Skip to main content

Acemoglu, Johnson e Robinson: un premio Nobel per l’Economia contro le disuguaglianze

La prosperità di uno Stato passa (o meno) dalle istituzioni. Svensson: «Ridurre le differenze di reddito è una delle sfide più grandi del nostro tempo»
 |  Green economy

In barba al motto di Margaret Thatcher secondo il quale la società non esiste ma esistono solo gli individui – ancora molto in voga anche tra i liberisti nostrani –, il nuovo premio Nobel per l’economia è andato oggi a tre eminenti scienziati per i loro studi su come le istituzioni si formano e influenzano la prosperità delle persone e della comunità nella quale sono inserite.

Assegnato dalla Commissione dei Nobel a Stoccolma per conto della Banca di Svezia, il premio Nobel per le scienze economiche 2024 è stato appena assegnato a Daron Acemoglu, Simon Johnson (entrambi docenti del Massachusetts Institute of Technology) e a James Robinson (Università di Chicago).

«Ridurre le ampie differenze di reddito tra i paesi è una delle sfide più grandi del nostro tempo. I vincitori hanno dimostrato l'importanza delle istituzioni sociali per raggiungere questo obiettivo», commenta nel merito Jakob Svensson, presidente del comitato per il premio.

Non a caso i tre vincitori hanno dimostrato l'importanza delle istituzioni sociali per la prosperità di un paese, mostrando che le società con uno stato di diritto scadente e istituzioni che sfruttano la popolazione non generano crescita o cambiamenti positivi per la collettività. A partire da un caso scuola, per quanto multisfaccettato, quello del colonialismo europeo.

Come ricorda l’Accademia reale svedese delle scienze, quando gli europei colonizzarono vaste parti del globo, le istituzioni di quelle società cambiarono. A volte ciò fu drammatico, ma non avvenne allo stesso modo ovunque. In alcuni luoghi l'obiettivo era sfruttare la popolazione indigena ed estrarre risorse a beneficio dei colonizzatori. In altri, i colonizzatori formarono sistemi politici ed economici più inclusivi, non certo per benevolenza ma per garantire benefici a lungo termine ai migranti europei.

Gli studi dei tre nuovi premi Nobel per l’economia hanno dimostrato che una spiegazione delle differenze nella prosperità dei paesi sono proprio le istituzioni sociali introdotte durante la colonizzazione, la cui eredità pesa ancora oggi e contribuisce a spiegare perché alcune ex colonie che un tempo erano ricche ora sono povere, e viceversa.

Alcuni paesi rimangono intrappolati in una situazione con istituzioni estrattive e bassa crescita economica, in una declinazione della sindrome cosiddetta “maledizione delle risorse”, dove stati dotati di ampie risorse naturali non riescono a trarne vantaggio per migliorare il proprio benessere. L'introduzione di istituzioni inclusive creerebbe benefici a lungo termine per tutti, ma quelle estrattive forniscono guadagni a breve termine per quanti ne detengono il potere. Finché il sistema politico garantisce a queste persone di mantenere il controllo, nessuno si fiderà delle loro promesse di future riforme economiche. Secondo i Nobel, proprio questo è il motivo per cui non si verifica alcun miglioramento nella società.

Tuttavia, questa incapacità di fare promesse credibili di cambiamento può anche spiegare perché a volte si verifica la democratizzazione. Quando c'è una minaccia di rivoluzione, le persone al potere si trovano di fronte a un dilemma: preferirebbero rimanere al potere e cercare di placare le masse promettendo riforme economiche, ma è improbabile che la popolazione creda che non tornerà al vecchio sistema di potere repressivo non appena la situazione si sarà stabilizzata. Alla fine, l'unica opzione potrebbe essere quella di trasferire il potere e stabilire la democrazia. Istituzioni migliori, maggior benessere per la collettività.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.