L’ambientalismo è il nuovo nemico antropologico scelto dalle destre, in vista delle elezioni
Durante la campagna elettorale per le elezioni europee del 2019 è toccato alla presunta e mai avvenuta “invasione” dei migranti, di cui oggi a stento si sente parlare, mentre in vista dell’appuntamento con le urne di questo fine settimana è l’ambiente ad essere stato pescato dal mazzo dei temi divisivi in mano alla politica populista e sovranista.
Le destre hanno dunque individuato l’ambientalismo come nuovo nemico antropologico? Greenreport ha posto questa domanda al presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, durante la tappa toscana del tour elettorale condotto dal Cigno verde in tutte le regioni italiane. E nel merito Ciafani ha pochi dubbi.
«Sì, questa è una caratteristica che ha contraddistinto un po’ tutti i partiti di centrodestra, o destra più estrema, in tutta Europa – sottolinea il leader del Cigno verde – C’è un filo conduttore che lega la campagna elettorale di questi partiti ed è un problema oggettivo: non tanto perché sia stato scelto l’ambiente come tema divisivo, quanto perché sui temi ambientali si gioca sia il futuro dell’umanità sia la competitività delle imprese europee. Non a caso in Germania cambiano i governi ma le politiche energetiche e climatiche non mutano dal giorno alla notte: l’industria tedesca vuole certezze, e i governi che si sono succeduti in Germania ce l’hanno ben chiaro. Del resto Angela Merkel, che chiuse la stagione nucleare dopo Fukushima, o Ursula von der Leyen che ha lanciato il Green deal all’inizio della legislatura europea che sta per chiudersi, non sono due ambientaliste, né due progressiste. Sono due politiche che hanno capito molto bene come sui temi della decarbonizzazione si giochi anche il futuro dell’industria europea».
In Italia questa consapevolezza è assai meno presente, e non a caso Legambiente ha invitato al confronto elettorale tutti i partiti in corsa per le elezioni europee, ma a Firenze (e non solo) quelli che sostengono il Governo Meloni non si sono neanche presentati.
«Alcuni partiti che sono oggi all’opposizione nel Parlamento italiano, non tutti, in diverse occasioni hanno dimostrato invece vicinanza alla gran parte dei nostri temi – aggiunge Ciafani – Però c’è da dire che quando in Italia hanno governato loro, noi abbiamo dovuto faticare molto per far sì che le parole spese durante la campagna elettorale diventassero realtà nelle azioni di governo. Come sempre non ci accontentiamo nel farci dire dai partiti che sono d’accordo, da tutti vogliamo vedere atti concreti».
Anche dai cittadini-elettori, ovviamente. Perché qualcosa non torna, se da una parte i sondaggi mostrano all’unanimità la crescente sensibilità dei cittadini verso i temi dello sviluppo sostenibile, mentre dalle elezioni spuntano maggioranze che persino negano la crisi climatica, e sui territori si moltiplicano le sindromi Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato elettorale) che frenano la realizzazione degli impianti – dalle energie rinnovabili alla gestione rifiuti – necessari ad alimentare la transizione ecologica.
«La sensibilità ambientale che si sta già sviluppando nella cittadinanza deve poi in qualche modo influenzare il voto, c’è da completare la rivoluzione culturale – osserva Ciafani – Va completata perché la rivoluzione energetica, circolare, della mobilità verso il trasporto pubblico ed elettrico, non può passare attraverso le proteste contro l’impianto eolico che si fa sui crinali del Mugello o contro la nuova tramvia, come successo a Firenze. Bisogna essere coerenti: quello che si chiede per il futuro delle prossime generazioni si deve anche concretizzare in una scelta consapevole di chi ci rappresenta».