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Utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura, il ministero dell’Ambiente al lavoro su un nuovo decreto

Brandolini (Utilitalia): «Il principale limite che stiamo riscontrando da anni rispetto a una corretta gestione riguarda proprio una normativa ormai vetusta»
 |  Green economy

In Italia vengono ad oggi prodotte 3,24 mln ton l’anno di fanghi di depurazione, un inevitabile scarto da gestire: come ogni processo industriale, anche il trattamento di rifiuti e reflui genera altri residui che devono essere adeguatamente smaltiti o – quando possibile – reimpiegati in ottica circolare.

Un problema particolarmente stringente nel nostro Paese, anche perché per superare le infrazioni europee in termini di depurazione serviranno sempre più impianti, coi relativi fanghi: si tratta di rifiuti speciali che per il 54% vengono avviate a recupero e per il restante 46% a smaltimento in discarica, con situazioni piuttosto diversificate tra le macroaree del Paese.

La quasi totalità delle 1,3 milioni di tonnellate di fanghi avviati a recupero viene trattata per un successivo utilizzo in agricoltura, sia in forma diretta sia attraverso la produzione di ammendanti compostati misti e di gessi di defecazione. Ma l’impiego in agricoltura viene sottoposto frequentemente a limitazioni e praticato comunque in un quadro di incertezza normativa, causa una norma datata che andrebbe urgentemente riformata. Un fronte su cui il ministero dell’Ambiente è tornato a lavorare, come emerso dall’intervento di Laura D’Aprile – capo dipartimento Sviluppo sostenibile del dicastero – oggi in chiusura del Festival dell’acqua, organizzato da Utilitalia a Firenze in collaborazione con Publiacqua e Confservizi Cispel Toscana.

«Dopo uno stallo che durava dal 2019 abbiamo ripreso, su impulso del viceministro Gava – dichiara D’Aprile – il lavoro tecnico con il ministero delle Politiche agricole, Ispra e Iss, per quanto riguarda la revisione e l’aggiornamento del decreto sull’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura, lavoro che intendiamo portare a termine quanto prima in linea con la Strategia nazionale per l’economia circolare, riforma abilitante del Pnrr».

Un decreto, ha spiegato, che si concentrerà su tre elementi principali: il fosforo, una materia prima critica da sfruttare a pieno, la necessità di accorciare la catena di approvvigionamento dei fertilizzanti e il tema delle metodiche analitiche per gli idrocarburi.

Oltre agli aspetti normativi, D’Aprile ha evidenziato come attraverso il Pnrr siano stati stanziati 450 milioni per l’implementazione e l’ammodernamento degli impianti di gestione dei fanghi, con 68 interventi già finanziati, 60 dei quali già avviati: progettualità che stanno procedendo in linea con le scadenze imposte dal Piano.

«Il principale limite che stiamo riscontrando da anni rispetto a una corretta gestione dei fanghi di depurazione – osserva nel merito Filippo Brandolini, presidente Utilitalia – riguarda proprio una normativa ormai vetusta, che risale al 1992 e che necessita di un aggiornamento. È quanto mai necessaria una forma che renda conto dei mutati scenari e dell’evoluzione tecnologica degli ultimi anni».

Redazione Greenreport

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