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In Italia muoiono ancora 1.545 persone l’anno a causa del mesotelioma da amianto

Martuzzi (Istituto superiore sanità): «Le morti e le malattie per amianto destano un grande senso di ingiustizia sociale che richiama tutti alla necessità di intervenire»
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

A distanza di oltre 30 anni dalla legge 257/1992 che ne ha vietato l’utilizzo, l’amianto in Italia continua a mietere vittime: le ultime stime fornite dall’Osservatorio nazionale amianto (Ona) parlano di circa 7mila morti l’anno osservando tutte le neoplasie associate all’amianto, mentre l’Istituto superiore di sanità (Iss) si concentra su quella più temuta: il mesotelioma.

In base ai dati contenuti nel nuovo rapporto Iss Impatto dell’amianto sulla mortalità. Italia, 2010-2020, in questo decennio in Italia sono decedute per mesotelioma in media 1.545 persone l’anno, 1.116 uomini e 429 donne. Dei decessi osservati in media ogni anno, 25, (l’1,7%) avevano un’età uguale o inferiore ai 50 anni.

«Le morti e le malattie per amianto destano un grande senso di ingiustizia sociale che richiama tutti alla necessità di intervenire – spiega Marco Martuzzi, direttore del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Iss – In Italia molto è stato fatto negli ultimi decenni, per cui oggi si vedono i primi effetti positivi. Ma l’amianto rimane un’emergenza ambientale e sanitaria che richiede urgenti interventi di prevenzione, eliminando esposizioni residuali all’amianto ancora presenti nel nostro Paese. Va assicurata un’adeguata assistenza sanitaria e sicurezza sociale agli ex esposti, ai malati per amianto e ai loro familiari».

Il mesotelioma è un tumore aggressivo, ad alta letalità con una latenza anche di 30-40 anni, che colpisce le cellule del mesotelio, il tessuto sottile che ricopre gran parte degli organi interni: il mesotelioma nell’80% dei casi circa è dovuto all’esposizione all’amianto.

Le regioni Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta e Liguria presentano un numero di decessi per 100.000 abitanti maggiore della media nazionale, ma i casi sono distribuiti sull’intero territorio italiano, anche se il numero dei decessi è superiore al numero atteso sulla base della media regionale in 375 comuni: si tratta di territori con cantieri navali, poli industriali, ex industrie del cemento-amianto, ex cave di amianto.

Negli ultimi anni, come indicano i dati del rapporto, si osserva una diminuzione del numero dei decessi, in particolare tra la popolazione con 50 anni o meno (31 casi osservati nel 2010 e 13 casi nel 2020).

Le morti per mesotelioma osservate tra i più giovani - come spiegano gli esperti dell’Iss - sono probabilmente dovute a una esposizione avvenuta in età pediatrica in ambienti non-occupazionali, vista la lunga latenza (fino a 30-40 anni) della malattia.

La maggior parte delle persone decedute per mesotelioma è stata probabilmente esposta all’amianto in ambienti lavorativi nei decenni passati. Ma l’esposizione può essere avvenuta anche in contesti domestici o ambientali, per inalazione di fibre rilasciate nelle abitazioni oppure nell’ambiente da sorgenti presenti sul territorio.

Si tratta di un piccolo ma importante progresso. Se il rapporto appena pubblicato riporta infatti  una diminuzione del numero dei decessi per mesotelioma tra gli under50 negli ultimi anni, si tratta di un primo effetto della legge 257/92 con la quale l'Italia vietò l'utilizzo dell'amianto e la produzione di manufatti contenenti amianto. Ma resta ancora molto da fare.

Le agevolazioni fiscali per le bonifiche da amianto sono ancora oggi molteplici, ma senza impianti di prossimità dove conferire i rifiuti contenenti amianto, le stesse bonifiche vengono di fatto disincentivate.

Il ciclo potrà dunque dirsi davvero chiuso solo quando sul territorio ci sarà anche una disponibilità impiantistica adeguata di discariche autorizzate a smaltire in sicurezza i rifiuti contenenti amianto, che inevitabilmente derivano dalle bonifiche.

Una volta sotto terra, se correttamente gestito, l’amianto torna infatti a comportarsi come un normale minerale. Il problema è che ovunque è difficile realizzare nuove discariche allo scopo, ostacolate da varie sindromi Nimby e Nimto che bloccano la costruzioni di impianti per gestire in sicurezza i rifiuti, lasciando così paradossalmente l’amianto all’aria aperta: le discariche operative in grado di gestire i rifiuti contenenti amianto sono infatti solo 17 in tutto il Paese.

Redazione Greenreport

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