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Ispra, in Italia calano i rifiuti speciali generati ma l’export cresce del 24%

Gli inevitabili scarti dell’economia circolare pesano per 42 milioni di tonnellate, e sono la frazione più esportata a causa della carenza d’impianti di gestione
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha pubblicato oggi il 23esimo aggiornamento del Rapporto rifiuti speciali, in cui si documenta una lieve riduzione (-2,1%) di quelli generati dall’Italia nel 2022 a fronte di un aumento del Pil del +4%.

Il dato si ferma a 161,4 milioni di tonnellate – per il 93,8% rifiuti non pericolosi –, comunque oltre il quintuplo rispetto all’ammontare di rifiuti urbani generati nello stesso anno. Poche illusioni però, la prevenzione nella generazione rifiuti non sta funzionando bene. Il nuovo Piano nazionale previsto dall’articolo 180 del d.lgs. 152/2006 come modificato dal d.lgs. n. 116/2020 non c’è ancora, resta dunque quello entrato in vigore nel 2013, e in base a questo «la variazione del rapporto tra produzione di rifiuti speciali non pericolosi per unità di Pil, rispetto ai valori registrati nel 2010, risulta positiva e in progressivo allontanamento dagli obiettivi fissati […] Anche per i dati relativi alla produzione di rifiuti speciali pericolosi si rilevano valori ancora lontani dagli obiettivi».

Ma da dove arrivano i rifiuti speciali, così chiamati perché di origine non urbana? Innanzitutto è utile ricordare che i dati Ispra sono frutto di stime, dato che la certezza dell’informazione lungo la filiera resta ancora un’utopia.

Le banche dati Mud sono state integrate da Ispra, ma l’Istituto informa che «anche il dato integrato potrebbe risultare comunque sottostimato». Resta comunque il più affidabile a disposizione.

Guardando alla generazione di rifiuti speciali per attività economica (Ateco 2007), il 50% del totale – 80,8 mln ton – arriva dal settore delle costruzioni e demolizioni, seguito dalle attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento (22,8%, 36,8 mln ton) e dalle attività manifatturiere (17,5%).

Suddividendo i dati dei rifiuti speciali in base all’Elenco europeo dei rifiuti (Eer) si amplia ancora la fetta di provenienza dagli inevitabili scarti dell’economia circolare – nessun processo industriale può infatti eludere il secondo principio della termodinamica col conseguente aumento d’entropia –, ovvero i cosiddetti “rifiuti da rifiuti”: il 26% del totale prodotto rientra infatti nel capitolo 19, comprendente i rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento dei rifiuti e delle acque reflue e da quelli di potabilizzazione dell’acqua e della sua preparazione per uso industriale (42 mln ton).

Se questi sono i dati legati alla produzione, il rapporto Ispra scende poi nel dettaglio delle modalità di gestione, attraverso 10.806 impianti industriali – in lieve crescita da un biennio – diffusi in modo disomogeneo lungo lo Stivale, di cui 5.905 al Nord, 1.952 al Centro e 2.949 al Sud.

I quantitativi di rifiuti speciali complessivamente gestiti nel 2022 in Italia sono pari a 176,6 milioni di tonnellate: spicca il recupero di materia (72%), un dato su cui incide però molto il 79,8% di riciclo stimato per i rifiuti da costruzione e demolizione, sul quale però sussistono fondati dubbi in merito all’effettiva re-immissione sul mercato dei rifiuti avviati a riciclo; seguono ad ampia distanza le altre operazioni di smaltimento (9,8%), lo smaltimento in discarica (5%), l’incenerimento (1%) e il coincenerimento (0,6%). Inoltre permangono in giacenza presso gli impianti di gestione, nonché presso i siti di produzione,19,8 mln ton di rifiuti.

«Si sottolinea che l’analisi dei dati di gestione – aggiunge l’Ispra – non contempla i rifiuti speciali derivanti dal trattamento di rifiuti urbani che sono stati computati nel ciclo di gestione di questi ultimi (9,4 milioni di tonnellate1 ). Circa 324 mila tonnellate di questi rifiuti sono recuperate come fonte di energia (R1), oltre 2,6 milioni di tonnellate sono incenerite (D10/R1), oltre 4,8 milioni di tonnellate sono smaltite in discarica (D1) e, infine più di 992 mila tonnellate, sono avviate a recupero di materia».

Di particolare interesse il focus aperto da Ispra su due flussi di rifiuti particolarmente critici, quelli contenenti amianto e i fanghi di depurazione delle acque reflue urbane. I primi si sono fermati a 243mila ton (-28,3%), a testimonianza di bonifiche sempre più ferme, anche a causa della cronica carenza di moduli di discarica ad hoc dove conferire in sicurezza questa frazione: «Non si rileva – nota Ispra – un’attività sistematica di decontaminazione delle infrastrutture presenti sul territorio, da cui dovrebbe derivare una progressiva crescita della produzione di questi rifiuti».

I quantitativi di fanghi dal trattamento delle acque reflue urbane prodotti sul territorio nazionale sono invece pari a quasi 3,2 milioni di tonnellate con una contrazione di poco superiore alle 40 mila tonnellate (-1,3%) rispetto al 2021. Il 54,2% del totale gestito è avviato a smaltimento e il 43,4% a recupero, facendo registrare un aumento rispetto al 2021 di oltre 71 mila tonnellate (+2,5%).

Guardando infine ai flussi transfrontalieri, in Italia vengono importate circa 6,9 mln di ton a fronte di un’esportazione di poco superiore a 4,8 mln ton, ma di natura molto diversa tra loro.

Importiamo infatti prevalentemente rottami metallici provenienti dalla Germania (1,7 milioni di tonnellate) e dalla Francia (399 mila tonnellate di rifiuti), recuperati dalle industrie metallurgiche localizzate in Lombardia e in Friuli Venezia Giulia, mentre dalla Svizzera provengono 429mila tonnellate di terre e rocce destinate per la quasi totalità in Lombardia in attività di recupero ambientale.

I rifiuti che esportiamo sono invece gli scarti dell’economia circolare che non sappiamo, o meglio non vogliamo gestire, ad esempio attraverso impianti di riciclo chimico, di ossicombustione, o i più tradizionali (e socialmente invisi) termovalorizzatori.

L’Ispra mostra che il 70% dei rifiuti esportati nel 2022 è costituito da rifiuti non pericolosi (3,4 milioni di tonnellate) ed il restante 30% (circa 1,5 milioni di tonnellate) da rifiuti pericolosi. Rispetto al 2021, il quantitativo totale esportato fa registrare un aumento del 24%.

Il quantitativo maggiormente esportato dei rifiuti non pericolosi (64,3%), pari a circa 2,2 milioni di tonnellate, è costituito dai rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti; anche per i rifiuti pericolosi, il 60,5% di quelli esportati è generato da impianti di trattamento dei rifiuti, oltre 880 mila tonnellate.

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.