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L’industria italiana in calo da 23 mesi di fila, Istat: il 2024 si chiude a -3,5%

Gli unici settori di attività economica che registrano a dicembre incrementi tendenziali sono l’attività estrattiva (+17,4%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+5%)
 |  Green economy

L’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha aggiornato oggi i dati sulla produzione industriale nel Paese, documentando un calo continuo da ormai 23 mesi filati, ovvero per quasi l’intera durata del Governo Meloni (insediatosi nel novembre 2022) finora.

«Il 2024 si chiude con una diminuzione della produzione industriale del 3,5% - commentano dall’Istat – la dinamica tendenziale dell’indice corretto per gli effetti di calendario è stata negativa per tutti i mesi dell’anno, con cali congiunturali in tutti i trimestri. Tra i principali raggruppamenti di industrie, solamente per l’energia si registra un incremento nel complesso del 2024. Nell’ambito della manifattura, solo le industrie alimentari, bevande e tabacco sono in crescita rispetto all’anno precedente, mentre le flessioni più marcate si rilevano per industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori e fabbricazione di mezzi di trasporto».

Più nel dettaglio, a dicembre 2024 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca del 3,1% rispetto a novembre. L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+0,9%); mentre cala per i beni strumentali, i beni di consumo (-3,3% per entrambi i settori) e i beni intermedi (-3,6%).

Al netto degli effetti di calendario, a dicembre 2024 l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 7,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 20 contro i 18 di dicembre 2023). Si registra una crescita esclusivamente per l’energia (+5,5%); al contrario, marcate diminuzioni contraddistinguono i beni strumentali (-10,7%), i beni intermedi (-9,5%) e i beni di consumo (-7,3%).

Gli unici settori di attività economica che registrano a dicembre incrementi tendenziali sono l’attività estrattiva (+17,4%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+5,0%). Flessioni particolarmente marcate si rilevano, invece, nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-23,6%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-14,6%). 

La performance industriale italiana si conferma dunque in declino, mentre competitor come la Spagna vedono la propria economia crescere, anche grazie ai minori costi dell’energia – e dunque alla maggiore competitività – garantita dalle fonti rinnovabili.

Intervenendo alla terza edizione dell'Enagás hydrogen day, il presidente spagnolo Pedro Sánchez ha richiamato i dati pubblicati nei giorni scorsi dall’Instituto nacional de stadística: «Il momento economico che sta vivendo il nostro Paese ci ha permesso di chiudere l'anno 2024 con una crescita trimestrale non inferiore al 3,5% del Pil» in termini tendenziali, ovvero sette volte di più dell’Italia (+0,5%).

Al contempo, il 56% di energia elettrica prodotta in Spagna arriva oggi dalle fonti rinnovabili (l’Italia è al 48,8%, quanto basta a coprire il 41,2% della domanda), il che sta consentendo di «generare migliaia di posti di lavoro e avere un'elettricità più economica del 30% rispetto a quella dei nostri concorrenti europei, superando la più grande debolezza competitiva che il nostro Paese ha avuto per molti decenni». Nel merito, è utile richiamare le stime elaborate dal ricercatore Luigi Moccia: se nell’ultimo quadriennio l’Italia avesse investito sulle rinnovabili quanto la Germania avrebbe risparmiato 49,4 miliardi di euro sui prezzi elettrici, mentre prendendo a riferimento Spagna e Portogallo si arriva a ben 74 miliardi di euro.

Redazione Greenreport

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