Eni di Calenzano, contro nuovi incidenti fossili c’è un’unica soluzione: più impianti rinnovabili
L’incidente di stamani all’impianto Eni di Calenzano, con al momento 2 morti accertati cui si affiancano 3 dispersi e 9 feriti, è una tragedia che torna a sollecitare la crescente urgenza di una transizione ecologica che possa affrancarci rapidamente dalla dipendenza dai combustibili fossili.
Mentre c’è ancora chi alimenta “inazionismo” parlando dei presunti impatti ambientali sul paesaggio, il non detto è quello che rinunciare alla transizione significa restare ancorati a raffinerie e depositi carburanti – di certo non un bel vedere – come quello andato a fuoco oggi a Calenzano. Impianti fossili che alimentano la crisi climatica in corso, anche quando non ci sono incidenti, con ricadute già oggi enormi sulla salute di tutti noi.
Basti osservare che le sole ondate di calore che si sono susseguite nell’estate 2023, alimentate dal riscaldamento globale, si stima abbiano ucciso oltre 12mila italiani (il dato più alto in Ue). Si guardi altrimenti alle vittime da inquinamento atmosferico, con l’Italia a subire annualmente ben 46.800 decessi all’anno da PM2.5, altri 11.300 da NO2 e 5,100 da O3 (ancora una volta i dati peggiori in Ue).
L’incidente di oggi a Calenzano richiama dunque alla necessità di fare posto agli impianti rinnovabili, per poterci progressivamente liberare da quelli fossili. Un’occasione che anche la Regione Toscana ha adesso l’opportunità di percorrere, grazie alla legge per l’individuazione delle aree idonee agli impianti rinnovabili attesa per gennaio: un’occasione che non possiamo permetterci di perdere, come sottolineato lo scorso venerdì da Legambiente Toscana in occasione del Forum regionale sull’economia circolare.