Acea si candida a progettare, costruire e gestire il nuovo termovalorizzatore di Roma
Acea ambiente, controllata della partecipata a maggioranza pubblica Acea, ha presentato un’offerta per il nuovo termovalorizzatore che dovrebbe sorgere a Roma.
L’offerta è arrivata in risposta al bando di gara pubblicato da Roma Capitale per l’affidamento della concessione del polo impiantistico relativo alla progettazione, autorizzazione all’esercizio, costruzione e gestione di un impianto di termovalorizzazione e dell’impiantistica ancillare correlata.
Acea ambiente non si è mossa però in solitaria: ha presentato l’offerta unitamente a importanti partner nazionali e internazionali, quali Hitachi zosen inova ag, Vianini lavori, Suez Italy e Rmb.
«Tale iniziativa presenta un’indubbia opportunità per il gruppo Acea – dichiarano dalla società – di consolidare la propria posizione di player nazionale nel settore ambientale ad alto contenuto tecnologico e, in particolare, di rafforzare la propria leadership nel settore in centro Italia».
Dalla chiusura nel 2013 della discarica più grande d’Europa, quella di Malagrotta, Roma non è ancora riuscita a trovare una collocazione alternativa per i propri rifiuti urbani – una frazione largamente minoritaria di tutti i rifiuti generati nel Paese, considerando anche gli speciali –, la cui gestione rappresenta una costante emergenza, principalmente a causa della carenza di impianti di gestione.
Per tentare un cambio rotta, il sindaco Gualtieri ha delineato ormai due anni fa un piano rifiuti incentrato sulla realizzazione di un maxi termovalorizzatore da 600mila t/a, inviso a larga parte di associazioni ed esperti ambientalisti (con notevoli eccezioni e distinguo, si veda ad esempio qui e qui).
La scorsa primavera lo stesso commissario Ue all’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, si è recato in visita nella capitale per ricordare che «il termovalorizzatore è nel modello europeo».
Ma il dimensionamento dell’impianto, ritenuto eccessivo anche dagli ambientalisti favorevoli alla sua realizzazione, appare come una criticità di peso nella proposta avanzata da Gualtieri. E se non ci sono particolari preoccupazioni di sorta sotto il profilo sanitario, dal punto di vista emissivo ed economico la termovalorizzazione potrebbe dover fare i conti dal 2028 con l’ingresso nel sistema Ets, dove ogni tonnellata di CO2 emessa ha un prezzo.
L’urgenza di dotare il centro sud del Paese di impianti per il recupero di materia e di energia dalle frazioni di rifiuti non riciclabili meccanicamente è ormai posta chiaramente anche da Ispra oltre che da Utilitalia, ma i termovalorizzatori non sono le uniche tecnologie in grado di rispondere alla chiamata.
Lo opzioni alternative spaziano dal riciclo chimico fino all’ossidazione termica, in modo da calibrare la risposta più efficiente (e socialmente accettabile) sui vari territori. Ciò non toglie, ovviamente, l’urgente necessità di concretizzare a livello locale la realizzazione di impianti di gestione rifiuti ricadenti in una di queste tipologie.