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Intervista allo zoologo Filippo Zibordi

«L’abbattimento dell’orsa Kj1 extrema ratio. Si deve lavorare di più su gestione e prevenzione, ricerca scientifica e comunicazione»

«La Provincia di Trento non ha messo in campo tutte le azioni necessarie per garantire la convivenza tra uomo e orso. Cassonetti anti-animali utili, ma ancora troppo pochi. Lo spray per autodifesa? Non è la soluzione. I tre cuccioli? Difficile dire se sopravviveranno senza la mamma»
 |  Interviste

«Prevenzione, gestione, ricerca scientifica, comunicazione». Sono queste, per Filippo Zibordi, le armi per vincere la sfida della convivenza tra uomo e orso. Le pallottole per abbattere gli individui definiti problematici? «Sono l’extrema ratio. Consentita, certamente, perché l’incolumità degli esseri umani viene prima di tutto», dice Zibordi, che si è laureato in Scienze naturali e ha lavorato per tredici anni al Parco naturale Adamello Brenta proprio nell’ambito del progetto di reintroduzione dell’orso in Trentino. Ma, aggiunge Zibordi pescando dalla sacca dell’esperienza di chi oggi si occupa di progetti di salvaguardia di animali di montagna sulle Alpi e nel sud del mondo, questa non deve essere considerata la soluzione ma semmai l'ultima tra le numerose attività che l’amministrazione pubblica deve mettere in atto, ricordando che si agisce, purtroppo e con rammarico, su un singolo esemplare per preservare una intera popolazione che si vuole salvare dall’estinzione..

Intervista

La Provincia di Trento ha fatto abbattere l’orsa Kj1, che a metà luglio aveva ferito un turista francese che passeggiava nel bosco. Una decisione stigmatizzata da varie sigle ambientaliste e per la tutela degli animali. La sua opinione, al riguardo?

«Cominciamo col dire che quello che è successo non va considerato come una vendetta o un atto di ritorsione, ma come una attività gestionale che era prevista da tutti i protocolli fin dall’inizio del progetto di reintroduzione degli orsi in Trentino.  Ovunque nel mondo sono previste una serie di attività tra cui, purtroppo, c’è anche l’extrema ratio del prelievo dalla vita libera e l’abbattimento degli individui più problematici. Chiaramente, per evitare al massimo di arrivare a simili episodi, devono essere messe in atto una serie di attività e adottate una serie di regole sia per quanto riguarda gli uomini che per quel che riguarda gli orsi».

E quali sarebbero queste regole?

«Per gli uomini, banalmente, sapersi comportare in maniera corretta quando si recano nel bosco. Azioni semplici ma efficaci, come fare rumore per annunciare la propria presenza, tenere i cani al guinzaglio, conservare i cibi in maniera corretta e, se ci sono, utilizzare per i rifiuti gli appositi cassonetti anti-orso».

Non sappiamo se il turista francese abbia avuto simili comportamenti ma sappiamo che l’orsa lo ha aggredito: meritava una simile fine?

«Era una mamma che ha sentito messo in pericolo il destino dei propri cuccioli, e che ha reagito seguendo il proprio istinto. Però che un’orsa reagisca aggredendo una persona è qualcosa che non può essere tollerato e che non si può rischiare che si ripeta, perché l’incolumità umana viene prima di tutto. Bisogna però andare a monte di tutto questo. C’è tutta una serie di iniziative che devono essere messe in campo dalle amministrazioni pubbliche per evitare simili incidenti e per non arrivare all’extrema ratio dell’abbattimento. E, da questo punto di vista, va detto che la gestione provinciale dell’ultima quindicina d’anni non è stata all’altezza del progetto, non si è agito con sufficiente efficacia sugli aspetti legati alla gestione dell’orso».

In base alle sue competenze di zoologo, in cosa è stata deficitaria la Provincia di Trento?

