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Intervista a Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto club

«Il ritorno del nucleare in Italia non è possibile. Il governo punti sulle rinnovabili, invece di mettere i bastoni tra le ruote»

«Non si riesce a indicare un sito per lo smaltimento delle scorie, immaginiamo cosa succederebbe con la proposta di localizzare un reattore. Auto elettriche? Una politica difensiva basata sui dazi nei confronti della Cina rappresenta un’illusione»
 |  Interviste

L’ipotetico ritorno del nucleare, le mosse del governo e di Confindustria sulle rinnovabili, i movimenti attorno alla produzione di auto elettriche: in questa intervista, il direttore scientifico del Kyoto club, Gianni Silvestrini, spiega perché annunci e anche recenti scelte legislative rischiano di confliggere pesantemente con una realtà che, da qui ai prossimi anni, sarà ben diversa da quella prospettata da chi oggi guida il Paese.

Intervista

Il ministro Pichetto Fratin ha annunciato in audizione alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera un disegno di legge per quello che ha definito «il nuovo nucleare sostenibile». Le chiederei intanto se, alla luce delle attuali tecnologie, una simile espressione abbia fondamento. 

«Certo, nella tassonomia approvata dalla Ue nel 2022 è stato incluso il nucleare. Ma, attenzione, esso può essere considerato conforme alla tassonomia purché soddisfi diverse condizioni rigorose. In particolare, lo Stato membro in cui è situato il progetto deve disporre di impianti operativi di smaltimento finale per i rifiuti a radioattività molto bassa, bassa e intermedia e deve disporre di piani per un impianto di smaltimento operativo per i rifiuti ad alta attività radioattiva».

ll ministro ha dichiarato che si potrà ottenere l’autorizzazione unica per procedere con la costruzione del deposito soltanto nel 2029, mentre la messa in esercizio arriverà nei successivi 10 anni. 

«Esatto, cioè nel 2039, mezzo secolo dopo la chiusura dell’ultima centrale nucleare italiana. La domanda che dobbiamo farci è questa: ma, nel 2035-2040 quale sarà la percentuale delle rinnovabili? Se non ci fossero blocchi (alcuni dei quali iniziano a delinearsi già adesso) saremo al 75-85%. E a quel punto gli eventuali reattori nucleari dovrebbero lavorare con grande flessibilità, cioè con un minore numero di ore, aumentando la loro diseconomicità».

In audizione Pichetto Fratin ha annunciato per la fine dell’anno «una bozza di testo per la legge-delega che possa abilitare la produzione da fonte nucleare tramite le nuove tecnologie nucleari sostenibili come gli Smr, Amr e microreattori». Tale disegno di legge-delega, ha fatto sapere il ministro, sarà «sottoposto al vaglio parlamentare nei primi mesi del 2025». È a suo giudizio la strada giusta, sia dal punto di vista tecnologico che, per un argomento così delicato, dal punto di vista dell’iter legislativo?

«I passaggi per la reintroduzione del nucleare saranno complessi. Ricordiamo i due referendum contro il nucleare vinti con un’ampia maggioranza. Se ne discuterà certamente in Parlamento, ma se ne parlerà nel paese, nelle scuole, nel sindacato… Si tratta di capire come l’Italia potrà raggiungere la neutralità climatica al 2050 nel modo più efficiente ed economicamente conveniente. Analizzando la rapidissima riduzione dei costi delle rinnovabili e delle batterie, in un Paese come l’Italia il ritorno del nucleare non mi pare possibile.  Anche banalmente per un problema di accettabilità sociale. Non si riesce ad indicare un sito per lo smaltimento delle scorie, ci sono opposizioni fortissime per l’installazione di 6 pale eoliche, immaginiamo cosa succederebbe con la proposta di localizzare un reattore nucleare…»

Un’ultima questione sull’ipotetico ritorno del nucleare in Italia. Sempre Pichetto Fratin ha detto che «l’Italia è in posizione privilegiata a livello mondiale poiché lavora da decenni su una particolare tecnologia di IV generazione che si basa sul raffreddamento a piombo liquido»: «Questi reattori, che arriveranno sul mercato a cavallo degli anni ’40, saranno in grado di bruciare le scorie ad alta attività e lunga vita, nel senso di riutilizzarle come nuovo combustibile all’interno dei reattori, in un’ottica di vera economia circolare, riducendo fortemente il tempo di decadimento di queste scorie e conseguentemente riducendo o annullando la necessità di costruzione di un deposito geologico». In base alle sue conoscenze, è una strada percorribile?

