Mancate bonifiche? Nei 42 Sin restano ricoveri, tumori e morti in eccesso rispetto al resto d’Italia
I Siti contaminati di Interesse Nazionale (SIN) ai fini della bonifica sono aree del nostro Paese caratterizzate da una condizione di inquinamento delle matrici ambientali che rappresenta un rischio sanitario ed ecologico tale da determinare la necessità di interventi di risanamento.
I principi e criteri per la loro individuazione sono stati definiti con l’art. 252 del D. Lgs. 152/2006 (Testo Unico dell’Ambiente), successivamente modificato dall’art. 36-bis della Legge 134/2012: dagli iniziali 57 siti classificati, il numero dei SIN si è quindi ridotto a 39, per attestarsi ad oggi a 42. La tipologia e la modalità di utilizzo delle risorse naturali, la presenza e la tipologia di inquinanti, il grado di contaminazione ambientale, il degrado paesaggistico hanno determinato nel tempo in questi territori una compromissione della qualità dell’ambiente ed effetti avversi nella salute delle popolazioni residenti.
A partire dal 2007, è stato sviluppato lo studio SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sulla base di un finanziamento della Ricerca Finalizzata 2006, ex art. 12 del D.Lgs. 502/1992, con l’obiettivo di impostare un sistema di sorveglianza sullo stato di salute della popolazione residente nei SIN: uno degli elementi di forza dello studio è la procedura di valutazione dell’evidenza epidemiologica dell’associazione tra 63 cause di morte e le fonti di esposizioni ambientali presenti [Pirastu et al, 2010], sulla base delle quale formulare - a priori - ipotesi eziologiche utili per l’interpretazione di eccessi di mortalità per causa in aree circoscritte altamente inquinate e supportare l’individuazione delle priorità di intervento.
Negli anni, SENTIERI si è arricchito con analisi sui ricoveri ospedalieri e sull’incidenza dei tumori [Pirastu R et al, 2014] e ha condotto, attraverso collaborazioni multicentriche, approfondimenti sulla salute infantile [Iavarone I et al, 2013 - SENTIERI-Kids], sul mesotelioma pleurico [Zona A. et al, 2016 - SENTIERI-ReNaM], sulle malformazioni congenite [SENTIERI-RISCRIPRO, Santoro M et al, 2017], proseguendo l’attività di sorveglianza epidemiologica.
Nel 2023 è stato pubblicato il sesto Rapporto dello Studio [Zona A et al, 2023], che comprende un aggiornamento della valutazione delle evidenze scientifiche ma anche diversi approfondimenti di metodo e di analisi, tra cui la restituzione delle stime globali di mortalità e ospedalizzazione nei SIN inclusi nel progetto. Queste ultime hanno consentito di stimare che, tra il 2013 e il 2017, nel totale dei 46 siti nazionali monitorati dalla sorveglianza epidemiologica SENTIERI, si è verificato un eccesso di 1.668 decessi l’anno.
La percentuale dei decessi in eccesso rispetto al totale è pressoché costante nel tempo, passando dal 2,7% nel 2006-2013 [Quinto Rapporto Sentieri] al 2,6% nel periodo più recente. Anche i ricoveri hanno mostrato un eccesso, pari al 3%, in entrambi i sessi. I tumori maligni contribuiscono per oltre la metà (56%) degli eccessi osservati. In particolare, la mortalità per mesoteliomi totali risulta in eccesso di tre volte nei siti con presenza di amianto e quella per mesoteliomi pleurici di più di due volte nell’insieme dei siti con amianto e aree portuali. Il tumore del polmone è in eccesso del 6% tra gli uomini e del 7% tra le donne. Inoltre, sono in eccesso la mortalità per tumore del colon retto nei siti caratterizzati dalla presenza di impianti chimici, del 4% tra gli uomini e del 3% tra le donne, e del 6% per il tumore della vescica negli uomini residenti nei siti con discariche.
Uno degli aspetti centrali affrontati da SENTIERI è il tema delle diseguaglianze sociali che caratterizzano molti dei siti contaminati: nell’ultimo rapporto viene illustrato il contributo del sistema di sorveglianza alla promozione della giustizia ambientale. Parallelamente, numerose sono state le esperienze di analisi e documentazione a livello locale degli effetti sanitari associati all’esposizione agli inquinanti presenti nelle aree contaminate, e strategie di intervento sono state messe in atto in alcuni territori (tra gli altri: il Piano SARA promosso dalla Regione Sicilia, il Centro Salute Ambiente di Taranto, nella Regione Puglia, il Piano di Sorveglianza dell’esposizione a PFAS nella Regione Veneto, il Programma di Sorveglianza sanitaria ed epidemiologica della popolazione residente in prossimità del fiume Sacco nella Regione Lazio), richiamando la centralità dell’integrazione delle competenze ambiente e salute e di un approccio operativamente intersettoriale, in grado di definire azioni di risanamento, di prevenzione primaria e secondaria, ma anche di presa in carico delle criticità nel profilo di salute delle popolazioni residenti nei SIN.
