![](/templates/yootheme/cache/e1/Andrea-Sbandati-e1bd1a2f.jpeg)
L’industrializzazione dei servizi pubblici locali al Sud si scontra coi ricorsi al Tar dell’Antitrust
![](/templates/yootheme/cache/6a/riciclo%20carta%20rifiuti-6a2bf60a.jpeg)
L’Antitrust ha annunciato un ricorso al TAR contro la conferma dell’affidamento in house dell’Ente di Ambito di Avellino per la gestione dei rifiuti urbani alla società Irpiniambiente. Si tratta di un nuovo ricorso che riguarda l’affidamento in house del servizio idrico nell’area di Caserta. Come mai? L’abbiamo chiesto a Stefano Pozzoli, economista toscano oggi professore ordinario all’Università di Napoli Parthenope.
Intervista
Professore, cosa sta succedendo?
«In questi ultimi anni da un lato si è posto con forza il tema della industrializzazione dei servizi pubblici locali al Sud, area in cui le gestioni acqua e rifiuti sono ancora molto frammentate e spesso gestioni in economia da parte dei Comuni singoli, con risultati che è facile immaginare. Al tempo stesso, però, molti sforzi di costruzione di gestioni di ambito e di costruzione di attori industriali meglio dimensionati si sono scontrati con i ricorsi e le contestazioni dell’autorità Antitrust e della Corte dei conti, trattandosi spesso di gestioni in house. Ho contato, qualche tempo fa, 60 bocciature su 61 delibere inviate alla Corte dei conti della Campania, dato che dovrebbe far riflettere, al di là delle considerazioni puramente formali e giuridiche, su cui non dubito che la Corte abbia ragione».
In che senso?
«Ci sono due problemi. Il primo riguarda la qualità degli atti amministrativi prodotti dagli Enti di governo di abito e dai Comuni che, evidentemente, in Campania spesso si dimostrano non adeguati, cosa che dimostra la necessità di dotare gli EGATO, che dovrebbero supplire anche alle carenze dei comuni, di competenze, e quindi di risorse umane e professionali, adeguate al rispetto di un quadro normativo e regolatorio sempre più complesso. Forse per fare questo andrebbero perfino ripensati le scelte di governance adottate, a volte troppo frammentati, con enti di Ambito diversi fra acqua e rifiuti, e di dimensione diverse (alcuni regionali altri provinciali o addirittura sub-provinciali). Penso che nel caso campano si dovrebbero concentrare le forze in un unico Egato, sul modello di Atersir (Emilia-Romagna), di Ausir (Friuli-Venezia-Giulia) e di Arrical (Calabria).
Il secondo problema è che la sostanza viene spesso ignorata, visto che prevalgono conteziosi legati ad aspetti essenzialmente formali. Rispetto al quadro delle gestioni di acqua e rifiuti nel Sud Italia, un affidamento di Ambito, anche se in house, è comunque preferibile ad una somma di piccole gestioni in economia, e si dovrebbe accettare di partire da situazioni certo perfettibili, ma che comunque rappresentano un passo avanti rispetto all’esistente. Non condivido la posizione di AGCM che sembra dire “se le gestioni in economia sono inefficaci ed inefficienti, e non forniscono informazioni sul pregresso, la soluzione non può essere un affidamento in house ad una società pubblica”. Spesso il primo passo per superare la frammentazione è proprio quello di costruire una azienda sovracomunale in house, di Ambito ottimale. Non si può immaginare un processo di industrializzazione nel Sud che non tenga conto dei punti di forza e di debolezza del territorio. Piuttosto, nell’interesse generale, occorre prendere atto della situazione, discutere tutti insieme i problemi e trovare una soluzione, altrimenti si perdono di vista i fini di una qualsivoglia riforma: il diritto di tutti a servizi di qualità adeguata».
Invece le norme e le procedure formali sono state rese sempre più complesse, negli ultimi anni.
«Sì, il legislatore italiano ha introdotto negli ultimi anni disposizioni normative tese a “scoraggiare”, in particolare, il ricorso agli affidamenti in house da parte delle amministrazioni competenti, introducendo una serie di procedure di verifica e valutazione abbastanza complesse e lunghe. Non potendo impedire il ricorso a questo istituto contrattuale, previsto dalla legislazione e giurisprudenza europea, l’Italia ha scelto la strada di rendere questa opzione molto complessa da perseguire, prima nel Decreto Madia e successivamente nel decreto correttivo del 2022.