«In primis, non ha creato un territorio idoneo a ospitare gli orsi. Quando dicevo prima dei cassonetti anti-orso per l’immondizia: la Provincia di Trento ha cominciato a installarli soltanto da qualche anno. Io abito ai piedi delle Dolomiti del Brenta e non li abbiamo ancora. E sono passati 25 anni dall’avvio del progetto di reintroduzione. Inoltre, fino a qualche anno fa, fino alla tragedia dell’anno scorso che ha portato l’uccisione di Andrea Papi da parte dell’orsa JJ4, gli esemplari problematici non venivano prelevati con tempestività, né venivano dissuasi non con sufficiente fermezza».

Quali sono le misure di dissuasione?

«Ce ne sono diverse, che possono e devono essere messe in atto nei confronti dell’orso. A partire, banalmente, dallo spaventare i soggetti che diventano un po’ troppo confidenti e che si avvicinano ai paesi. Si procede cercando di spaventare e allontanare l’esemplare con petardi, oppure sparandogli proiettili di gomma: tutte operazioni che ovviamente vengono svolte dalla Squadra di emergenza della Forestale. Il punto è che bisogna agire con tempestività e fermezza prima dell'insorgere di comportamenti preoccupanti. L’orso soprannominato Papillon, per fare un esempio, era diventato confidente perché probabilmente non si è riusciti ad agire con efficacia per dissuaderlo dall’avvicinarsi alle malghe per rubare cibo. E poi è successo quel che è successo».

Quali altre attività bisogna mettere in campo, per evitare di dover gestire simili emergenze?

«La prevenzione e il monitoraggio anche mediante l’utilizzo del radiocollare, la ricerca scientifica e l’attività di comunicazione sui comportamenti da adottare nei confronti di turisti e, soprattutto, dei residenti. Queste sono attività che vanno messe in campo, prima di arrivare all’extrema ratio dell’abbattimento e che possono ridurre al minimo il numero di orsi cosiddetti problematici. La convivenza con l'orso è possibile se si mettono in atto queste questi grandi assi gestionali. Per farlo, è necessario investire ingenti risorse e questo, purtroppo, non è stato fatto in maniera sufficiente nell’ultima quindicina di anni in provincia di Trento».

Se si attuassero gli assi gestionali di cui parla non ci sarebbero più rischi per abitanti e turisti?

«Il rischio zero non esiste, ma può essere minimizzato tantissimo agendo sulla prevenzione».

Il ministro Pichetto Fratin dice che l’abbattimento non può essere l’unica soluzione. Che dice di questa dichiarazione?

«Dico che è vero, non è l’unica soluzione. Ma tutte le altre attività previste fin dall’avvio del progetto, nel 1999, non sono state realizzate come necessario». 

E dell’indicazione che il ministro ha dato a Ispra di studiare un piano per sterilizzare le orse più aggressive, cosa ne pensa?

«Non è ben chiaro cosa intenda dire. Si vuole procedere alla sterilizzazione per ridurre la popolazione di orsi? Oppure vogliamo sterilizzare le orse problematiche perché questo, secondo qualcuno, potrebbe ridurre la loro pericolosità? In uno come nell’altro caso, c’è da dire che nessuno al mondo sta procedendo in questo senso. Quindi si tratterebbe di una sperimentazione. Che, come tutte le sperimentazioni, non si sa come andrà a finire. Dopodiché, se vuol dire che vogliamo diminuire il numero di orsi sul territorio perché sono troppi, dal mio punto di vista di zoologo questo sarebbe un errore. Gli orsi in quel territorio sono poco più di un centinaio, mentre possiamo parlare di popolazione in buono stato di conservazione solo in presenza di qualche migliaio di individui, che garantirebbero una varietà genetica tale da poter rispondere a eventuali malattie o cambiamenti ambientali. Quindi, quando parliamo di 120, 150 orsi in Trentino, dobbiamo sapere che il numero è comunque molto esiguo dal punto di vista delle dinamiche delle popolazioni di animali selvatici».

