La Banda Green. L’evoluzione tecnologica e le connessioni al servizio dell’ambiente, della biodiversità e per la protezione dai rischi: parla Michelangelo Suigo, direttore Inwit
La nuova generazione di infrastrutture wireless può essere un potente acceleratore green per evitare l’abbandono dell’Italia interna e per la sicurezza in un Paese sul podio del ranking mondiale della mortalità e dei danni da eventi naturali e meteo-climatici? Parliamo dell’Italia da connettere con Michelangelo Suigo, direttore External Relations & Communication di Inwit, Infrastrutture wireless italiane, il nostro principale tower operator.
Intervista
Quali sono le principali innovazioni in Italia e quale è la vostra strategia?
«Inwit è il principale operatore di infrastrutture digitali e condivise, a supporto degli operatori di telecomunicazioni mobili. I nostri asset, costituiti da oltre 24.000 torri e circa 500 coperture di miniantenne distribuite Das - Distributed antenna system - per location indoor, abilitano i servizi degli operatori mobili e rappresentano un ecosistema anche al servizio del territorio. Siamo al centro dell’ecosistema digitale grazie a due caratteristiche. La prima: le nostre sono infrastrutture condivise e digitali, cioè pronte ad ospitare gli operatori mobili e anche altri servizi, come i sensori IoT. La seconda: sono infrastrutture distribuite sul territorio, molto vicine ai territori e all'utente finale. La capillarità ci permette di abilitare più servizi: 4G, 5G, Fwa degli operatori di tlc, apparati IoT e gateway delle utilities, apparati della Pa e altro ancora. Questo ci ha portato ad avere un modello “intrinsecamente sostenibile” perché abilita, attraverso la condivisione dei nostri asset, uno sviluppo più efficiente e coniuga efficienza industriale, economica, sociale e ambientale con minore utilizzo di risorse naturali, con minor utilizzo del terreno, e conseguentemente con minore produzione di CO2».
Quanto territorio riuscite a coprire?
«Oggi abbiamo oltre 24.000 torri e circa 500 coperture di microantenne distribuite Das per location indoor, tra cui figurano più di 100 ospedali, 10 università, musei, ma anche metropolitane come la M4 Milano, poli fieristici come Fiera di Milano e oltre a 1.000 km di tunnel stradali e autostradali coperti con nostri apparati. Nell’arco del Piano industriale al 2026 abbiamo un piano di investimenti di 800 milioni: questo significa aggiungere circa 2mila macro-siti e circa 500 ulteriori coperture indoor con il sistema Das a quelle già attive».
Il sistema delle connessioni è oggi centrale per tutto e per lo sviluppo economico generale del Paese. Sappiamo però che in Italia ci sono ancora tante aree, sia montane che interne, con scarsa o senza connessione e in abbandono con problemi enormi di manutenzione dei reticoli idraulici e tutela ambientale e dai rischi naturali. E che c’è un Piano nazionale per superare questo “gap”. Qual è la strategia di Inwit?
«Le nostre infrastrutture consentono di portare servizi più integrati, digitali e condivisi ai territori e alle comunità. È molto importante, per la costruzione di un Paese moderno, che si comprenda appieno il valore delle infrastrutture digitali, troppo spesso ancora pensate come un ostacolo. Si tratta di superare la cultura del “Nimby - Not in my backyard” perché le infrastrutture digitali sono fonti di sviluppo economico, sociale e tecnologico e vanno sfruttate al meglio per avere una migliore qualità della vita e dei nostri ambienti. Da un recente sondaggio, che l’Istituto Piepoli ha realizzato per Inwit, è emerso che la percezione del valore delle infrastrutture digitali sta cambiando. La quasi totalità degli italiani - 94%, in crescita rispetto al 91% del 2023 - è consapevole del valore che le infrastrutture digitali creano in territori e per le collettività in cui sono presenti».
Fatta questa premessa, ci sono però zone non connesse, stupendi borghi, piccoli comuni scrigni di tesori e di socialità tagliati fuori e dove è difficile operare, lavorare, migliorare, fare prevenzione, controllare e tutelare ambienti meravigliosi senza linea…
«Diciamo che le zone in digital divide sono quelle a fallimento di mercato, ovvero nelle quali gli operatori hanno dichiarato in consultazione pubblica di non poter intervenire senza aiuti statali. Il Governo è intervenuto con il Pnrr e, attraverso il bando “5G - densificazione” del Pnrr, che ci siamo aggiudicati in Rti con Tim e Vodafone, e stiamo portando le nostre infrastrutture digitali equipaggiate con la connettività di rete mobile 5G in 1.385 “aree bianche” entro giugno 2026.
L’Italia conta 5.520 comuni sotto 5.000 abitanti, il 69% del totale. Si tratta spesso di borghi e realtà senza adeguata copertura mobile. Come Inwit contiamo molto sulla collaborazione con gli enti locali per poter sviluppare il progetto velocemente e in modo efficace per tutte le parti coinvolte. Per dare un’idea di cosa stiamo facendo, proprio per agevolare la realizzazione di connessioni ad alta velocità di ultima generazione abbiamo siglato un protocollo d’intesa con il Dipartimento per la trasformazione digitale, l’Anci), Infratel Italia e gli operatori. Abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa anche con l’Unione nazionale comunità enti montani per il superamento del digital divide nelle zone montuose. Il messaggio fondamentale che portiamo avanti è che la torre è un’infrastruttura digitale e condivisa “alleata dei territori”, in grado di abilitare servizi di telecomunicazione avanzati. Citando sempre il sondaggio, il 45% degli italiani indica proprio la “riduzione del digital divide” tra i principali vantaggi che conseguirebbero dallo sviluppo delle infrastrutture digitali, attraverso la diffusione capillare delle connessioni, mentre il 40% ritiene che queste infrastrutture “contribuiscano a una società più innovativa e connessa”. I benefici sono percepiti soprattutto da chi vive in frazioni comunali (50%) o in zone isolate o rurali (49%), ma ne è consapevole anche chi abita in un comune di grandi dimensioni (48%)».