A livello complessivo, se, da un lato, è certamente vero che è possibile riscontrare alcune caratteristiche comuni (contaminazioni multiple e diffuse di diverse matrici ambientali, prossimità delle fonti di pressione ambientali ad aree urbane, ingiustizia distributiva e condizioni di svantaggio socio-economico delle popolazioni esposte), d’altro canto l’estrema eterogeneità dei SIN (in termini di estensione, di insediamenti produttivi, di inquinanti e matrici interessate, di esposizione, di esiti sanitari, ma anche di livello di approfondimento e studio) ha reso complesso il disegno di interventi nazionali di promozione della qualità ambientale e della salute delle persone, che affiancassero i procedimenti di bonifica. Nel 2022, con il Programma E.1 Salute, Ambiente, Biodiversità e Clima del Piano Nazionale Complementare (PNC) al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), è stato reso disponibile un corposo ed inedito investimento, pari a 500 milioni di Euro, per fare fronte ai rischi storici ed emergenti sulla salute delle contaminazioni ambientali e dei cambiamenti climatici, anche attraverso l’istituzione del Sistema Nazionale Prevenzione Salute dai rischi ambientali e climatici (SNPS), in linea con l’approccio “One health” e “Planetary health”.
Il Programma prevede 5 linee di investimento, i cui soggetti attuatori sono il Ministero della Salute e l’ISS: con la linea 1.2, oltre 49 milioni di euro sono stati destinati all’implementazione di due modelli di intervento nei siti contaminati, complementari tra loro:
- Messa a punto e valutazione di efficacia di interventi di prevenzione primaria e secondaria per ridurre l’impatto sanitario delle patologie attribuibili all’ambiente e le diseguaglianze sociali;
- Valutazione dell’esposizione di popolazione agli inquinanti organici persistenti, metalli e PFAS ed effetti sanitari specie nelle popolazioni più suscettibili.
Il primo modello di intervento si applica in aree o per contaminazioni in cui è maggiormente documentata la relazione tra esposizione ed effetti sanitari; il secondo modello di intervento riguarda ambiti in cui prevale l’esigenza di sviluppare conoscenze sui livelli di esposizione della popolazione a contaminanti ambientali e sulla relazione concentrazione-risposta. Per la predisposizione delle proposte di lavoro è stata introdotta una progettazione partecipata tra aggregazioni di regioni e il Ministero della Salute, con il supporto degli enti di competenza centrale. I criteri a cui il Bando ha chiesto di conformarsi sono: integrazione operativa e articolazione a blocchi secondo la logica ambiente e salute (monitoraggi ambientali, valutazione dell’esposizione, sorveglianza epidemiologica, sorveglianza sanitaria), condivisione con le popolazioni locali, aumento delle conoscenze scientifiche, riduzione delle diseguaglianze sociali, sostenibilità temporale e trasferibilità dei metodi e delle prassi.
Al termine del percorso di costruzione dei progetti, conclusosi nel mese di ottobre 2023, il Ministero ha preso atto delle proposte formulate dalle due cordate formatesi: al primo modello, coordinato dalla Regione Puglia, hanno aderito 14 Regioni (6 del Nord, 3 del Centro, 5 del Sud) con 22 siti contaminati; al secondo modello, di cui è capofila la Regione Veneto, partecipano 8 Regioni (2 del Nord, 4 del Centro, 3 del Sud), con 13 siti contaminati (Tabella 14). Le Regioni capofila, insieme al Ministero della Salute, garantiscono il raccordo tra le due iniziative, in particolare negli ambiti di maggiore convergenza (indagini epidemiologiche e valutazione del rischio di scenari di esposizione).
Più in generale, attraverso la prosecuzione dell’esperienza del progetto CCM Rete Italiana Ambiente e Salute (RIAS) come Azione Centrale del Piano Nazionale di Prevenzione (PNP) 2020-2025, guidata dal Dipartimento di Epidemiologia del SSR Lazio – ASL Roma 1, il Ministero della Salute ha inteso garantire da un lato la continuità tra il Programma PNC e il Macro-Obiettivo 9 Ambiente-Salute-Clima del PNP, dall’altro uno spazio di coordinamento e integrazione tra la linea di investimento dedicata ai SIN e le 14 linee progettuali finanziate con la linea di investimento 1.4, per evitare ridondanze e aumentare l’efficacia e l’efficienza delle azioni messe in campo a livello nazionale e regionale.
