Il Dl Agricoltura è una tagliola per il fotovoltaico
Durante l’audizione tenutasi alla Commissione Industria del Senato, Filippo Fontana, portavoce dell’Alleanza per il Fotovoltaico in Italia ha detto che «Il testo del Dl Agricoltura, così come approvato dal Governo, rappresenta una vera e propria tagliola per il settore e per le possibilità del Paese di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati al 2030. Appare pertanto imprescindibile apportare alcune modifiche che riducano l’impatto pregiudizievole della legge nei confronti degli operatori delle rinnovabili in Italia, degli ingenti investimenti fin qui realizzati e per tutta la filiera composta da 150.000 lavoratori».
Fontana ha spiegato ai senatori che «L’articolo 5 impatta in maniera significativa sul settore dell’energia rinnovabile, in quanto impedisce la messa a terra di circa l’80% delle nuove iniziative di fotovoltaico e agrivoltaico su cui gli operatori del settore stanno lavorando da anni. L’articolo in questione non tutela i terreni agricoli né la loro produttività, che anzi viene messa maggiormente a rischio a causa degli effetti del cambiamento climatico. Occorre ricordare che lo sviluppo dell’energia rinnovabile non è in conflitto con la produzione alimentare e che gli impianti non vengono realizzati su aree di pregio ma solo su aree incolte, le quali con l’agrivoltaico addirittura si possono recuperare. I dati ISTAT riferiti all’ultimo censimento agricoltura riportano infatti di una superficie agricola in stato di abbandono pari a 3.939.000 ettari, a fronte di una superficie agricola nazionale totale di 16.474.000 ettari. Di converso la superficie agricola necessaria per il raggiungimento degli obiettivi minimi previsti dal PNIEC per il 2030 è pari a 80.000 ettari. Al fotovoltaico utility scale basterebbe pertanto solamente lo 0,6% della superficie agricola nazionale non abbandonata per raggiungere gli obiettivi italiani di decarbonizzazione al 2030».
Per il portavoce dell’Alleanza per il Fotovoltaico, «E’ fondamentale includere tutte le aree idonee tra quelle su cui è consentito installare impianti fotovoltaici. Bisogna consentire il fotovoltaico sulle aree agricole prive di pregio agricolo, incolte e abbandonate, che distano non più di 500 metri dalle zone industriali, artigianali o commerciali, nonché le aree prive di valore paesaggistico o culturale. Non si capisce, infatti, perché queste aree non siano state considerate dal Governo, ricordando che l’obiettivo della nuova legge dovrebbe essere quello di salvaguardare esclusivamente le aree agricole produttive dove si produce cibo. Inoltre, nonostante i proclami del governo, è necessario specificare espressamente che l'agrovoltaico, in tutte le sue declinazioni, è sempre consentito, anche perchè l'agrovoltaico è una tecnologia sempre compatibile con la prosecuzione dell’attività agricola. Bisogna infine salvaguardare gli investimenti fin qui sostenuti e programmati dalle imprese: è necessario chiarire espressamente se anche i progetti che ad oggi hanno soltanto fatto domanda di connessione alla rete siano esclusi dal divieto, in quanto il testo attuale è poco chiaro e si presta a dubbi interpretativi».
In Senato è stata audita anche Italia Solare. L’associazione dedicata esclusivamente al fotovoltaico e alle integrazioni tecnologiche per la gestione intelligente dell’energia, che ha presentato una memoria basata su considerazioni divise in due parti: «a) nella prima parte evidenziamo perché è importante facilitare lo sviluppo rapido e ampio del fotovoltaico efficiente (intendendo per tale il fotovoltaico realizzato con il minor costo possibile e senza restrizioni irragionevoli) e perché non sussiste alcun conflitto tra fotovoltaico e agricoltura. Beninteso, non intendiamo affatto sottovalutare l’esistenza di alcuni problemi, che qui vogliamo segnalare e di cui invece il decreto legge non si occupa; b) nella seconda parte formuliamo proposte puntuali per migliorare la norma, salvaguardando le finalità senza compromettere lo sviluppo del fotovoltaico».
Italia Solare ha ribadito che «Con il blocco delle realizzazioni degli impianti si perdono circa 60 miliardi di euro: almeno 45 miliardi di euro di investimenti privati diretti – 1 miliardo dei fondi PNRR perduti – a cui si aggiungono 2 miliardi di euro di mancati introiti derivanti dalle tassazioni IMU degli impianti, 11 miliardi di imposte e infine le sempre importanti compensazioni per i Comuni».
