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Attrezzi da pesca fantasma in aree marine protette, la metà deriva da attività di pesca ricreativa
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Negli ultimi anni, il fenomeno degli attrezzi da pesca abbandonati, conosciuti come “ghost gear”, ha sollevato preoccupazioni sempre più forti tra ambientalisti e ricercatori. Questo tipo di inquinamento, che comprende reti, lenze, cime e altri strumenti da pesca lasciati in mare, rappresenta una minaccia crescente per la fauna e gli ecosistemi marini, in particolare nelle aree marine protette italiane.
Un’operazione di mappatura e pulizia condotta dal Wwf Italia nell’arco di tre anni ha rivelato dati allarmanti; grazie ai progetti “EcoeFISHent” e “Ghost Gear”, il WWF, in collaborazione con esperti subacquei e il supporto di alcune aree marine protette, ha scoperto che la metà degli attrezzi da pesca ritrovati sui fondali delle aree marine protette italiane e nelle zone limitrofe è costituito da lenze derivanti da attività di pesca ricreativa. Un fenomeno che, sebbene studiato su un campione limitato di fondali, ha portato alla luce oltre 200 attrezzi abbandonati, in un totale di 15 giornate di mappatura lungo le coste italiane. I dati verranno presentati al pubblico durante l'Eudi (European dive show) alla Fiera di Bologna.
Questi “attrezzi fantasma” sono responsabili di gravi danni all'ambiente marino, in particolare alla fauna e agli habitat fragili come le gorgonie e la posidonia, specie che svolgono ruoli ecologici cruciali. Le reti e le lenze abbandonate possono intrappolare e soffocare gli animali marini, causando la morte di pesci, coralli e altre specie. Le gorgonie, che impiegano decenni per crescere, sono particolarmente vulnerabili alle lenze da pesca, che le attorcigliano e le danneggiano. La loro scomparsa potrebbe compromettere un intero ecosistema marino, poiché queste specie forniscono rifugio e habitat a numerose altre specie, molte delle quali di interesse commerciale.
Nel 2024, una mappatura effettuata nell'Area Marina Protetta di Portofino ha messo in evidenza la gravità del problema. Su una porzione di costa di soli 350 metri lineari (circa il 2% della zona protetta), sono stati trovati 91 attrezzi da pesca abbandonati, a una profondità media di 40 metri. Il loro impatto è stato devastante: oltre 950 organismi marini sono stati trovati coinvolti dai 91 attrezzi rinvenuti. «Si stima che in 7 km di costa si trovino oltre 1.800 attrezzi abbandonati che coinvolgono oltre 18.000 organismi», dichiara Bruno Borelli, capofila del Reef Alert Network.
Questi dati, purtroppo, non rappresentano un caso isolato, ma un problema che richiede interventi urgenti e costanti. Le attività di pulizia richiedono ingenti risorse di denaro, personale e tempo, senza contare il rischio di questo tipo di operazioni, ma sono costantemente vanificate dalla continua dispersione di nuovi attrezzi.
L’Area Marina Protetta di Portofino, come molte altre, permette e regola la pesca ricreativa. Tuttavia, è fondamentale che venga promossa una maggiore consapevolezza e responsabilità tra i pescatori, per ridurre il rischio che gli attrezzi vengano abbandonati o persi accidentalmente.
«La perdita di attrezzi non è un evento trascurabile, bensì una somma di gesti che porta a danni irreversibili – sottolinea Lorenzo Merotto, uno dei responsabili dell'Amp di Portofino – Nelle prossime settimane organizzeremo degli incontri di formazione per i pescatori ricreativi e svilupperemo una piattaforma online per aumentare la consapevolezza sugli impatti di questa attività».
Oltre ai danni fisici che gli attrezzi da pesca causano agli animali marini, vi è un impatto molto più ampio: l’inquinamento da plastica. Le lenze da pesca, spesso realizzate in nylon, possono impiegare fino a 600 anni per degradarsi, durante i quali si frammentano progressivamente in pezzi sempre più piccoli, dando origine a micro e nanoplastiche. Queste particelle finiscono nelle acque e vengono ingerite dalla fauna marina, entrando così nella rete alimentare. Le microplastiche, ormai presenti anche nel corpo umano, sono state trovate nelle arterie, nei polmoni, nel sangue e perfino nel cervello.
Secondo alcune stime, gli attrezzi da pesca abbandonati rappresentano almeno il 10% dei rifiuti marini, pari a circa 500.000 - 1 milione di tonnellate di attrezzature disperse ogni anno negli oceani.
Il caso degli attrezzi da pesca fantasma ci ricorda l'importanza di una gestione responsabile delle risorse marine e di una maggiore consapevolezza collettiva. È fondamentale sensibilizzare tutti i soggetti coinvolti, dai pescatori professionisti ai semplici appassionati, affinché tutti contribuiscano alla salvaguardia dei nostri mari.
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