Tutto ciò non ostacola, in concreto, gli affidamenti in house nel Nord del Paese, dove le aziende sono sane e le capacità amministrative soddisfacenti, ma rappresenta uno scoglio difficile da superare dove le informazioni di base sono poche e le risorse disponibili per seguire le procedure corrette insufficienti.
ACGM, vista l’evoluzione normativa ed il ruolo che le è stato riconosciuto, si è giustamente organizzata internamente con una direzione deputata a controllare gli atti di affidamento e la costituzione di società. Scelta corretta e rispettosa delle norme ma occorre, al tempo stesso, porsi l’obiettivo di realizzare aziende di ambito nei rifiuti e nell’acqua al sud, come prevede lo stesso Decreto Aiuti bis».
Quello dell’Irpinia è un caso specifico?
«Direi di no, se si intende come caso specifico una questione di carattere eccezionale. Nell’ultimo bollettino AGCM vi sono due decisioni di ricorso al TAR contro procedure di affidamento ritenute inadeguate, quella su Avellino per i rifiuti ed una di Caserta sul servizio idrico integrato. E più o meno le contestazioni di AGCM sono le medesime, e fanno riferimento alla mancanza di motivazioni economiche ben descritte da porre alla base degli affidamenti in house ed alla assenza di analisi comparative che dimostrino la convenienza economica della operazione. In questo caso la violazione è stata ritenuta una reiterazione dei vizi già contestati in relazione ad un precedente progetto dell'Egato, se non ricordo male quello di affidare il servizio a una newco di sua proprietà; un'iniziativa che l'Agcm aveva già contestato. Ma questo cambia poco».
Quali sono le principali contestazioni dell’AGCM?
«La decisione del Consiglio d'Ambito di confermare l'affidamento in house come modalità di gestione del servizio si configura secondo l’Antitrust come una violazione dell'art. 14 del Testo unico sui servizi pubblici locali (Dlgs. 201/2022), che impone di fornire una motivazione adeguata alla scelta di non ricorrere al mercato e richiede di documentare e motivare anche con elementi quantitativi tale scelta».
L’Ente di Ambito sostiene che l’affidamento in house ha caratteristiche di maggiore elasticità nell’adeguare gli standard di servizio alle esigenze dei comuni e dei cittadini, oltre che alle modifiche normative. È un argomento forte, giuridicamente parlando?
«Non c’è dubbio che un affidamento in house consenta una maggiore flessibilità contrattuale fra concedente e concessionario, rispetto a contratti frutto di una gara. Ma questo argomento, oltre ad essere giuridicamente inconsistente, non mi convince proprio anche sotto il profilo del merito. La strada della industrializzazione dei servizi pubblici locali si basa proprio sul superamento delle “richieste” comunali, e sulla definizione di standard omogenei e generali, di servizi universali, estesi ad aree vaste. Poi proprio l’abuso di questa “elasticità” ha determinato problemi e disfunzionalità, che non hanno tutelato i consumatori finali e motivano meccanismi anticoncorrenziali di tipo patologico. Non può quindi essere questa la motivazione della scelta di un affidamento in house».
Il servizio di gestione dei rifiuti urbani è regolato da ARERA e gli strumenti di regolazione (tariffa, qualità tecnica) non fanno distinzione fra affidamenti in house o tramite gara. Che senso ha quindi “motivare economicamente” la scelta di un affidamento in house?
«Una delle critiche che faccio al sistema è proprio che ci sono due autorità, AGCM e ANAC, che si concentrano sull’attimo fuggente dell’affidamento, mentre che poi su tanti servizi pubblici manca chi monitori il buon andamento nei 10, 15 o 30 anni successivi. Nel caso dei rifiuti per fortuna abbiamo ARERA, appunto.
Detto questo, e riconoscendo che molte società in house dimostrano grandi capacità gestionali, prezzi contenuti ed estrema efficienza, non sono d’accordo nell’afferma che se si rispettano le disposizioni ARERA questo significa che si sia di per sé adeguati a svolgere il servizio.
Una società, in house o meno che sia, deve “garantire” una capacità di fare investimenti, di ottenere i finanziamenti necessari, e questo influisce sulla tariffa e sul servizio.
Le informazioni da porre a base della scelta, quindi, devono dimostrare non solo la congruità del costo del servizio, con meccanismi di benchmark convincenti, bensì anche dimostrare la adeguatezza della propria capacità finanziaria e patrimoniale a realizzare un piano di ambito soddisfacente. E questo tanto più in settori che hanno bisogno di investimenti come il servizio idrico integrato ed i rifiuti urbani».
![](/templates/yootheme/cache/e1/Andrea-Sbandati-e1bd1a2f.jpeg)