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Il Pniec tradisce gli impegni siglati dall’Italia al G7 e costa al Paese 15 miliardi di euro in CO2

Ecco: «Una spesa che graverà sulle casse dello Stato, in un Paese già fortemente indebitato»
 |  Nuove energie

Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) ri-proposto dall’Italia a Bruxelles dovrebbe costituire l’architrave della transizione energetica nazionale da qui al 2030 e oltre, ma ha finito per tradire gli impegni che – appena a fine aprile, a Venaria – il nostro Paese ha sottoscritto su questo fronte insieme agli altri membri del G7.

Il documento torinese rappresenta la declinazione degli obiettivi sanciti dalla Cop28 di Dubai nell’ambito dei Paesi G7, i quali si sono impegnati a triplicare la capacità rinnovabile installata entro il 2030 (per l’Italia significherebbe circa +140 GW, il Pniec si ferma a circa la metà), raddoppiare l’efficienza energetica, sestuplicare (a livello globale) gli stoccaggi, aumentare significativamente gli investimenti nella rete, completare la decarbonizzazione del settore elettrico nel 2035, dare priorità all’elettrico come “tecnologia chiave” della decarbonizzazione dei trasporti e terminare i sussidi fossili inefficienti entro il prossimo anno. 

Poco o nulla di questi impegni G7 sono riflessi nel Pniec, come documenta l’analisi elaborata dal think tank Ecco.

Ecco mostra infatti che il Pniec non ha forza legale né un impianto attuativo coerente, con le risorse dedicate e le valutazioni di impatto delle politiche non chiarite; manca una visione del percorso di transizione energetica e trasformazione economica del Paese, non individuando strategie per l’abbandono delle fonti fossili; l’ambizione sulle rinnovabili non è supportata dallo sviluppo di un quadro coerente di politiche; l’elettrificazione non è individuata come leva per la decarbonizzazione; manca una visione organica della trasformazione industriale nella decarbonizzazione; non c’è un piano per garantire la sostenibilità sociale di fronte ai grandi cambiamenti tecnologici e di mercato che investiranno le persone e le imprese.

Non solo: l’associazione confindustriale Elettricità futura stima che un aggiornamento ambizioso del Pniec sul fronte delle rinnovabili (+12 GW/a) avrebbe potuto far risparmiare al Paese 25 mld di euro in bolletta, mentre la versione fornita dal Governo Meloni all’Ue, al contrario, potrebbe pesare sul bilancio pubblico con 15 mld di euro solo a causa della scarsa volontà di decarbonizzazione.

«Stando alle stime del Piano – osserva nel merito Ecco – l’Italia non centra gli obiettivi emissivi per circa 100MtCO2eq cumulate nel periodo che, sulla base di alcune delle proiezioni più recenti dei costi della CO2, equivalgono a circa 15 miliardi di euro. Una spesa che graverà sulle casse dello Stato, in un Paese già fortemente indebitato, con limitato spazio fiscale. Risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per orientare le politiche in un’ottica di coerenza della spesa pubblica e della fiscalità rispetto agli obiettivi energia e clima, in una visione di sviluppo del Paese a salvaguardia della competitività delle imprese, nell’ambito di scenari che vedono nell’affermarsi delle filiere del clean-tech il posizionamento competitivo delle economie globali».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.