Dopo il cedimento della barca-porta nel Mar Piccolo di Taranto si teme un disastro ambientale
Il bacino Ferrati, posto nell’Arsenale vecchio di Taranto, rappresenta ancora oggi uno dei bacini navali più grandi d’Europa, che può ospitare navi grandi come la portaerei Cavour. Lungo 243 metri, largo 35, è stato costruito nel 1916 e nel pomeriggio di sabato 2 agosto è stato protagonista di una tragedia ambientale.1
Ha infatti ceduto una barca-porta, che di fatto funziona come una diga che argina l’acqua: rotti gli argini è avvenuta «una piccola esondazione di quel tratto di mare fin dentro ai capannoni e lungo le strade del presidio della Marina Militare a Taranto», come spiega la Fp-Cgil cittadina.
«Solo il destino ha evitato che tutto si trasformasse in una strage – commenta Pietro Avellino, coordinare difesa della Fp Cgil di Taranto – perché se in quel bacino oggi ci fossero stati operai a lavorare su una carena di nave, oggi commenteremmo non solo della perdita di valore dell’Arsenale di Taranto o del suo graduale impoverimento, ma di una tragedia umana».
Un forte boato, simile a un’esplosione, è stato avvertito anche dai numerosi residenti del borgo di Taranto. È seguito l’allagamento della platea e degli edifici circostanti.
Dalle prime notizie acquisite dalla segreteria aziendale della Uilpa, tramite la sig.ra Gaetana Pisarra, e dal Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, Ignazio Barbuto, attivatisi immediatamente dopo l’evento, è emerso che alcuni lavoratori erano impegnati all’interno del bacino per normali attività di manutenzione e controlli. Fortunatamente, i dipendenti sono stati richiamati prima del tempo, evitando così una potenziale tragedia. La platea, situata a 12 metri sotto il livello del mare, è lunga 250 metri e durante l’incidente è stata invasa dalle acque con una forza devastante, insieme ai reparti limitrofi che, dato l’orario, erano fortunatamente vuoti.
«Chiediamo un incontro urgente con la direzione per chiarire le cause. Interventi di consolidamento erano stati fatti recentemente. È grave che si sia verificato questo cedimento», commentano Pisarra e Barbuto.
Nel frattempo si teme un disastro ambientale: col cedimento della cosiddetta barca-porta in mare può finire di tutto, inclusi i residui dei lavori che erano stati effettuati pochi giorni prima (pitture, solventi, idrocarburi di varie specie insieme a fanghi, polveri, legni, serbatoi, carpenterie, etc). Un altro duro colpo dal punto di vista ambientale inferto al delicatissimo ecosistema marino del Mar Piccolo. Un puntuale e rigoroso monitoraggio servirà ora a capire la portata del disastro ambientale che si è verificato.