Il sistema delle antenne distribuite nel territorio nazionale in tutte le tipologie di area, sia urbane che rurali e montane, è una infrastruttura che potrebbe essere utilizzata per la raccolta di informazioni localizzate su fenomeni meteorologici, inquinamento dell’aria e altre variabili ambientali rilevanti. Ci sono esempi di utilizzo in tal senso e ci sono programmi per questi utilizzi della vostra rete di torri?
«Ci sono. Le nostre infrastrutture sono particolarmente adatte al monitoraggio dei territori e dei parametri ambientali, grazie soprattutto alla loro diffusione capillare. L’altezza delle torri permette di monitorare i parametri atmosferici senza l’interferenza dei ‘rumori di fondo’ che si potrebbero avere nei pressi delle superfici. Nel caso di torri di tipologia raw-land, (posizionate su terreni), la loro collocazione in zone relativamente isolate permette di ricevere dati da aree altrimenti isolate e fuori controllo. Come accennavo prima, Inwit sta evolvendo da Tower company a Digital infrastructure company al servizio di clienti e territorio, in linea con uno dei principali modelli di economia circolare. Offriamo a tutti l’accesso alle nostre infrastrutture con servizi sempre più integrati, a partire da una concezione della torre come centro tecnologico a supporto degli operatori di telecomunicazione e a beneficio della collettività e dell’ambiente, ad esempio per la tutela della biodiversità. È un modello di business sostenibile che ci permette di implementare, ad esempio, misure e strumentazioni finalizzate al monitoraggio e alla tutela della biodiversità».
È in questa direzione che vanno i vostri accordi con Wwf e Legambiente?
«Certo! È proprio questa la direzione. Il progetto con Wwf Italia consiste nell’installazione di videocamere smart e tecnologia avanzata sulle nostre torri in tre aree protette boschive gestite dal Wwf, nello specifico Macchiagrande a Roma, Bosco di Vanzago a Milano, Calanchi di Atri a Teramo, ad esempio per rilevare tempestivamente la presenza di roghi, tutelando in questo modo la biodiversità presente in queste aree e prevenendo gli incendi boschivi. L’accordo con Legambiente - per il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, il Parco nazionale della Maiella, la Riserva naturale Zompo lo Schioppo e la Riserva naturale Monte Genzana Alto Gizio - ha invece come priorità il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico. Queste collaborazioni consistono nell’utilizzo delle nostre torri per misurare e monitorare, attraverso sensoristica IoT e gateway, parametri ambientali relativi alla qualità dell'aria a tutela della biodiversità, tra cui anidride carbonica, biossido di azoto e polveri sottili. Le torri, quindi, diventano hub di servizi digitali e innovativi e, in alcuni casi, anche veri e propri nidi per volatili. È il caso del comune di Inverno e Monteleone, in provincia di Pavia, dove una coppia di cicogne nidificava in cima ad una gru che doveva essere dismessa. Con l’adeguamento di una nostra torre adiacente alla gru, e la costruzione di un rialzo per ospitare il nido delle cicogne ed evitare in questo modo lo ‘sfratto’, abbiamo raccolto l’appello del sindaco e siamo riusciti a far sì che i volatili tornassero a nidificare in quel territorio, questa volta sulla nostra torre».
In Italia la collocazione di antenne per il rafforzamento delle connessioni appare ancora a volte problematica, specie nelle aree a più densa urbanizzazione. Si temono possibili effetti negativi della carica elettromagnetica sulla salute della popolazione. Dall’altra parte, imprese come la vostra sottolineano invece un eccesso di limitazioni, molto al di sopra dei limiti richiesti dalle direttive dell’Oms, che creano difficoltà alla costruzione di infrastrutturazioni adeguate a sostenere il livello di connessione. Cosa ne pensi?
«È evidente un dato: le nostre sono infrastrutture ‘passive’. Di per sé quindi non generano emissioni. Detto questo, va ricordato che i limiti all’emissione elettromagnetica definiti dalla comunità scientifica internazionale (Linee guida Icnirp - International commission on non-ionizingradiation protection), a cui si è attenuta anche la Raccomandazione europea del ’99, assicurano che dosaggi e durate d’esposizione siano sicuri per la salute umana. L’Organizzazione mondiale della sanità, l’Istituto superiore di sanità sono concordi nel ritenere che non vi sia evidenza dei rischi per la salute umana con i limiti attuali raccomandati da Icnirp e dalla Unione europea all’esposizione ai campi elettromagnetici derivanti dalle alte frequenze, e che quindi non ci siano le basi per una revisione dei limiti internazionali di esposizione per la popolazione. Ovviamente riteniamo che sia comunque importante continuare a creare momenti di confronto e di informazione, proprio per fugare ogni tentativo di disinformazione con fake news, e per questo il nostro impegno va avanti con tanti appuntamenti con tutti gli stakeholder, con i nostri format Tour for 5G, Inwit Incontra e Facciamo Rete. Disponibilissimi ad ogni confronto tecnico e scientifico».