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Acciaio, basta carbone ma via libera al nucleare: il controverso accordo siglato da Edison, Edf e Ansaldo

Insieme a Federacciai firmano un memorandum per utilizzare gli small modular reactors nel settore siderurgico. Ma ci sono valide alternative che consentono di decarbonizzare senza tornare all’atomo
 |  Green economy
Le rinnovabili sono la strada per l'acciaio verde, non il nucleare

Il governo ha fatto da apripista con il Pniec e diverse imprese già ne approfittano: il ritorno al nucleare non è più un tabù. È utile per decarbonizzare, dicono. È necessario per centrare gli obiettivi del Net Zero Emissions perché le rinnovabili non bastano, sostengono. Gli Small modular reactors sono tutt’altra cosa rispetto alle vecchie centrali che tanto spaventano, giurano. Peccato che quello del governo sia un enorme bluff, che diversi studi dimostrano che eolico e solare sono sia più efficaci che economicamente più convenienti dell’atomo e che gli Smr siano ancora una tecnologia in cui le incognite sorpassano di gran lunga le certezze. Ma poco importa. Nientemeno che il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin ha dato il “la” dichiarando che «il nucleare è una via obbligata» e le aziende italiane iniziano a muovere i primi passi su questa via.

Edison, Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare e Federacciai hanno siglato con EDF (Électricité de France) un Memorandum of Understanding finalizzato a promuovere «una cooperazione per l’utilizzo dell’energia nucleare al servizio della competitività e della decarbonizzazione del settore siderurgico italiano». In base all’accordo, fanno sapere i firmatari, viene preso il reciproco impegno a valutare le opportunità di coinvestimento per realizzare nel prossimo decennio in Italia i piccoli reattori modulari (SMR) «avvalendosi della tecnologia SMR adottata da EDF, delle competenze di Edison e delle capacità ingegneristiche e industriali di Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare». E ancora: «Le parti si impegnano a esplorare e valutare l’opportunità di approvvigionamento di medio-lungo termine di energia nucleare utilizzando in via prioritaria la capacità sull’interconnector già operativo tra Italia e Francia e contribuendo così alla decarbonizzazione della produzione siderurgica nel nostro Paese».

I vertici delle aziende coinvolte nell’accordo prevedono risultati straordinari. «Grazie a intese come questa, l'Italia può diventare, nel giro di pochi anni, la prima nazione al mondo a produrre acciaio completamente decarbonizzato», dice Antonio Gozzi, Presidente di Federacciai. «Questo nuovo passo nella cooperazione franco-italiana nell’ambito della produzione di elettricità decarbonizzata di origine nucleare evidenzia il forte impegno di EDF nello stabilire e nel consolidare una relazione di lungo termine, destinata ad accompagnare l’esordio del nuovo nucleare in Italia e a rinforzare la cooperazione industriale tra i due paesi», dichiara Xavier Ursat, Group Senior Executive Vice President di EDF. «L’intesa annunciata oggi segna un ulteriore progresso nella definizione di un‘agenda per l’avvio del nuovo nucleare in Italia», dice Nicola Monti, Amministratore Delegato di Edison. E sottolineano l’importanza di questo accordo anche l’Ad di Ansaldo Energia Fabrizio Fabbri e l’Ad di Ansaldo Nucleare Daniela Gentile: «Auspichiamo che ciò si traduca nella realizzazione di progetti nucleari italiani nei prossimi dieci anni».

Sono però rari gli studi che indicano come realizzabili in tempi brevi reattori di nuova generazione che siano davvero efficaci e sicuri. Al contrario, ce ne sono molti non solo che evidenziano tutte le difficoltà e i rischi che si portano dietro anche gli Small modular reactors, che tra l’altro, pure se in misura minore rispetto alle grandi centrali, producono scorie radioattive, per le quali l’Italia ancora non è riuscita a individuare un possibile luogo di deposito. Ma, al di là di questo, sono anche molti gli studi che indicano l’utilità delle rinnovabili per garantire la decarbonizzazione proprio del settore siderurgico. L’ultimo, in ordine di tempo, è quello commissionato all’Università di Trieste dal Wwf, secondo il quale l’impiego della tecnologia cosiddetta Direct Reduced Iron(DRI) porterebbe a una riduzione del 70% di COentro il 2040. E poi non ci sono soltanto studi, a dimostrare l’inutilità, e la dannosità, del nucleare ai fini della decarbonizzazione nella siderurgia. Ci sono anche acciaierie che a breve dimostreranno che produrre acciaio sostenibile si può. Come quella di Boden, in Svezia, che lo scorso anno ha ricevuto un finanziamento di 370 milioni di euro da parte della Banca europea degli investimenti (BEI) per un progetto pilota volto a produrre acciaio rilasciando quantità molto basse di gas climalteranti. Dovrebbe entrare in esercizio il prossimo anno, arrivando poi a produrre fino a 5 milioni di tonnellate di materiale entro il 2030.  Se il progetto pilota si rivelerà efficace, si ridurranno del 95% le riduzioni di COrispetto alla tradizionale produzione di acciaio. Senza alcun bisogno di ricorrere al nucleare.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.