«In effetti, tra le proposte selezionate dalla Commissione europea c’è il progetto Alfred presentato da Ansaldo nucleare, che prevede lo sviluppo di un reattore di quarta generazione, modulare a neutroni veloci e raffreddato a piombo, il cui primo esemplare potrebbe essere messo in esercizio a partire dal 2040. Fra quindici anni vedremo se il reattore funziona e a che costi, con quali rischi. Per onestà va detto che, su questo fronte, c’è anche il reattore su cui punta Stefano Buono che potrebbe arrivare fra una decina di anni.  Vedremo l’evoluzione delle varie proposte e giudicheremo».

Cambiando argomento: mentre punta al ritorno del nucleare, il governo ha approvato una serie di norme, dal Testo unico sulle Fer al decreto Aree idonee al decreto Agricoltura, che non favoriscono un opportuno sviluppo di nuovi impianti rinnovabili. Quali misure sarebbe necessario adottare, secondo lei, per dare invece un’accelerazione in questo settore?

«Sul fronte governativo bisognerebbe evitare di mettere i bastoni fra le ruote, come successo con il decreto Agricoltura che blocca la possibilità di realizzare grandi impianti. Qualche Regione mette a disposizione delle risorse per favorire le Comunità energetiche, importanti anche per la possibilità di avere un coinvolgimento dei cittadini.  Ma, occorre sottolinearlo, va perseguita una strategia bilanciata tra le rinnovabili distribuite e le centrali solari e i parchi eolici che consentono di aumentare la quota di elettricità verde con costi bassi del kWh.  E posizioni come quelle della Sardegna sono rischiose e possono dilagare…»

Nei giorni scorsi l’intero settore dell’energia elettrica ha chiesto una svolta sulle rinnovabili, e ora il Presidente di Elettricità futura sembra destinato a essere sostituito con una figura più in linea con gli attuali vertici Confindustria, in quanto a rinnovabili e ritorno del nucleare: il suo giudizio, su questo cambio della guardia?

«Come si sa, l’Assemblea è stata rimandata al 23 ottobre, forse per un tentativo di mediazione. In ogni caso l’uscita di Re Rebaudengo rappresenta un brutto segnale, perché Agostino ha fatto negli ultimi anni un eccellente lavoro per rilanciare le rinnovabili. Vedremo chi lo sostituirà e giudicheremo».

Un’ultima domanda, sulle auto elettriche: l’Amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, dice che la produzione di questi veicoli in Italia è troppo cara a causa del costo elevato dell’energia e chiede incentivi statali, Orsini dice che chiedere incentivi è una pazzia, Salvini aggiunge che l’Ad si dovrebbe vergognare e sia il governo che Confindustria puntano il dito contro lo stop ai motori endotermici nel 2035 e il Green deal europeo, accusati di mettere in difficoltà le nostre aziende: qual è la strada migliore per il nostro Paese per difendere lavoro e mobilità elettrica?

«La riflessione da fare con la crescita impetuosa della mobilità elettrica e con la concorrenza cinese riguarda le modalità di reazione. A mio parere una politica difensiva basata sui dazi nei confronti della Cina rappresenta un’illusione. Non potremo rimanere un’isola autartica (per esempio difendendo le auto a combustione interna) in un mondo che ci sorpassa con soluzioni che saranno il futuro. Occorrerà quindi con intelligenza, fare alleanze, investire enormi risorse puntando molto sull’innovazione, come anche Draghi suggerisce, per uscire dall’impasse e individuare un percorso realistico che ci agganci alla rivoluzione in atto.  E questo implica anche una seria politica industriale del governo, che però non si vede…»

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.