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Elettricità, in Italia rinnovabili al 44% ma il prezzo lo fa ancora il gas e i costi salgono

Arera, bollette in rialzo: «Il mercato libero presenta valori superiori al servizio di maggior tutela»
 |  Nuove energie

Come nel 2022, anche nella prima parte del 2023 i prezzi dell’energia elettrica in Italia e in Europa hanno risentito, seppur senza registrare i picchi dell’anno precedente, delle tensioni internazionali sui mercati all’ingrosso. E i rialzi si sono riflettuti sulle bollette dei clienti domestici, come documenta l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) nella sua Relazione annuale 2023.

I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici nel 2023 fanno registrare aumenti del +6% in Italia (con prezzi medi finali pari a 38,64 c€/kWh), ben lontani dal +40% dell’anno precedente ma comunque in crescita.

L’aumento del prezzo lordo in Italia, spiega Arera, è dovuto principalmente alla componente oneri e imposte che, rispetto ai 12 mesi precedenti, ha subito sensibili variazioni (+54,4%) per la progressiva reintroduzione degli oneri generali in bolletta; i prezzi netti, infatti, dati dalla somma del prezzo di energia e vendita e dei costi di rete, hanno registrato una piccola variazione negativa (-2%), passando da 31,74 c€/kWh a 30,98 c€/kWh. Al contrario, nell’area euro si è registrato un aumento dei prezzi netti (+16,6%, da 22,48 a 26,21 c€/kWh), mentre una lieve riduzione si è avuta per oneri e imposte (-4%, passando da 5,46 a 5,24 c€/kWh).

Dal confronto con i prezzi dei Paesi europei paragonabili per dimensione all’Italia emerge che, nel 2023, le famiglie tedesche tornano in prima posizione con i prezzi più elevati (42,03 c€/kWh) seguite da quelle italiane che lo scorso anno le avevano superate (38,64 c€/kWh), francesi (32,65 c€/kWh) e spagnole (26,02 c€/kWh).

Nel complesso i consumi nazionali di energia elettrica si sono ridotti del 2,9%, e anche la produzione nazionale lorda è scesa del 6,9% a 264,3 TWh (284 TWh nel 2022) soprattutto per effetto del -19,3% nella produzione termoelettrica solo parzialmente compensato dal +15,6% delle fonti rinnovabili.

Nel dettaglio, il segno meno compare per tutte le voci della produzione termoelettrica: solidi (-41,5%), prodotti petroliferi (-26,9%) e gas naturale (-15,9%). Tra le fonti rinnovabili sono in aumento la produzione idroelettrica (+42,4%), quella fotovoltaica (+9,2%) e quella eolica (+13,7%) mentre si sono ridotte la generazione geotermica (-2,5%) e da bioenergie (-9,1%).
Enel si è confermata il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili con il 22,4% della generazione lorda, e – più in generale – Arera documenta che le fonti rinnovabili concorrono per circa il 44% al mix della produzione elettrica nazionale (la stessa quota nell’anno precedente era pari al 35,4%), mentre Terna stima che abbiano coperto il 36,8% della domanda elettrica.

Complessivamente, per l’anno 2023, Arera evidenzia che i costi derivanti dall’incentivazione delle fonti rinnovabili sono risultati pari a circa 7 miliardi di euro, ma si tratta di un investimento conveniente; in un anno di forte crisi energetica come il 2022, le rinnovabili – stima la confindustriale Elettricità futura – ci hanno fatto risparmiare 25 mld di euro. Perché allora il costo delle bollette continua a salire, se aumenta la produzione da fonti rinnovabili, più economiche di quelle fossili? A causa della dipendenza dal gas, come confermato pochi giorni fa anche dall'associazione confindustriale Anie rinnovabili.

Il Prezzo unico nazionale (Pun) dell’energia elettrica, che fa da prezzo di riferimento per il costo delle bollette, si forma sul Mercato del giorno prima (Mgp) della Borsa elettrica, che a sua volta funziona secondo il criterio del prezzo marginale.

Individuate le necessità della domanda elettrica per un determinato giorno, ogni produttore indica quanta elettricità può offrire, ed entrano nel pacchetto le offerte più economiche necessarie per arrivare a coprire la domanda. Il nodo del problema sta nel fatto che tutti gli impianti vengono però remunerati al prezzo dell’impianto più costoso tra quello selezionati nel Mgp. Nel caso italiano, l’impianto più costoso è in genere alimentato a gas.

Nel corso degli ultimi anni sono state proposte più riforme del mercato elettrico per superare l’impasse, ma è ancora presto per valutare gli effetti di quella approvata dal Consiglio Ue neanche due mesi fa.

Il nodo centrale resta comunque quello di aumentare la penetrazione delle energie rinnovabili – in particolare promuovendo la stipula di contratti a lungo termine (Ppa) – unendo così gli sforzi per la decarbonizzazione a quelli per abbassare i costi in bolletta. Per farlo servono però molti più impianti rinnovabili sui territori: le richieste di connessione alla rete Terna sono arrivate a oltre 336 GW, ma basterebbe installare +12 GW/a per rispettare i target al 2030, un obiettivo realistico cui però il Pniec proposto dal Governo Meloni non arriva.

A peggiorare la situazione, al 1° luglio 2024 la quota del mercato libero dell’elettricità risulta pari al 76,5%, con costi maggiorati per le famiglie: «In tema di prezzi ai clienti domestici si osserva comunque che, dopo la parentesi del 2022 – conclude Arera – il mercato libero presenta nuovamente valori superiori al servizio di maggior tutela, salvo che per i clienti con i consumi annui più elevati (superiori a 5.000 kWh/anno)».

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.