I due programmi SIN si sono dovuti confrontare con la complessità specifica di offrire risposte condivise a realtà molto diverse tra loro, attraverso la sperimentazione di un complesso di azioni che dovrà informare un modello di governo e intervento valido a livello nazionale, e con la sfida di spostare il focus verso la messa in atto e la valutazione di efficacia e trasferibilità di interventi.
Il primo modello di intervento, denominato SINTESI (SIN-Territorio/Equità/Sorveglianza/Intervento) ha l’obiettivo generale di costituire un sistema di sorveglianza permanente ambiente e salute in siti contaminati in cui gli elementi di conoscenza disponibili, sia sul piano ambientale che epidemiologico, consentano di strutturare interventi mirati per la prevenzione primaria e secondaria di effetti avversi per la salute associati alle contaminazioni, in una prospettiva di contrasto alle diseguaglianze. Il progetto è articolato in 9 Obiettivi Specifici, a loro volta suddivisi in sotto-obiettivi, che generano un totale di 28 Azioni trasversali che vanno dalla ricognizione dei dati fino alla valutazione di efficacia e trasferibilità, passando dal consolidamento degli strumenti di sorveglianza epidemiologica, alla realizzazione di studi di epidemiologia analitica, alla messa a punti di metodi per la valutazione delle diseguaglianze in termini di esposizione, vulnerabilità e accesso ai servizi sanitari. Il programma mira a rendere disponibili gli stati di avanzamento del progetto e le conoscenze maturate in un portale web, che sarà parte della strategia di condivisione con le comunità locali. Gli interventi vengono declinati secondo due direttrici: da un lato, la messa a punto di strumenti e metodi per accompagnare il disegno delle strategie di risanamento e rilancio dei territori con valutazioni di impatto sanitarie e ambientali; dall’altro il potenziamento delle azioni di prevenzione e di promozione della salute (individuale e collettiva) e lo sviluppo e il consolidamento di percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali mirati sui bisogni di salute specifici delle popolazioni residenti nei SIN, considerando alcuni focus come la salute infantile, la salute respiratoria e la sorveglianza degli ex esposti ad amianto.
Il secondo modello (IN-SINERGIA) ha l’obiettivo generale di definire e implementare un approccio comune su tutto il territorio nazionale per la valutazione dell’esposizione della popolazione agli inquinanti organici persistenti, ai metalli e ai PFAS presenti nei Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche, nonché per l’analisi del rischio per la salute umana derivante da tale esposizione. Un elemento qualificante del progetto sarà la creazione di un network interregionale di strutture e competenze per l’effettuazione di studi di biomonitoraggio umano. Per lo svolgimento delle azioni programmate, le Regioni partecipanti hanno affidato alle articolazioni regionali SNPS/SNPA le azioni, coinvolgendo agenzie, aziende sanitarie locali, centri di ricerca e università. Un aspetto particolarmente sfidante riguarda il disegno dell’integrazione stabile tra il mondo della sanità pubblica e della tutela ambientale con i livelli dell’assistenza primaria, territoriale e specialistica e quindi della produzione e del trasferimento delle conoscenze all’intervento ambientale e sanitario, con l’epidemiologia (descrittiva e analitica, ambientale e valutativa) a fare da tessuto connettivo tra le varie articolazioni, promuovendo la produzione e lo scambio di conoscenze che consente un’interconnessione funzionale, ed eventuali adeguamenti in corsa delle azioni programmate, basata sulle evidenze ma anche sul coinvolgimento delle comunità locali.
I siti contaminati, con la loro domanda di ricerca e di salute specifica, possono rappresentare il contesto in cui prioritariamente concentrarsi per rendere l’approccio One Health nel SSN operativamente esigibile e orientato in una prospettiva di equità, e sostenibilità ambientale e climatica. Si tratta di un programma di lavoro ambizioso, che deve fare i conti con tempi di esecuzione limitati (il termine è fissato al 31.12.2026) e con una carenza strutturale di personale nei Dipartimenti di Prevenzione, ma che può contare sulle competenze maturate negli ultimi anni e sulle risorse a disposizione anche sul fronte della formazione e dell’aggiornamento.
La sostenibilità temporale e la trasferibilità degli interventi potranno essere garantita solo in presenza di un forte commitment istituzionale in ogni fase del processo e del massimo coinvolgimento delle articolazioni del SNPS/SNPA, dei centri di ricerca e delle università, affinché lo sforzo di implementazione di un nuovo approccio al governo delle relazioni tra ambiente-salute-clima non si esaurisca al temine delle sperimentazioni.
a cura di Lucia Bisceglia e Fabio Barbone – I numeri del cancro in Italia 2024