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Tetto al prezzo del gas? L’Ue: «Ogni ipotesi è sul tavolo». ll 26 febbraio la decisione
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«Non possiamo ovviamente fornire ulteriori dettagli su ciò che verrà presentato il 26 febbraio, quando verrà annunciato il Clean industrial deal. Ovviamente tutto resta sul tavolo fino a quando il Collegio dei commissari non prenderà una decisione». La portavoce della Commissione europea parla al briefing quotidiano a Bruxelles il giorno dopo che il Financial Times pubblica l’indiscrezione secondo cui i vertici comunitari starebbero valutando il via libera a misure per limitare temporaneamente i prezzi del gas nell’Ue. Un’iniziativa, spiega nell’articolo il quotidiano economico-finanziario britannico, che punta a ridurre lo svantaggio competitivo delle imprese europee rispetto a quelle statunitensi, che possono contare su un costo dell’energia nettamente inferiore.
Il prezzo del gas alla borsa di riferimento per il valore del combustibile in Europa (il Ttf di Amsterdam) questa settimana sta oscillando tra i 51 e i 58 euro al MWh, complice il clima rigido e il calo degli stoccaggi, che al momento a livello europeo sono a quota 48%. Un tetto al prezzo non sarebbe una novità: è stato introdotto dall’Ue durante la crisi energetica del 2022 innescata dall’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina. Allora il tetto era stato fissato a 180 euro al MWh, ma non venne mai attivato. Quella misura è arrivata a scadenza da poco e ora si tratterebbe di fissare un limite a una quota più bassa. Ma già la sola ipotesi ventilata dalle colonne del Financial Times ha fatto sollevare gli scudi alle aziende del settore. «Riteniamo che questa misura, se annunciata, potrebbe avere conseguenze negative di vasta portata sulla stabilità dei mercati energetici europei e sulla sicurezza dell’approvvigionamento in tutto il Continente», hanno scritto in una lettera alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen undici associazioni, tra cui Europex (che rappresenta le borse energetiche europee), Afme (associazione dei mercati finanziari europei), l’associazione di produttori di petrolio e gas Iogp e altri.
Non a caso la portavoce della Commissione Ue, a chi le domandava quanto ci fosse di vero nelle indiscrezioni del Financial Times, ha risposto gettando acqua sul fuoco. Senza però escludere nulla e rinviando la questione all’appuntamento del 26 febbraio deedicato al Clean industrial deal. «Il meccanismo di correzione del mercato - ha spiegato - è scaduto alla fine di gennaio. Era stato istituito e proposto in un contesto molto specifico per garantire che avessimo strumenti, se necessario, per affrontare situazioni o periodi di aumenti estremi dei prezzi del gas. Non abbiamo dovuto attivare questo meccanismo durante la crisi, ma è stato comunque uno strumento molto efficace e potente che ha protetto le famiglie e i consumatori europei da una situazione straordinaria». Quindi, da un lato «dobbiamo ricordare le circostanze particolari in cui si era ritenuto necessario adottare questo tipo di misura per un periodo di tempo limitato» e, d’altro canto, «ciò che alla fine sarà incluso nel piano d’azione che verrà presentato il 26 è una priorità su cui dovrà decidere il Collegio».
La Commissione Ue ha presentato nei giorni scorsi il programma di lavoro per il 2025 che dovrebbe portare a un’Unione «più coraggiosa, più semplice e più agile». E per quanto riguarda l’energia e la presentazione ufficiale del Clean industrial deal qualche dettaglio emerge già nel corposo documento trasmesso a Consiglio ed Europarlamento. Con le misure che vanno a implementare il Green deal, spiega la Commissione, verranno delineate «le nostre strategie urgenti e a breve termine affinché l’industria riacquisti competitività durante la decarbonizzazione». Il Clean industrial deal, aggiunge Bruxelles senza per ora fornire dettagli sulle soluzioni che verranno adottate, «aiuterà l’Europa a raggiungere gli obiettivi del Green deal europeo, migliorando l’accesso all’energia a prezzi accessibili, creando mercati guidati e stimolando la domanda e l’offerta di materiali, servizi e prodotti circolari, oltre a rafforzare la sicurezza economica».
Gli occhi sono dunque puntati sulle decisioni che verranno prese in quella sede a fine mese, ma intanto non è solo dal fronte del settore combustibili fossili che si getta sul piatto un altolà. Anche una sigla attenta alle questioni inerenti alla transizione energetica come Eurelectric presenta «i 5 sì e no per il piano d’azione per l’energia accessibile dell’Ue». L’associazione del settore elettrico invita la Commissione europea a evitare misure a breve termine che, contrariamente all’obiettivo prefissato, aumenterebbero i costi per i consumatori europei. «Il Piano dovrebbe invece includere fattori strutturali che favoriscano l’energia a prezzi accessibili», come illustrato nel documento presentato da Eurelectric. Che al primo punto dei 5 sì mette «l’impiego massiccio di energia rinnovabile e pulita di origine nazionale per sostituire le importazioni di combustibili fossili»: «L’Agenzia internazionale per l’energia stima che i consumatori di elettricità dell’Ue abbiano risparmiato 100 miliardi di euro nel periodo 2021-2023 grazie a 150 GW di nuova capacità solare ed eolica, che hanno sostituito 230 TWh di produzione da combustibili fossili. Ciò ha portato a una riduzione dei prezzi su tutti i mercati europei, con prezzi più competitivi per le industrie. L’aumento della diffusione dell’energia pulita richiede una rapida attuazione della Direttiva sulle energie rinnovabili, che preveda autorizzazioni più rapide e collegamenti rapidi alla rete». Come primo dei no, invece, l’associazione di settore mette «tetti di prezzo inframarginali»: «Questa misura disincentiva i consumatori a sottoscrivere contratti di copertura a lungo termine, in quanto si suppone che siano già coperti dal regolatore stesso. Invocare uno stato di crisi semi-permanente con frequenti interventi sul mercato: questo scoraggerà gli investitori in un momento in cui il loro capitale è necessario in modo cruciale».
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