Il tuffo nella Senna? Uno spartiacque. Il Progetto Onu per l’ambiente sprona il resto del mondo sull’inquinamento dei fiumi
Un tuffo che ha segnato uno spartiacque. Dalle Nazioni unite arriva un elogio per la Francia e l’operazione che ha reso balneabile la Senna alla vigilia delle Olimpiadi. Sul sito web del Programma Onu per l’ambiente (Unep) è stato appena pubblicato un lungo articolo dal titolo «Mentre i nuotatori tornano nella Senna, gli esperti vedono la speranza per altri fiumi a lungo inquinati». Nel testo si ricorda che nuotare nella Senna era stato vietato dal 1923 ma in vista dei recenti Giochi la Francia ha speso il corrispettivo in euro di 1,5 miliardi di dollari per le operazioni di pulizia, con l’obiettivo a lungo termine di consentire ancora una volta ai parigini di nuotare nel fiume. Nel corso delle gare ci sono stati vari alti e bassi e le autorità d’Oltralpe indicano il 2025 come la data utile perché i cittadini possano fare tranquillamente il bagno nel fiume parigino. Ma per gli esperti dell’Unep, agenzia custode di tre indicatori nell'ambito dell'obiettivo di sviluppo sostenibile 6 dell’Agenda 2030 (indicatori che coprono la qualità dell'acqua ambiente, la gestione integrata delle risorse idriche e gli ecosistemi d'acqua dolce), l’iniziativa di Parigi «ha acceso la speranza per molti degli altri corsi d’acqua urbani del mondo». «Parigi ha dimostrato che è possibile riportare in vita anche i fiumi più inquinati», ha detto Dianna Kopansky, capo dell’Unità di acqua dolce e zone umide del Programma delle Nazioni unite per l’ambiente. «Ma se dobbiamo allontanare una crisi d'acqua dolce incombente, il mondo avrà bisogno di molte più storie di successo come questa».
In Italia, come segnalato a più riprese nei giorni in cui si disputavano le gare olimpiche, c’è un gran lavoro da fare per liberare dall’inquinamento i fiumi che attraversano i centri urbani. E nei giorni in cui da più parti si criticava Parigi per la scelta di far disputare delle gare di nuoto nella Senna, si evidenziava che quello francese era piuttosto un esempio da seguire anche dalle nostre parti.
Ora il Programma Onu per l’ambiente sottolinea e rilancia proprio questa sfida a livello globale, perché un compendio di rapporti dell'UNEP pubblicati questa settimana ha rilevato che il 50 per cento dei paesi ha attualmente uno o più tipi di ecosistemi legati all’acqua - fiumi, laghi, zone umide, falde acquifere - in uno stato di degrado. «Entro il 2025, è probabile che 1,8 miliardi di persone affrontino quella che l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura chiama carenza idrica assoluta e si prevede che due terzi della popolazione globale saranno alle prese con lo stress idrico», scrivono nel sito web gli esperti del Programma Onu per l’ambiente. «L’inquinamento delle acque è spesso terribile nelle aree urbane, che hanno a lungo affrontato il problema, dai tubi di piombo dell’antica Roma, al Great Stink sul Tamigi di Londra nel 1850 alla famigerata immolazione del fiume Cuyahoga degli Stati Uniti».
I più recenti rapporti dell’Unep hanno rilevato che è possibile contrastare tali tendenze storiche, «ma i paesi devono garantire che gli ecosistemi degradati siano prioritari nelle politiche e nei piani di protezione e ripristino». Negli ultimi anni, molti paesi hanno iniziato ad abbracciare questo approccio, viene sottolineato nell’articolo di approfondimento dell’Unep citando gli sforzi dell’India per il Gange, di Londra per rinnovare il suo sistema fognario e di New York per l’Hudson. E poi la Francia, ovviamente: «La pulizia della Senna, che è al suo nono anno, è particolarmente ambiziosa. I funzionari francesi hanno posato migliaia di chilometri di tubi e installato una rete di pompe e serbatoi sotterranei per impedire che fognature e acqua piovana non trattate entrino nel fiume. Una parte fondamentale degli sforzi della Francia è stata il regolare monitoraggio della qualità dell'acqua ambiente. Questo è stato essenziale per mantenere gli sforzi in pista e accertare la sicurezza dell’acqua». Ma ancora molto c’è da fare.
Nel terzo nuovo rapporto dell’Unep, che ha anche monitorato i progressi sull’Obiettivo di sviluppo sostenibile 6, viene rilevato che molti paesi devono migliorare il modo in cui gestiscono le proprie risorse idriche. Vi si afferma che entro il 2030 è improbabile che più di 100 paesi, che ospitano 3,3 miliardi di persone, dispongano di strutture di governance in grado di bilanciare la domanda di acqua e far fronte a pressioni come il cambiamento climatico. «Questi dati evidenziano l’urgente necessità che i paesi abbraccino la strategia a livello di sistema recentemente approvata dalle Nazioni Unite su acqua e servizi igienico-sanitari», affermano gli esperti del Programma Onu per l’ambiente. «Non esiste un’unica soluzione alla crisi idrica che stiamo affrontando», ha affermato Kopansky dell’Unep. «Migliorare la qualità dei bacini idrografici è una sfida a lungo termine che richiede un approccio ben coordinato e collaborativo. Dovremo aumentare enormemente i nostri sforzi se vogliamo garantire che tutti, ovunque, abbiano l’acqua dolce di cui hanno bisogno».