Esportazioni letali
Nel 2020, la Commissione europea si era impegnata ad affrontare una delle pratiche commerciali più immorali nell’Ue: l’esportazione di pesticidi vietati verso Paesi terzi, sono così pericolose che il loro utilizzo all'interno dell'UE è proibito. Nonostante l’impegno preso, la Commissione europea non ha avanzato alcuna proposta concreta e l’Ue continua a esportare grandi quantità di queste sostanze pericolose verso paesi di tutto il mondo, con particolare attenzione ogni anno veleni proibiti in Sud America enel resto del Sud del mondo.
Corporate Europe Observatory (CEO) ha pubblicato su questo tema il nuovo rapporto “Deadly Exports“ e, presentandolo, João Camargo, ricercatore e campaigner CEO, ha denunciato che «il commercio tossico di prodotti chimici vietati è difficile da paragonare nella sua iniquità. Imprese dell'Ue come Bayer, BASF e altre distribuiscono prodotti che sono già stati vietati qui perché mettono attivamente in pericolo la salute delle persone, contaminano l'acqua, il suolo e distruggono la biodiversità. Eppure continuano a sfruttare le scappatoie e i regimi di libero scambio per inviare questi prodotti mortali altrove, dove hanno lo stesso impatto o un impatto peggiore sulle comunità e sull’ambiente».
Lo studio esamina le argomentazioni dell’industria dei pesticidi contro il divieto di esportazione dell’Ue ed evidenzia 6 argomenti chiave comunemente utilizzati dai lobbisti e dall’industria:
1 Impatti economici: nonostante le affermazioni dell’industria relative a perdite economiche significative e tagli di posti di lavoro derivanti dal divieto di esportazione, gli studi rivelano che l’impatto reale su posti di lavoro e profitti sarebbe minimo. I pesticidi vietati rappresentano solo una frazione delle esportazioni totali, quindi le preoccupazioni di politici e lobbysti sarebbero esagerate.
2 Outsourcing: mentre l’industria sostiene che vietare le esportazioni trasferirà semplicemente la produzione in altri Paesi, in realtà l’outsourcing è una decisione strategica presa dalle multinazionali e non la conseguenza inevitabile di un divieto.
3 Agricoltura del Sud del mondo: contrariamente a quanto affermato dall’industria, non ci sono prove che i divieti di esportazione di pesticidi danneggino i produttori agricoli dei Paesi terzi. In realtà, un modello di agricoltura con un utilizzo minimo o nullo di pesticidi non solo è possibile ma auspicabile a breve termine. L’idea che i pesticidi siano indispensabili per produrre cibo a sufficienza è un falso argomento utilizzato dall’industria dei pesticidi in tutto il mondo.
4 Conformità alle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO): nonostante le preoccupazioni sulla compatibilità con le norme della WTO, i pareri legali indicano che un divieto di esportazione potrebbe allinearsi alle norme della WTO, in particolare nell’ambito delle eccezioni relative alla salute pubblica e agli obiettivi di conservazione della natura.
5 Approccio globale contro Unione europea: L’industria sostiene un approccio globale attraverso, ad esempio, la riforma della Convenzione di Rotterdam. Tuttavia, l’inefficacia della convenzione e l’influenza dell’industria minano la fattibilità di questo suggerimento e rappresentano soprattutto una distrazione dalla nuova regolamentazione dell’Ue.
6 Rischi di contraffazione: gli allarmi dell’industria sull’aumento dell’uso illegale di pesticidi dopo il divieto trascurano le questioni esistenti relative all’uso illegale di pesticidi e alla contraffazione all’interno dell’Ue. I sostenitori del divieto sottolineano invece la necessità di misure normative globali per affrontare queste preoccupazioni in modo efficace.
Hans Van Scharen, ricercatore e campaigner CEO, conclude: «Finché queste companies e i loro lobbisti avranno un accesso privilegiato ai governi e alle istituzioni dell’Ue, continueranno a spingere i loro profitti al di sopra della salute e deulla conservazione della biodiversità. Le loro argomentazioni sono ridicole, ma la presa in ostaggio da parte delle multinazionali del processo decisionale dell’Ue mantiene la complicità dell’Europa con questo commercio mortale. Abbiamo bisogno di una politica tosic-free per iniziare a riparare il danno arrecato in tutto il mondo».