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La presidente della Commissione batte un colpo al World economic forum in corso a Davos

Clima e competitività, ecco la risposta dell'Ue a Trump: «L'Accordo di Parigi continua a essere la migliore speranza di tutta l'Umanità»

Von der Leyen annuncia una strategia in tre punti: unione dei mercati di capitali, semplificazioni burocratiche e più energia verde
 |  Green economy

Il grande quanto delirante ritorno di Donald Trump in veste di 47esimo presidente degli Usa ha prodotto l’effetto annunciato, ovvero quello di uno shock geopolitico di portata globale insieme alla retromarcia sulle politiche climatiche – a partire dall’addio all’Accordo sul clima di Parigi – da parte dello Stato che più di ogni altro è responsabile storico per le emissioni di gas serra (col 23,83% cumulato dal 1750 al 2023, seguono l’Ue col 16,47% e la Cina in rapida crescita al 15,04%).

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Per l’Europa in particolare, come avvertito nei giorni scorsi dall’ex commissario Gentiloni, significa darsi una mossa oppure accelerare la marginalizzazione del Vecchio continente. Non a caso il principale sodale di Trump, ovvero Elon Musk – l’uomo più ricco del mondo oltre che proprietario del fu Twitter – continua a lanciare attacchi contro le democrazie europee dando la carica a partiti di estrema destra dall’Italia alla Germania, passando per Regno Unito e Francia.

In un simile contesto l’Ue si compatta, o muore. E forse ce ne stiamo finalmente accorgendo. Intervenendo oggi al World economic forum di Davos, la presidente della Commissione Ue ha risposto per le rime a chi grida già Make Europe Great Again, echeggiando il motto trumpiano. L’Europa è già grande, per molti versi anche più degli Usa.

«Abbiamo la seconda economia più grande e il più grande mercato commerciale al mondo – ricorda Ursula von der Leyen – Abbiamo un'aspettativa di vita più lunga, standard sociali e ambientali più elevati e disuguaglianze più basse rispetto a tutti i nostri concorrenti globali. Abbiamo un enorme mercato unico di 450 milioni di persone e un'infrastruttura sociale unica per proteggere le persone dai grandi rischi della vita. Quando l'Europa è unita, riesce a fare le cose. Ma il mondo sta cambiando, così dobbiamo cambiare anche noi. Negli ultimi 25 anni, l'Europa ha fatto affidamento sulla crescente ondata del commercio globale per guidare la sua crescita. Ha fatto affidamento sull'energia a basso costo dalla Russia. E l'Europa ha troppo spesso esternalizzato la propria sicurezza. Ma quei giorni sono finiti».

I prossimi ripartono dal rapporto sulla competitività chiesto a Mario Draghi e pubblicato lo scorso settembre, in cui la chiave per la competitività e l’innovazione europea passa dalla decarbonizzazione: «Su questa base, la prossima settimana la Commissione europea – anticipa la sua presidente – presenterà la nostra tabella di marcia, che guiderà il nostro lavoro per i prossimi cinque anni. L'attenzione sarà rivolta ad aumentare la produttività colmando il divario di innovazione. Un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività per superare le carenze di competenze e manodopera e ridurre la burocrazia».

Si tratta di una strategia in tre punti. In primo luogo, l'Europa ha bisogno di un'Unione dei mercati dei capitali profonda e liquida. I risparmi delle famiglie europee raggiungono quasi 1,4 trilioni di euro, rispetto ai poco più di 800 miliardi di euro negli Stati Uniti. Ma le aziende europee hanno difficoltà ad attingere a questa cifra e ad ottenere i finanziamenti di cui hanno bisogno perché il nostro mercato dei capitali interno è frammentato. «Creeremo un'Unione europea dei risparmi e degli investimenti con nuovi prodotti di risparmio e investimento europei», assicura von der Leyen.

