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Il clima oltre Trump, e quelle 11,6 miliardi di tonnellate di CO2 di troppo

Ronchi: «Per applicare l’Accordo di Parigi i Paesi dovrebbero ridurre le loro emissioni al 2030, mediamente, almeno di un ulteriore 20% rispetto agli impegni già presi»
 |  Crisi climatica e adattamento

Attuare l’Accordo di Parigi significa tagliare le emissioni di gas serra in modo consistente e in tempi rapidi, in modo che l’aumento della temperatura media globale sia mantenuto “ben al disotto dei 2°C”.

Attuare gli impegni per ora presi (Nationally determined contributions – Ndc) nell’ambito dell’Accordo dai vari Paesi, secondo l’Unep (The emissions gap report - 2016) porterebbe le emissioni mondiali di gas serra dalle 52,7 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti (GtCO2eq) del 2014 a 53,4 nel 2030: quindi a un contenimento mondiale, ma non ancora alla riduzione necessaria per attuare l’Accordo.

Per tenere una traiettoria sotto i 2°C – sempre secondo l’Unep – occorrerebbe invece ridurre le emissioni mondiali di gas serra fino ad almeno 41,8 GtCO2eq, con un taglio di circa 11,6 GtCO2eq. Per applicare l’Accordo di Parigi, i Paesi dovrebbero quindi ridurre le loro emissioni al 2030, mediamente, almeno di un ulteriore 20% rispetto agli impegni già presi.

La defezione del presidente Trump – soprattutto se dovesse durare solo un mandato, fino a novembre del 2020 – non avrebbe un peso quantitativo decisivo, se fosse riferito solo al venir meno degli impegni di riduzione presi dalla precedente Amministrazione (secondo i dati dell’Epa tali impegni comportavano di scendere da 5,8 GtCO2eq del 2015 a 4,8 al 2025).

Potrebbe, tuttavia, avere un enorme peso politico mettendo a rischio il principale risultato acquisito a Parigi: l’accordo solidale di tutti i principali Paesi, grandi emettitori, che accoglie e rafforza la spinta mondiale verso una green economy. Rompere la collaborazione internazionale sulle grandi questioni che riguardano il futuro dell’umanità, come il clima, e rallentare lo sviluppo innovativo di una green economy, facendo prevalere logiche elettorali di schieramento ideologico e promuovendo settori economici ad alta intensità di carbonio ormai obsoleti, sono fatti molto gravi che non vanno sottovalutati.

Il G7 ambiente che si tiene a Bologna non può limitarsi a prendere atto che non c’è consenso sulla richiesta di Trump di rinegoziare l’Accordo di Parigi, che è ormai un Trattato internazionale in vigore. Il G7 di Bologna è la sede giusta per ribadire l’impegno di tutti i Paesi che difendono l’Accordo di Parigi ad attuarlo – se fosse necessario e nei tempi previsti per le verifiche – anche aumentando i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030, rafforzando politiche e misure per la green economy: unica via per affrontare, insieme, la crisi climatica e le necessità dello sviluppo di un benessere di migliore qualità e più esteso.

di Edo Ronchi, presidente Fondazione per lo sviluppo sostenibile

Redazione Greenreport

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