Nel caso in cui, invece, il ministro suggerisca di sterilizzare le orse più problematiche per ridurne la pericolosità? Quale sarebbe il suo giudizio?

«Dal punto di vista della zoologia, se prelevi una femmina d’orso e la sterilizzi, è un po' come se l'avessi uccisa, perché non avrebbe più efficacia riproduttiva e quindi non potrebbe più dare alcun contributo alle dinamiche di popolazione. Aggiungo che prelevarla, portarla in ambulatorio, sterilizzarla e riportarla in natura non è facile come rilasciare una dichiarazione».

Molti criticano il presidente della Provincia di Trento Fugatti per le modalità che hanno permesso l’abbattimento di Kj1: ha firmato il decreto di notte per evitare che le associazioni ambientaliste presentassero un nuovo ricorso al Tar e sfruttato la recente applicazione del radiocollare per individuare subito e uccidere l’orsa. Anche secondo lei questo è un comportamento da condannare?

«Diciamo che il presidente Fugatti ha trovato un escamotage per poter portare a termine quello che i tecnici, Ispra inclusa, avevano consigliato di fare. Il problema, purtroppo, è che nella provincia di Trento non c’è stata una gestione sempre corretta e questo ha portato prima a dei circoli viziosi, e ora a una vera e propria guerra, con due schieramenti contrapposti che strumentalizzano gli orsi, che giocano sulla pelle degli orsi per fini politici».

Alcune sigle ambientaliste dicono che Kj1 sarebbe potuta essere prelevata e trasferita in un rifugio, come ad esempio “Millions of friends” in Romania. Soluzione fattibile, a suo giudizio?

«Un orso nato libero e vissuto sempre in libertà non puoi metterlo in un recinto, per quanto grande sia lo spazio dentro cui lo rinchiudi. Ogni tanto leggo di qualche parco in cui un centinaio di orsi vivono in armonia. Ma questo è impossibile perché l’orso è un animale solitario, il suo istinto lo porta a cercare cibo in posti sempre più lontani, a spostarsi in nuove zone a seconda dei mesi dell’anno e a evitare conspecifici. E allora un centinaio di orsi vivono ‘in armonia’ in uno spazio delimitato da recinzioni solo se sono o drogati o non abituati a vivere in natura. E poi, statisticamente, ogni anno ci sono due o tre animali problematici: dove lo troviamo uno spazio dove ospitarli tutti nel corso degli anni? Senza contare che una simile ipotesi richiederebbe ingenti risorse, che invece sarebbe meglio investire per finanziare i tre assi di intervento che dicevo all’inizio: gestione (inclusa la prevenzione), ricerca scientifica, comunicazione».

E dell’ipotesi di rendere libera la vendita di spray anti-orso, come negli Stati Uniti, che ne pensa?

«Lo spray è certamente più efficace di una pallottola, perché irrita le mucose dell’orso e lo immobilizza temporaneamente. In Italia è vietato perché potrebbe essere usato come arma. È giusto che a utilizzarlo, in deroga alle norme vigenti, siano i Forestali e le Squadre di emergenza, ma non si può pensare che questa possa essere la soluzione alla convivenza tra uomo e orso». 

Un’ultima domanda: in base alle sue conoscenze scientifiche, i tre cuccioli di Kj1 riusciranno a sopravvivere da soli?

«Sono già svezzati, mangiano cibo solido e non latte materno dal mese di aprile o maggio, quindi in teoria sono in grado di procurarsi gli alimenti da soli e sopravvivere. Dopodiché, i cuccioli d’orso più tempo passano con la mamma e più imparano a muoversi in natura, a capire in quale territorio trovare da mangiare in base alla stagione corrente, ad affrontare i pericoli o a difendersi di fronte a un orso adulto. Saranno in grado? Questo, davvero, non lo possiamo sapere».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.