La linea del Governo è incerta e oscillante, l’atteggiamento di diverse Regioni tende a relegare il fotovoltaico in un ruolo marginale e comunque non coerente con le potenzialità della tecnologia e il presidente di Italia Solare, Paolo Rocco Viscontini, ha scritto che «Il problema che sembra generare indicazioni tra loro contrastanti è uno solo: il presunto impatto del fotovoltaico sull’agricoltura e sul paesaggio. Il MASE si spende per favorire la diffusione del fotovoltaico con criteri di economicità; il MASAF – presumibilmente spinto da qualche associazione agricola – fa interdizione per evitare una (inesistente) sottrazione di terreni all’agricoltura; il MIC frena in tutte le sedi i provvedimenti autorizzativi, lamentando il presunto impatto paesaggistico del fotovoltaico».
Italia Solare ribatte che «L’1% dei terreni agricoli non occupati è sufficiente per realizzare il 50% dei 50GW richiesti per raggiungere gli obiettivi del 2030 con impianti a terra, il restante 50% può essere installato sui tetti. Agricoltura e fotovoltaico possono coesistere benissimo con le coltivazioni tra le file di moduli fotovoltaici. Ritenere che il fotovoltaico debba essere realizzato solo su edifici, su aree compromesse sarebbe un errore gravissimo: basta essere consapevoli che così si avrà inevitabilmente energia a costi maggiori, con tempi di realizzazione degli impianti evidentemente dilatati e incompatibili con l’obiettivo 2030»
Intanto, nonostante gli ostacolo e i lacci e lacciuoli posti dal governo, le energie rinnovabili sembrano un treno in corsa destinato a travolgere l’hub del gas meloniano. E’ la stessa Italia Solare a rivelare che «Al 31 marzo 2024 in Italia risultano connessi 1.688.348 impianti fotovoltaici, per una potenza complessiva pari a 32,00 GW. Analizzando in dettaglio l’andamento del primo trimestre 2024, in questo periodo sono stati connessi 93.374 impianti per 1,72 GW totali. Di tale potenza il 32% (547 MW) è attribuibile al settore residenziale (P < 20 kW), il 35% (595 MW) è invece legato al settore commerciale e industriale C&I (20 kW ≤ P < 200 kW), mentre il restante 34% (579 MW) è relativo agli impianti utility-scale con potenza maggiore di 1 MW».
E il settore residenziale tiene ancora nonostante la fine del Superbonus: «Non si è ancora registrato un vero calo nelle connessioni degli impianti residenziali. L'effetto della fine del Superbonus 110%, per il quale il termine di fine lavori era stato prorogato al 31 dicembre ‘23, e del blocco della cessione del credito impatterà sui dati relativi alle connessioni alla rete degli impianti residenziali a partire dal Q2 - Q3 2024. In particolare, dal Q4 2023 (525 MW) al Q1 2024 (547 MW), è stata registrata una crescita del 4% della potenza connessa e dal Q4 2023 al Q3 2023 (485 MW) un aumento dell'8%, dopo una riduzione del 19% dal Q2 2023 (602 MW) al Q3 2023».
Nell’ultimo anno il settore Commercial and Industrial (C&I) ha segnato un aumento della potenza connessa del 106% e Italia solare evidenzia che «Il driver principale della crescita delle connessioni C&I è stato l'aumento del PUN nel 2022, il quale è tornato a valori medi mensili inferiori ai 100 Euro/MWh solamente con l'inizio del 2024. L'effetto dei prezzi alti dell'energia, si è tradotto in una forte crescita delle connessioni C&I fino a metà del 2023. La discrepanza dei tempi tra l’innalzamento del PUN e la realizzazione degli impianti è dovuta ai tempi tecnici necessari per la commissione dei lavori, la realizzazione e la connessione degli impianti. A partire dalla seconda metà dello scorso anno la potenza connessa mensile si è stabilizzata nel range 150 - 250 MW, mentre prima della crisi energetica, nel periodo gennaio 2021 - giugno 2022, la potenza media connessa mensilmente del settore C&I era pari a 38 MW».
Rispetto al primo trimestre del 2023 la connessione impianti di potenza superiore al MW è cresciuta del 373%, parliamo infatti di 123 MW lo scorso anno e 579 MW per il Q1 2024.
Le regioni che hanno avuto la quota maggiore della potenza nel Q1 2024 sono: Lombardia (304 MW), Lazio (229 MW), Veneto (188 MW), Emilia-Romagna (150 MW) e Piemonte (131 MW). In queste regioni, durante il trimestre passato, è stato connesso 1 GW, di cui: il 27% (274 MW) è attribuibile al settore residenziale, il 38% (376 MW) è attribuibile al settore C&I e il 35% (352 MW) è relativo al settore utility-scale. Rispetto al trimestre dell’anno precedente il Lazio è la regione che registra il maggior aumento (+373%), a seguire Friuli Venezia-Giulia (+185%) e Sardegna (122%).