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E’ entrato in vigore il divieto di utilizzare olio combustibile pesante da parte delle navi nell'Artico

Ma gli Stati artici hanno ancora troppe scappatoie per aggirare il divieto
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Il 1° luglio  è entrato in vigore il divieto dell'International Maritime Organization (IMO) di utilizzo e  trasporto di olio combustibile pesante (HFO) da parte delle navi che attraversano la Clean Arctic Alliance «invita gli stati membri dell'IMO, in particolare i Paesi costieri dell'Artico, a implementare il divieto di HFO artico e a farlo rispettare pienamente con effetto immediato, senza ricorrere a scappatoie».

Inoltre, l'Alleanza chiede all'IMO di «Estendere l'area coperta dal divieto per includere tutte le acque artiche a nord di 60°N e di emanare una regolamentazione per ridurre le emissioni di black carbon dallo shipping,  il che aiuterebbe a invertire gli impatti del riscaldamento climatico nell'Artico, attraverso l'uso di carburanti più puliti e filtri antiparticolato diesel». 

Recenti studi dell’Arctic Council sull'attività delle navi nell'Artico hanno mostrato un aumento del 37% tra il 2013 e il 2023 e un aumento del 111% della distanza totale percorsa nello stesso periodo di tempo. Recentementei, una nave irlandese, l'Arklow Wind, è stata multata dalle autorità di Svalbard per aver trasportato olio combustibile pesante. Nelle acque norvegesi attorno all'arcipelago insulare di Svalbard l'uso e il trasporto di HFO sono vietati dal 2022.

L'IMO ha già formalmente riconosciuto che il black carbon è la seconda maggiore fonte di riscaldamento climatico delle navi e che è responsabile di circa il 20% dell'impatto climatico dello shipping (su base ventennale).  La Clean Arctic Alliance ricorda che «Il black carbon ha un impatto sproporzionatamente elevato quando viene rilasciato nell'Artico e nelle sue vicinanze: quando viene emesso dagli scarichi delle navi che bruciano carburante a base di petrolio e si deposita su neve e ghiaccio, accelera lo scioglimento e la perdita di riflettività, l'effetto albedo, il che crea un ciclo di feedback che esacerba ulteriormente il riscaldamento locale e globale».

Già vietato dal 2011 in Antartide e in tutte le acque attorno all'arcipelago artico delle Svalbard da gennaio 2022, l'HFO è un combustibile fossile viscoso e inquinante che alimenta le navi e rappresenta l'80% del combustibile marino utilizzato in tutto il mondo. Circa il 75% del combustibile marino attualmente trasportato nell'Artico è olio combustibile pesante (HFO). 

la Clean Arctic Alliance  sottolinea che «Se l'HFO viene sversato nelle fredde acque polari, è probabile che si decomponga molto lentamente e che risulti quasi impossibile da pulire. Una fuoriuscita di HFO avrebbe effetti devastanti a lungo termine sulle comunità indigene artiche, sui mezzi di sostentamento e sugli ecosistemi marini da cui dipendono. Man mano che il ghiaccio marino si scioglie e le acque artiche si aprono ulteriormente, anche le navi più grandi con bandiera non artica che navigano con l'HFO probabilmente dirotteranno  verso le acque artiche alla ricerca di tempi di percorrenza più brevi, aumentando notevolmente i rischi di fuoriuscite di HFO. La combustione di HFO produce particelle di black carbon che vengono emesse nei fumi di scarico. Quando cadono sulla neve, sul ghiaccio dei ghiacciai e sul ghiaccio marino, la riflettività (albedo) si riduce e l'assorbimento del calore aumenta. Un maggior numero di navi nell'Artico che utilizzano HFO porterà a maggiori emissioni di black carbon, alimentando un ciclo di feedback già in accelerazione.

Dopo cinque anni di attività di advocacy e pressione nell'ambito della campagna "HFO Free Arctic", oltre un decennio dopo che l’Arctic Council ha concluso che le fuoriuscite di petrolio rappresentano il rischio maggiore rappresentato dal trasporto marittimo, nel giugno 2021 l'IMO ha finalmente adottato un divieto sull'uso e il trasporto di olio combustibile pesante nell'Artico, ma il divieto è stato criticato dagli ambientalisti perché include diverse  scappatoie che consentono ai Paesi di concedere esenzioni e alle compagnie di navigazione di avvalersi di esenzioni per molte navi, «Il che significa – denunciano gli ambientalisti - che il divieto raggiungerà la piena operatività solo nel 2029. Fino ad allora, l'HFO non potrà più essere utilizzato o trasportato per la navigazione nelle acque artiche, a meno che una nave non abbia un serbatoio di carburante protetto o non abbia ricevuto un'esenzione da una nazione costiera artica, il che lascia circa il 74% dello shipping artico  non interessato dal divieto».

Sian Prior, lead advisor della Clean Arctic Alliance, conclude: «I governi e le ONG hanno lottato a lungo e duramente per ottenere il divieto sull'uso e il trasporto di HFO nell'Artico, ma vedere che sarà implementato a metà semplicemente non è abbastanza. Gli Stati membri dell'IMO, in particolare i Paesi costieri dell'Artico, devono andare oltre il divieto dell'IMO implementandolo in modi da proteggere veramente l'Artico dalle fuoriuscite di HFO e dalle emissioni di black carbon, e questo significa rifiutarsi di fornire scappatoie al settore della navigazione. Inoltre, implementando rigide normative HFO, l'IMO può ridurre significativamente il rischio di fuoriuscite di HFO e vedere anche dei co-benefici: ridurre l'inquinamento atmosferico e rallentare gli impatti del riscaldamento climatico sull'Artico.  Combinando oggi migliori scelte di carburante con l'uso della tecnologia esistente, le navi che operano nell'Artico vedrebbero riduzioni delle emissioni di black carbon o fuliggine (un componente del particolato) di oltre il 90%. Poiché il black carbon rimane nell'atmosfera solo per un breve periodo di tempo, se tutto lo shipping nell'Artico utilizzasse carburanti distillati più leggeri e installasse filtri antiparticolato diesel (tecnologia esistente da tempo utilizzata nel trasporto terrestre per ridurre le emissioni del carburante diesel), assisteremmo alla rapida rimozione di una minaccia enorme per il ghiaccio marino artico, che è fondamentale per bilanciare il clima e le condizioni meteorologiche nell'Artico e altrove. Il 1° luglio, è un'incredibile opportunità per l'industria dello shipping di dimostrare che è disposta ad accogliere un futuro più pulito. Invece di nascondersi dietro l'uso di esenzioni, le compagnie di navigazione possono passare a combustibili facilmente reperibili e relativamente più puliti, come il diesel o i combustibili marini distillati (ad esempio DMA, DMZ) o a forme alternative di propulsione e installare filtri antiparticolato diesel. L'uso di scrubber deve essere evitato: sono una scusa per continuare a usare HFO, mentre il trasferimento dell'inquinamento atmosferico all’inquinamento marino e il passaggio a combustibili fossili gassosi come il GNL sostituiscono semplicemente un potente inquinante climatico di breve durata ma ad alto impatto, il black carbon, con un altro, il metano. L'uso di gasolio insieme all'installazione di filtri antiparticolato o precipitatori, come prescritto per altre forme di trasporto, può ridurre le emissioni di black carbon di oltre il 90% in tempi rapidi ed essere un solido primo passo sulla strada verso la decarbonizzazione».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.