Il secondo punto verte sulla necessità di semplificare molto il business in tutta Europa. «Troppe aziende stanno frenando gli investimenti in Europa a causa di inutili formalità burocratiche. Dobbiamo agire a tutti i livelli: continentale, nazionale e locale. A volte le aziende hanno a che fare con 27 legislazioni nazionali. Offriremo invece – continua von der Leyen – alle aziende innovative di operare in tutta la nostra Unione sotto un unico insieme di regole».

Il terzo pilastro d’azione guarda infine all’elefante nella stanza: l’energia. «Prima dell'inizio della guerra di Putin – attacca la presidente della Commissione Ue – l'Europa riceveva il 45% del suo approvvigionamento di gas e il 50% delle sue importazioni di carbone dalla Russia. La Russia era anche uno dei nostri maggiori fornitori di petrolio. Questa energia sembrava economica, ma ci esponeva al ricatto. Quando i carri armati di Putin sono entrati in Ucraina, Putin ci ha tagliato le sue forniture di gas, e in cambio abbiamo ridotto sostanzialmente la nostra dipendenza dai combustibili fossili russi in tempi record. Le nostre importazioni di gas dalla Russia sono diminuite di circa il 75%. E ora importiamo dalla Russia solo il 3% del nostro petrolio e niente carbone. Ma la libertà ha avuto un prezzo. Le famiglie e le aziende hanno visto costi energetici alle stelle e le bollette per molti devono ancora scendere. Ora, la nostra competitività dipende dal ritorno a prezzi dell'energia bassi e stabili. L'energia pulita è la risposta a medio termine, perché è economica, crea buoni posti di lavoro in patria e rafforza la nostra indipendenza energetica. Già oggi, l'Europa genera più elettricità da vento e sole che da tutti i combustibili fossili messi insieme. Ma c'è ancora molto lavoro da fare per far sì che questi vantaggi siano trasmessi alle aziende e alle persone», un aspetto che richiama (anche in Italia) la necessità di fare spazio a più impianti rinnovabili per superare il collo di bottiglia del marginal price che ancora lega il costo dell’elettricità a quello del gas fossile.

Su questo fronte, la sfida per la competitività europea s’incrocia con quella per garantire un pianeta vivibile alle attuali e prossime generazioni. «Il cambiamento climatico è ancora in cima all'agenda globale – sottolinea von der Leyen – Dalla decarbonizzazione alle soluzioni basate sulla natura. Dalla creazione di un'economia circolare allo sviluppo di crediti per la natura. L'Accordo di Parigi continua a essere la migliore speranza di tutta l'umanità. Quindi l'Europa manterrà la rotta e continuerà a lavorare con tutte le nazioni che vogliono proteggere la natura e fermare il riscaldamento globale».

Il resto del mondo non si esaurisce infatti ai confini statunitensi. La presidente della Commissione Ue cita in proposito le «nuove partnership con Svizzera, Mercosur e Messico», con 400 milioni di latinoamericani che saranno presto impegnati in una partnership privilegiata con l'Europa; guarda ai nostri vicini in Africa, alla vasta regione Asia-Pacifico, e al primo viaggio della nuova Commissione Ue che sarà in India, oltre a lanciare un ramoscello d’olivo alla Cina affermando che «è tempo di perseguire una relazione più equilibrata con la Cina, in uno spirito di equità e reciprocità».

Insomma, la risposta dell’Europa al ritorno di Trump può e dovrebbe essere impostata sul coraggio anziché sulla remissività, mettendo a frutto le migliori qualità disponibili nel Vecchio continente. Soprattutto, facendo squadra tra i vari Stati membri, perché un’Europa disunita non potrà che essere preda delle altre grandi potenze globali. Questo è il momento delle scelte, di capire da che parte schierarsi. E qui sta un implicito avvertimento anche alla presidente Giorgia Meloni, che con Trump si sta ritagliando un canale di confronto diretto: una buona notizia per il nostro Paese, finché non minerà la possibilità di arrivare a un’Europa più forte in quanto unita. A quel punto la debacle non risparmierebbe certo il nostro Paese.  

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.