i 16 GW di capacità nucleare installata)». Si propone di aggirare i referendum nazionali che nel 1987 e 2011 hanno bocciato per due volte l’energia dall’atomo, affermando che adesso si parla di tutt’altre tecnologie – incluse gli Smr, gli Amr, i microreattori e l’energia da fusione – e prospettando nel merito «alcune scelte fondamentali».
Oltre a delineare necessità di «valutare le modalità di sostegno finanziario da dedicare alla ricerca tecnologica e allo sviluppo dei relativi reattori», la prima è assicurare «una cesura netta rispetto agli impianti nucleari del passato, che, nella proposta, sono espressamente destinati alla dismissione definitiva, salva la eventuale riconversione dei relativi siti». Si prevede quindi «l’istituzione di una Autorità indipendente, competente per la sicurezza nucleare, con compiti di regolazione, vigilanza e controllo sulle infrastrutture nucleari».
La seconda scelta fondamentale è «la predisposizione di una disciplina organica dell’intero ciclo di vita dell’energia nucleare: dalla eventuale fase di sperimentazione e progettazione, all’autorizzazione degli impianti, al loro esercizio, fino alla gestione, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento degli impianti». Nel merito vale la pena osservare che l’entrata in funzione dell’unica infrastruttura nucleare che sarebbe davvero utile al Paese, ovvero il Deposito unico per i rifiuti radioattivi, è stata rimandata al 2039 non essendo stato ancora neanche individuato il sito localizzativo.
La terza scelta fondamentale è che sia «realizzato un coordinamento e un dialogo costante con i gestori delle reti elettriche, onde assicurare stabilità e bilanciamento del sistema energetico». La quarta che «i promotori dei progetti nucleari forniscano adeguate garanzie finanziarie e giuridiche per coprire i costi di costruzione, gestione e smantellamento degli impianti e per i rischi, anche a loro non direttamente imputabili, derivanti dall’attività nucleare».
Tutti gli aspetti citati dovranno essere considerati all’interno di un Programma nazionale “finalizzato allo sviluppo della produzione di energia da fonte nucleare che concorra alla strategia nazionale per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica al 2050”.
Il punto d’arrivo prospettato per il rilancio del programma nucleare italiano è dunque sideralmente lontano nel tempo, ma di certo l’avvio non è granché favorevole, contando che – secondo un sondaggio Ipsos presentato lo scorso novembre – a ora l’81% degli italiani non vuole il ritorno al nucleare. Nel frattempo, secondo il dossier prodotto dagli scienziati e ambientalisti della coalizione 100% rinnovabili network, l’eventuale ritorno del nucleare, ancor più in salsa Smr, rappresenterebbe un aggravio di costi per il Paese; a livello internazionale anche l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) segnala che i costi del nucleare rimarranno superiori a quelle delle rinnovabili da qui al 2050, e nonostante preveda una crescita nei nuovi impianti stima che dall’atomo continuerà ad arrivare non più del 10% della produzione globale di elettricità.