Una nuova strategia di sintesi potrebbe accelerare la decontaminazione dei Pfas
Gli ingegneri della Rice University hanno sviluppato un modo innovativo per realizzare strutture organiche covalenti (COF), materiali speciali che possono essere utilizzati per intrappolare gas, filtrare acqua e accelerare reazioni chimiche ed evidenziano che «I COF hanno il potenziale per affrontare sfide ambientali significative, tra cui l'accumulo di energia e il controllo dell'inquinamento. Un esempio di questo è il loro potenziale utilizzo nella decontaminazione delle "sostanze chimiche eterne" o sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS)».
I COF sono polimeri cristallini costituiti da piccole unità ripetute collegate tra loro in strutture microscopiche simili a spugne. Questi materiali si distinguono per la loro porosità, ampia area superficiale e struttura molecolare sintonizzabile ⎯ caratteristiche che potrebbero essere sfruttate per l'uso in una vasta gamma di applicazioni, tra cui semiconduttori, sensori, somministrazione di farmaci e filtrazione. Tuttavia, il lento e costoso processo di produzione dei COF ha limitato il loro più ampio utilizzo.
Nello studio “Continuous Synthesis and Processing of Covalent Organic Frameworks in a Flow Reactor”, pubblicato su ACS Applied Materials & Interfaces dal team del Polymer Engineering Laboratory di Rafael Verduzco, viene descritto un nuovo modo per sintetizzare COF di alta qualità a basso costo e con elevata produttività. Il lavoro include un'analisi attenta dei vantaggi e degli svantaggi di diversi metodi di sintesi e descrive in dettaglio un modo versatile ed economico per realizzare COF con un microreattore multiflusso e un'attenta calibrazione del processo input-output.
La principale autrice dello studio sostenuto dal ministero dell'istruzione degli Emirati Arabi Uniti e dalla Welch Foundation, Safiya Khalil, spiega: «Abbiamo costruito un piccolo sistema di produzione continuo, come una minifabbrica su un banco da laboratorio, in cui gli ingredienti per i COF vengono miscelati e fatti reagire in un flusso costante anziché tutti in una volta in un grande contenitore».
I ricercatori hanno anche scoperto che uno dei COF prodotti con la sintesi a flusso era migliore di quelli realizzati con altri metodi nello scomporre l'acido perfluoroottanoico (PFOA), un composto PFAS associato a una serie di rischi per la salute, tra i quali cancro e danni all'apparato riproduttivo.
Verduzco sottolinea che «Si tratta di una scoperta incoraggiante che si aggiunge alle crescenti prove che i COF potrebbero emergere come un attore chiave nello sviluppo di tecnologie più pulite ed efficienti per la rimozione dei contaminanti».
La Khalil aggiunge: «Ci auguriamo che questo metodo renda più facile produrre COF in grandi quantità e aiuti ad accelerare la scoperta di nuove formulazioni. Il nuovo metodo è come la preparazione di biscotti su ordinazione in piccole quantità anziché la loro cottura in una grande quantità. Sebbene non fosse la prima volta che la sintesi del reattore a flusso veniva utilizzata per produrre COF, il metodo dei ricercatori di Rice si distingue dagli approcci precedenti perché integra la sintesi e l'elaborazione continue di due diverse chimiche COF, con conseguente gamma più varia di formati macroscopici. Questo metodo consente di avere continuamente biscotti freschi, controllando la temperatura e la miscelazione a ogni passaggio per ottenere la migliore qualità ogni volta, Questo processo è più veloce, utilizza meno energia e consente un migliore controllo sul prodotto finale».
La sintesi tradizionale di COF prevede l'utilizzo di alte temperature, alte pressioni e solventi organici tossici, limitandone la produzione e l'uso su larga scala. La strategia di sintesi a flusso dei ricercatori non solo consente una produzione di COF più rapida, ma consente anche la creazione di COF con cristallinità superiore.
L'ulteriore prova che uno dei COF appena sintetizzati è stato molto efficiente nel decomporre un PFAS mostra i vantaggi pratici del nuovo metodo. Il processo di decomposizione – la degradazione fotocatalitica - è attivato dalla luce e avviene a temperatura ambiente.
La Khalil conclude: «Immaginate questi COF come potenti spugne con 'motori di luce solare' integrati in grado di decomporre sostanze chimiche nocive molto più rapidamente dei metodi attuali. Uno dei COF che abbiamo sintetizzato è stato più efficace nel decomporre il PFOA rispetto ai materiali tradizionali come il biossido di titanio, un comune fotocatalizzatore utilizzato nel controllo dell'inquinamento».
Uno studio che farebbe bene a leggere anche Mario Draghi che nel suo rapporto “Il futuro della competitività europea” scrive che attualmente non esistono alternative valide ai PFAS per alcuni settori chiave, come la produzione di batterie e di elettrolizzatori, fondamentali per la transizione energetica. Draghi teme che le restrizioni proposte dall’UE possano rallentare l’innovazione e la competitività industriale europea, soprattutto di fronte a competitor come Stati Uniti e Cina. Secondo Draghi, la normativa attuale pone già limiti stringenti su oltre 10.000 sostanze PFAS, ma introdurre ulteriori restrizioni potrebbe creare incertezze negli investimenti, specialmente per settori come quello dei refrigeranti per pompe di calore. Una tale stretta regolatoria, a suo avviso, rischierebbe di ostacolare lo sviluppo delle tecnologie necessarie per la decarbonizzazione e la transizione ecologica.
Per Giuseppe Ungherese di Greenpeace Italia «Le affermazioni di Draghi sulla mancanza di alternative ai PFAS lasciano interdetti, perché non corrispondono alla realtà dei fatti. Draghi è smentito dai dati dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche: a dispetto di quanto afferma l’ex premier, infatti, nella stragrande maggioranza dei settori industriali, inclusi quelli delle energie rinnovabili, esistono già delle alternative ai PFAS. Il dossier dell’ECHA stilato nel 2023 ne individua nel settore delle batterie agli ioni di litio, per i semiconduttori, per le pale eoliche. E molte aziende stanno già sostituendo i PFAS dalla filiera produttiva. Molte aziende inoltre hanno già iniziato a eliminare i PFAS dai loro processi produttivi, in particolare nel settore tessile e nei beni di consumo. Si tratta di esempi positivi che dimostrano che una transizione industriale è possibile anche senza l’uso di queste sostanze pericolose».
Le Mamme No PFAS hanno scritto a Draghi per ricordargli che i PFAS sono cancerogeni e persistenti nell’ambiente, al punto che sia loro che i loro figli presentano elevate quantità di PFAS nel sangue. La loro richiesta è chiara: chiedono all’ex premier di «Rivedere la sua posizione e di impegnarsi a favore di una vera transizione ecologica, che tenga conto della salute delle persone e del futuro delle generazioni più giovani».