
Rifiuti, energia e acqua: Confindustria vuole giocare la sfida della circolarità a tutto campo

A 7 anni dalla precedente edizione, Confindustria Italia ha presentato a Bruxelles il suo secondo Rapporto sull’economia circolare, dal titolo: Strategie e prospettive per l’industria. Si tratta di una serie di documenti di grande interesse, articolati in un Rapporto, nel suo executive summary, e in una raccolta di buone pratiche che illustra i più brillanti casi concreti dell’industria.
Al centro non tanto e non solo i benefici ambientali ed energetici della “transizione circolare”, ma soprattutto le politiche industriali articolate lungo tutti gli assi strategici: le produzioni, l’energia, i trasporti e la logistica, le infrastrutture e gli impianti e gli appalti pubblici. Molto chiare e dettagliate le proposte di politica industriale avanzate alle istituzioni europee e le raccomandazioni chiave.
Si parte come sempre dalla richiesta di semplificazione, armonizzazione e riduzione degli oneri amministrativi e della “copiosa regolamentazione” che l’Europa e i singoli Paesi hanno prodotto negli ultimi anni in materia di rifiuti e circolarità. Vanno evitate le duplicazioni, semplificate le procedure amministrative e il permitting, con lo scopo di liberare il potenziale industriale ed economico della circolarità.
Secondo Confindustria “l’85% delle imprese considera la lunghezza delle procedure di autorizzazione uno degli ostacoli fondamentali agli investimenti in Europa”. Il “time to market” appare centrale anche promuovendo “corsie preferenziali” negli iter autorizzativi. Occorre superare poi una certa diffidenza del regolatore su istituti giuridici fondamentali per la crescita dell’economia circolare, come i sottoprodotti e gli “End of waste”, oggi ancora poco usati e che invece devono essere la base semplice e concreta delle simbiosi industriali, uscendo dalla normativa sui rifiuti.
Insomma serve un quadro normativo “abilitante” per questo settore, capace di superare le attuali barriere allo sviluppo di prodotti circolari e sostenibili. Le aziende chiedono un quadro regolatorio per cui ci siano certezze per chi investe nella transizione circolare.
Un secondo blocco di raccomandazioni riguarda la necessità di far crescere le attività di ricerca e sviluppo da parte delle industrie, con specifiche misure di credito d’imposta, semplificando la gestione dei progetti pilota tesi a sperimentare nuove tecnologie e nuove soluzioni impiantistiche, ma soprattutto spingendo gli “appalti innovativi” per andare oltre la attuale soglia del 10%, sul totale degli appalti pubblici, arrivando al 20%. Ci sono filiere come i materiai critici, i Raee, i biocarburanti e il riciclo chimico, dove ancora la fase di ricerca applicata deve essere accompagnata per arrivare alla dimensione industriale.
Ci sono poi le proposte relative a nuovi strumenti economici e fiscali da utilizzare per promuovere, pur in una logica di mercato e non di “sovvenzione”, prodotti circolari e riuso e riciclo di materiali e beni, supportando lo sviluppo della domanda di prodotti riciclati. Si parla opportunamente di incentivi (soprattutto fiscali nel quadro della riforma europea dell’Iva, ma anche di Industria 5.0), ma anche di disincentivi (tasse ambientali), sottolineando come il minor costo delle materie vergini sia oggi uno dei principali ostacoli alla crescita del riciclo e dell’uso di materie prime seconde. In questo quadro di stimoli richiesti il Rapporto punta molto sugli appalti verdi (Gpp) e i criteri ambientali minimi, provando ad introdurre un nuovo concetto di “appalti circolari”.
Interessante e originale il richiamo al mondo dell’energia, con la richiesta di coordinare meglio e di più (finalmente!) le politiche europee sulla circolarità con le politiche della transizione energetica ed ecologica, sulla base della “evidente trasversalità dei due filoni”: Confindustria chiede insomma che nella parola “circolarità” si includa il recupero di energia oltre al recupero di materia.
Le industrie italiane chiedono anche adeguate risorse per sostenere gli investimenti soprattutto per le Pmi e per realizzare le infrastrutture circolari necessarie per il rafforzamento dell’industria in senso circolare, come richiesto dal Rapporto Draghi e dal Clean industrial deal.
Il sistema di raccolta e riciclo nazionale è già uno dei più evoluti in Europa, vanno comunque migliorate la logistica (circular hub) e la capacità impiantistica, anche rifinanziando un nuovo Ipcei (Importanti progetti di comune interesse europeo) dedicato alla circolarità. Confindustria chiede la definizione di target “realistici” nelle normative, criticando come ha sempre fatto le previsioni contenute nel nuovo regolamento sugli imballaggi. Non manca anche un richiamo agli indicatori e alle procedure per misurare la circolarità, normative tecniche abilitanti per molti aspetti allo sviluppo di filiere circolari.
Molto interessante infine l’ampio capitolo che il rapporto di Confindustria dedica alla circolarità nel settore idrico, con la richiesta di considerare uso efficiente dell’acqua e riciclo delle acque depurate come fattore importante dell’agenda di circolarità. Le industrie consumano sempre meno acqua e si rendono disponibili (in un quadro regolatorio chiaro) ad usare acque depurate ma anche le acque meteoriche, in una logica di “comunità idrica circolare”.
Insomma l’industria italiana vuole giocarsi la sfida della circolarità a tutto campo. Chiede molto alle istituzioni, ma descrive anche le molte buone iniziative che ha intrapreso: il catalogo di attività industriali in essere è molto interessante.
