«Costruiamo l’alternativa alle destre mettendo al centro la lotta alla crisi climatica»
Un risultato per molti versi inaspettato: oltre un milione e mezzo di voti, 500 mila in più rispetto alle politiche di due anni fa. Una preoccupazione che va al di là dei confini italiani: dopo queste elezioni europee, a Bruxelles le politiche green rischiano di avere vita dura. E un messaggio alle forze di opposizione nostrane: costruiamo l’alternativa al governo Meloni con un programma che abbia al centro proprio la crisi climatica.
Angelo Bonelli non nasconde la soddisfazione per i 6 europarlamentari eletti dall’Alleanza Verdi e Sinistra, ben 5 in più rispetto alla passata legislatura europea, e per il primato di partito italiano cresciuto maggiormente in termini di voti assoluti.
Ma il portavoce di Europa Verde, che insieme al segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni ha dato vita ad AVS, non nasconde nemmeno che i nuovi equilibri interni al Parlamento europeo sono tutt’altro che favorevoli a chi ha a cuore la tutela dell’ambiente: «Regolamento sui pesticidi, legge sulla natura, stretta sui gas serra, mobilità sostenibile, sono tante le battaglie che andranno portate avanti nonostante un vento che si preannuncia contrario – prevede il deputato di AVS – e proprio da qui, da un’Italia governata da forze politiche che stanno bloccando le rinnovabili a colpi di decreto, dobbiamo costruire un programma centrato sulla crisi climatica e uno schieramento alternativo alle destre paladine dell’economia fossile».
Intervista
Partiamo dal risultato del voto dell’8 e 9 giugno: vi aspettavate una percentuale di questo tipo?
«Il 6,7 per cento è un risultato straordinario e sotto certi punti di vista inaspettato. Anche se nelle ultime settimane, quando abbiamo saputo che il nostro programma aveva avuto due milioni di visualizzazioni, tra siti e account social vari, e poi quando abbiamo visto la piazza stracolma per il comizio di chiusura a Torino, beh, ecco, abbiamo intuito che qualcosa si stava muovendo».
Lei come se lo spiega?
«Penso sia dipeso da due fattori, con una premessa: in questi anni, come Alleanza Verdi e Sinistra, abbiamo lavorato per rendere chiaro che non siamo un semplice accordo elettorale, ma una forza con un’identità politica molto chiara, caratterizzatadalle politiche ambientali, dal tema della giustizia sociale e dalla questione della pace, un’identità fortemente contraria alla guerra e alla corsa agli armamenti, che si è espressa chiaramente contro il massacro del popolo palestinese a Gaza e non ha avuto il timore di dire che Netanyahu è un criminale di guerra al pari di Sinwar».
Secondo diversi commentatori il risultato è più che altro frutto delle scelte nelle candidature, quella di Ilaria Salis in primis.
«Siamo felici per Ilaria e quello della scelta dei candidati è uno dei due fattori a cui facevo riferimento, ma che va letto insieme all’altro fattore, un programma credibile, concreto, chiaro sulla lotta ai cambiamenti climatici, e alla premessa sulla nostra identità politica e culturale, sull’efficacia del nostro laboratorio politico che supera la forma partito».
In molti effettivamente ve lo dicono e probabilmente rilanceranno la questione dopo questo risultato: perché non andate oltre la formula dell’alleanza e fondate un partito?
«No, non lo abbiamo fatto finora e non lo faremo adesso. Semplicemente perché non ce n’è bisogno. Questa alleanza ci ha consentito e continuerà a consentirci di valorizzare le nostre diversità. Siamo come in natura, dove è evidente il valore della biodiversità. E noi vogliamo partire da qui per dar vita a un progetto per l’Italia e per l’Europa».
In Italia c’è un partito, FdI, unico in Europa ad avere un leader che è anche capo di governo e che non è stato penalizzato da questo voto. E nel Parlamento europeo aumentano i seggi assegnati alle forze di destra, fortemente contrarie al Green deal: cosa la preoccupa di più?
«L’avanzata delle destre suscita grande preoccupazione. Il loro tentativo, con posizioni portate avanti dalla stessa Meloni, di fermare il Green deal è stato evidente già nella passata legislatura europea. Parliamo di forze che hanno lavorato per archiviare la legge sulla natura, per bloccare nuove norme sui pesticidi, per impedire la transizione energetica. Ma continuo a pensare che i gruppi di Ecr e Id non riusciranno a imporsi. E soprattutto noi Verdi dovremo osare e cercare di evitare che il baricentro del Parlamento europeo si sposti su posizioni contrarie al Green deal».
Quali ritiene debbano essere le prime battaglie su cui impegnarsi a Bruxelles?
«Recuperare e rilanciare la legge sulla natura, approvare il nuovo regolamento sui pesticidi, continuare a lavorare sulle politiche energetiche, fare in modo che il Fondo sociale per il clima sia fortemente implementato, prevedendo il finanziamento di una serie di attività affinché i ceti medi e bassi non paghino le misure necessarie per la transizione».
In Italia le destre hanno cavalcato il tema dei costi connessi alla transizione, dalle case green alla mobilità sostenibile: è un fattore di cui tener conto?
«Non come hanno fatto i partiti di destra italiani, che hanno costruito una narrazione tossica, piena di falsità e bugie. La direttiva europea non prevede obblighi o sanzioni per i proprietari di casa che non ristrutturano. Prevede, invece, che gli Stati membri adottino politiche per incentivare l’adeguamento a parametri di minor inquinamento e dispendio energetico.
Lo stesso vale per le direttive sulla mobilità sostenibile: non obbligano i cittadini a rottamare le loro auto e comprarne di nuove, e invece richiedono uno sforzo per individuare il coefficiente relativo a popolazione e chilometri di trasporto pubblico al fine di adottare adeguati investimenti in questo settore. E questo ci riguarda particolarmente, perché su infrastrutture green e trasporto pubblico, sia su ferro che su gomma, l’Italia è in ritardo drammatico rispetto al resto d’Europa».
Anche sulla creazione di nuove fonti di energia rinnovabile il governo è in ritardo rispetto agli obiettivi del 2030: come giudica i decreti sull’Agricoltura e sulle Aree idonee?
«In modo totalmente negativo. Vogliono semplicemente bloccare le rinnovabili a colpi di decreto. Tra l’altro, il ministro Lollobrigida dice che con il decreto Agricoltura vuole impedire il consumo di suolo quando da un lato blocca i pannelli fotovoltaici e dall’altro non impedisce le varianti urbanistiche che consentono di trasformare le aree agricole in terreni per centri commerciali e capannoni industriali. Un’irresponsabile contraddizione».
Si può partire proprio dalle tematiche ambientali per dar vita in Italia a uno schieramento coeso, credibile, alternativo a questa destra?
«Si può? Si deve! Perché la differenza tra la destra e noi è proprio questa. La destra vuole lo status quo, non vuole la transizione verde perché deve difendere gli interessi alla base di un’economia fossile. Un’economia tremendamente dannosa per il pianeta, che ha generato extraprofitti per 60 miliardi di euro. Si capisce che di fronte a certe cifre ci sono in gioco interessi non da poco, a cui non vogliono rinunciare.
Noi dovremo insistere su questo, sul fatto che la transizione energetica è più democratica, perché tutti possono essere produttori di energia pulita,gratuita, al contrario di quella basata su carbone, gas e petrolio. Un’alleanza alternativa a questo governo non può prescindere da questa consapevolezza, dalle risposte da dare alla crisi climatica e che siano costantemente nel segno dell’equità sociale».