Materie prime, consumo in calo nell'Ue. Ma l'Italia è in controtendenza
Il consumo di materie prime nell’Unione europea è calato del 5%. Il dato emerge dall’ultimo report dell’Eurostat, relativo all’anno 2023. Insieme alla notizia positiva, dal documento vengono però fuori altri fattori non proprio favorevoli alla tutela ambientale. Il primo, sempre relativo ai Paesi comunitari, complessivamente presi in esame: il tasso di circolarità è rimasto invariato nell’arco del periodo esaminato. Il secondo, che ci riguarda direttamente: l’Italia è in controtendenza rispetto alla media europea e l'anno scorso ha fatto registrare un aumento del consumo di materie prime rispetto a 5 degli ultimi 6 anni inseriti nel confronto (2017, 2018, 2019, 2020, 2021 e soltanto nel 2022 abbiamo consumato più risorse naturali).
Nella sintesi del rapporto, pubblicata ieri sul sito Eurostat col titolo «Consumo e produzione responsabili», si sottolinea innanzitutto che i modelli produttivi «hanno un ampio impatto ambientale e sociale» e che l’obiettivo numero 12 dell’Agenda 2030 richiede un’azione su molti fronti, tra cui la «promozione di pratiche di approvvigionamento sostenibili da parte dei responsabili politici e istituzionali, e di stili di vita dei consumatori attenti all’ambiente». Ebbene, secondo i dati in possesso dell’Ufficio statistico dell’Ue, nel 2023 il consumo di materie prime è diminuito a livello comunitario del 5% (14,1 tonnellate pro capite) rispetto al 2018 (14,9 tonnellate pro capite). Il secondo dato sottolineato dall’Eurostat riguarda invece l’impegno profuso nel passaggio a un modello di economia circolare, più favorevole alla tutela ambientale: «La quota di materie prime secondarie su tutti i materiali di input nell'economia (“tasso di circolarità”) si è attestata all'11,5% nel 2022. Ciò significa che non c'è stato alcun cambiamento dal 2017». Inoltre, «nel 2021 il valore aggiunto lordo nel settore dei beni e dei servizi ambientali è aumentato di 0,28 punti percentuali dal 2,24% nel 2016 al 2,52% del Prodotto interno lordo (Pil)».
Se fin qui si può discutere se il bicchiere sia mezzo pieno (calo del 5%) o mezzo vuoto (invariato tasso di circolarità, che invece dovrebbe aumentare per garantire la transizione ecologica), non c’è dubbio sul fatto che a guardare i dati del report Eurostat relativi a ogni singolo paese, l’Italia non sta facendo appieno la sua parte.
Analizzando la tabella inserita nel rapporto, si nota che da noi il consumo di materie prime è aumentato dal 2017 in poi, e che il 2023 ha fatto registrare un segno meno soltanto rispetto al record del 2022 (11,1 tonnellate pro capite contro 11,3 tonnellate pro capite). È vero che l’Italia è al di sotto della media Ue ed è ben lontana dalle cifre monstre di consumo della Finlandia (oltre 44 tonnellate pro capite) della Romania (oltre 32) o dell’Estonia (oltre 29), della Slovenia (oltre 23) e della Lituania (oltre 22). Ma un maggior impegno nell’economia circolare e un minor consumo di materie prime sarebbero certamente alla portata di un paese come l’Italia. Il nuovo report Eurostat, invece, non fa che confermare quanto già aveva segnalato l’Istat a giugno, ovvero che il nostro Paese sta consumando sempre più risorse naturali, con operazioni di estrazione condotte nel nostro territorio e, soprattutto, con importazioni dall’estero. Secondo l’ultimo aggiornamento Istat divulgato, questa seconda voce ha fatto segnare un aumento, rispetto al passato, di 14 milioni di tonnellate di materie prime.